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  • Higuain, non c'è niente da rimpiangere

    Higuain, non c'è niente da rimpiangere

    • Giampiero Timossi
    Rieccolo. Il Napoli c'è, è salito sull'ottovolante, per una volta la banda del Charuto non ha toppato: ha 8 punti dalla vetta, sono tanti, ma il campionato non è neppure arrivato a metà cammino. Tutto alla faccia di Gonzalo Higuain. Vero, la squadra di Sarri ha un punto in meno rispetto a un anno fa, però fin qui ha segnato di più: 32 gol, contro i 28 del dicembre 2015. Ah, ha fatto tutto questo senza Higuain, certo, ma dal 2 ottobre pure senza Milik. La difesa? Regge, anche se ha subito 15 gol, 3 in più rispetto alla serie A 2015/2016. Quando era seconda con la Fiorentina, a 4 lunghezze dal razzo-Inter, lanciato da Mancini. Quest'anno è più distante, la Juve non è partita piano, è scappata e sta davanti. In Napoli sta risalendo, quarto, come la Lazio. E se per la squadra di Inzaghi si parla di un mezzo miracolo, per quella di Sarri si può fare un discorso ancora diverso: l'allenatore fa bene a tenere il basso profilo, ma ha gioco e qualità nei singoli, quel che serve per tornare a dire qualcosa di importante in zona scudetto. Dicembre doveva essere il mese decisivo? Per ora gli azzurri non hanno sbagliato un colpo, né in campionato né in Champions: tre partite tre vittorie, media punti ovviamente al top: 3. Quasi il doppio rispetto all'1,7 raccolto in precedenza.

    Così vien da pensare: a Napoli non è quello che vendi e in fondo neppure quello che compri a fare la differenza. Semmai è quello che non vendi, ma è una questione di sfumature. Prima sfumatura: il mio “nemico” Maurizio Sarri è un grande allenatore. Ha anche imparato a usare le parole del modo giusto, ora sta agli altri cercare di capire quello che dice. Diceva, per esempio, che questa sarebbe stata una stagione di transizione, l'inizio di un nuovo progetto. Erano gli altri a dire che anche senza l'argentino la squadra di De Laurentiis doveva lottare per lo scudetto. Sarri no, ma visto che un progetto c'è ha deciso di lavorarci. Il suo Napoli cresce, anche nel numero delle occasioni create e ora anche nel numero dei gol realizzati. Del mercato aveva indovinato tutto. Pagata la clausola, il Pipita ha spezzate le catene, non poteva restare. Per sostituirlo non serviva solo un altro attaccante, ma un'idea, qualcosa di originale. Ed è arrivato Arek Milik, prima un atleta, poi un'attaccante. Non potevi trovare qualcosa di simile al Pipita albiceleste, dovevi trovare qualcosa di (molto) diverso. Higuain è un campione, è il Totò del gol e anche per questo (forse) resterà a Napoli sempre un metro sopra gli altri: ora lo infamano, però sfumata la rabbia il rimpianto sarà quasi eterno. Lui segnava in tutti i modi possibili e anche in quelli impossibili: è classe e furbizia, applicate all'arte di mettere il pallone in rete. Gioca per lui e lui segna: di collo pieno, ma pure con un colpo tra collo e testa, di panza o di nuca. Milik è diverso: quello che Mark Spitz faceva in vasca, lui lo fa in campo. I suoi prima quattro gol napoletani sono stati tutti gol da atleta. Poi si è fermato e dal 2 ottobre è entrato in campo Sarri. Meglio: la sua idea, il suo gran lavoro sul gioco offensivo, è diventato lampante. Anche quando il Napoli non segnava, ma creava mille occasioni. E a segnare, poi, sono riusciti un po' tutti: 4 reti Insigne, 3 Hamsik, 2 Zielinski e Callejon, uno a testa per tre difensori, Maksimovic, Koulibaly e Chiriches. Tutto dal ko di Arek il polacco. Così arriviamo all'ultima sfumatura, alla nota stonata. Chi non funziona è Gabbiadini, già vice Higuain. Non segna come l'argentino e neppure come gli altri compagni. Allo stesso tempo il suo gioco, l'ostinata e solitaria ricerca della rete, non favoriscono a dovere le realizzazione dei compagni. Gabbiadini, uno che il Napoli non ha venduto, scelta che dovrebbe correggere al più presto, già a gennaio. La storia e Sarri lo hanno insegnato: si può far gol anche senza Higuain. Dunque si potrà fare a meno pure del vice Pipita. Buon attaccante, buon ragazzo, ma Gabbiadini dovrà ripartire, altrove. Con una piccola rivoluzione personale, come quella che Sarri ha saputo fare a Napoli. 

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