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  • I pulcini dell'Elba e Papa Francesco

    I pulcini dell'Elba e Papa Francesco

    • Marco Bernardini
    Tre anni fa dalla finestra più nobile di San Pietro in Vaticano si affacciava un uomo sul quale, per le cose che diceva e per come si esprimeva, di tutto si sarebbe potuto pensare tranne che potesse essere lui, veramente, il nuovo Pontefice e simbolo spirituale della cristianità oltreché del cattolicesimo. Il nome stesso da lui scelto subito dopo l’investitura, quello di Francesco, permetteva di provare un senso di gradevole euforia anche a coloro i quali per ragioni diverse avevano deciso di allontanarsi da tutto ciò che implicava scelte legate alla religione e alla fede. Arrivava dalla fine del mondo. E, firse, dall’inizio di qualche cosa di molto importante.

    Dopo tre anni dalla sua investitura, quella sensazione iniziale di freschezza e di assoluta novità nel rapporto tra cittadini (fedeli o non) e Chiesa si è cementata in una solida certezza. Parole mai pronunciate prima da un Papa il cui significato dei suoi discorsi richiama alla mente le indicazioni del Santo di Assisi del quale Bergoglio ha voluto autobattezzarsi e non per caso. Risoluzioni mai messe in atto prima da un Pontefice che ha avuto il coraggio di scoperchiare il vaso di Pandora ecclesiastico nel quale decantavano come tisane avvelenate “mostri” come la pedofilia o come l’ingordigia di beni terreni o come l’intolleranza tra credo differenti o come le collusioni con la finanza drogata e la politica scorretta. Pulizia radicale ancora non è stata fatta, in Vaticano, ma la bonifica ordinata da Francesco è a buon punto. E ora, dopo trentasei mesi di”governante rivoluzionaria” si può ben dire che Papa Bergoglio è il papà di  tutti anche i non credenti ma socialmente impegnati.

    Ed è sicuramente anche il Pontefice dello Sport. Lo sport inteso come pianeta frequentato e popolato da uomini e donne e bambini il cui fine ultimo dovrebbe essere quello di dare un segnale, forte e concreto,di unità e di pacifica coesistenza proprio attraverso il linguaggio semplice e gioioso dell’agonismo che non deve mai tradursi in antagonismo. Lo sport per abbattere ogni tipo di barriera e per battere quelli che vorrebbero alzarne delle nuove. Lo sport  al quale Francesco è fedele osservatore  oltreché ex praticante (basket nel Viejo Gasometro) e tifoso. Ufficialmente per il San Lorenzo, intimamente per la Juventus per ragioni, diciamo così, di DNA: la mamma del Papa, Regina Maria Sivori, era nata a Santa Giulia di Lavagna in Liguria. Da lì sono partiti, migranti, tutti i Sivori del mondo. Sicchè una parentela stretta tra Francesco e il grande Omar è molto più che probabile.

    Il punto più alto di questa “operazione sport” voluta da Francesco e dai cardinali progressisti del Vaticano è stato toccato sicuramente un anno fa quando a Roma si ritrovarono  i campioni del calcio rappresentati di ogni religione del mondo per una partita della pace (anche quella confessionale) mai giocata prima. Alla fine di quella giornata storica Maradona ebbe a dire: “Ho incontrato Francesco. Io che ero  diventato ateo perché avverso alla Chiesa del potere. Ci siamo parlati. Grazie a lui e al suo esempio, rivedrò la mia posizione”. A contorno di quell’evento, spalmati nell’arco dei tre anni, tantissime altre sono state le occasioni che hanno portato lo sport e i suoi protagonisti a incontrare il  Pontefice. Credo non vi sia squadra italiana di Serie A che non sia stata ricevuta in udienza vaticana: dalla Roma al Milan, dall’Inter alla Juventus, dalla Lazio al Bologna e fino alla nazionale azzurra. Il Bayern di Monaco, addirittura, ha fatto una donazione milionaria il giorno della visita a Roma guidata da Beckenbauer. Grandi campioni come Messi, Totti, Buffon, Ronaldo  e tanti altri hanno ottenuto il privilegio di un incontro “privato” . Il  “ribelle” Balotelli è uscito dalla stanza del Papa con le lacrime agli occhi. Poi gli olimpionici del Brasile  a chiudere per il momento il cerchio. Ma il Papa è di tutti. Non solo big, dunque.

    Tra qualche giorno, il 16 marzo, dall’isola d’Elba  attraverseranno il Tirreno i ragazzini di una piccola squadra di calcio composta da sette femmine e da sei maschi. La rosa al completo, con dirigenti e genitori al seguito, della “pulcini” Rio Elbano. Sono attesi da Francesco, in Vaticano, al quale consegneranno una maglia personalizzata con il suo nome e dal quale riceveranno la benedizione prima di partecipare ad un torneo, insieme altri ragazzini in arrivo da tutta Italia, organizzato da e per i detenuti di Porto Azzurro. Sono certamente questi i momenti preferiti da Papa Francesco il quale ribadirà ai giovanissimi elbani esattamente ciò che ebbe a dire ai personaggi famosi dello sport che “Non deve mai e in ogni caso lasciarsi contaminare  dalla bramosia di denaro o dominare dalla vanità che porta alla prevaricazione”. 

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