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  • Icardi 'serpentesco', Inter senza veleno
Icardi 'serpentesco', Inter senza veleno

Icardi 'serpentesco', Inter senza veleno

  • Pasquale Guarro
Icardi sarà anche “serpentesco”, come sostiene Spalletti, ma la verità è che a quest’Inter manca il veleno. Manca nel desiderio di pungere per uccidere, nelle caratteristiche e nella mentalità di chi scende in campo. Manca quella parte di Roma che tanti vantaggi seppe portare al tecnico romano. Perché se è vero che Edin Dzeko può tradursi in Mauro Icardi (in realtà i due sono diversi in tutto e per tutto, ma almeno i gol non mancano), è altrettanto reale che in nerazzurro non si riesca invece a trovare la continua spinta di Salah, la doppia fase e i gol di Nainggolan, la qualità e l’abnegazione di Florenzi sulla corsia laterale di destra, la concretezza di Strootman in mezzo al campo e qualche cartuccia in grado di cambiare la gara entrando dalla panchina, come in giallorosso potevano essere Perotti o El Shaarawy. Insomma, nell’Inter di oggi sono solo due i volti che spaventano le difese avversarie: Icardi e Perisic. 

IL FOLTO CHE NON RUOTA - Perché il concetto del folto che ruota non riesce a trovare la giusta trasposizione in campo: «Non mi piace pensare a un centrocampo statico nei ruoli, chiedo che la zona sulla trequarti sia continuamente occupata a rotazione e con molta gente», aveva spiegato Spalletti nella conferenza stampa alla vigilia della gara contro il Bologna. Al Dall’Ara non si è visto niente di tutto questo, anzi: Borja Valero e Vecino sono spesso rimasti incollati sulla propria mattonella, Icardi (ma questa non è una novità) non si è praticamente mai abbassato per premiare l’inserimento di qualche compagno e Joao Mario non ha garantito la doppia fase. Niente folto che ruota, almeno fino all’inserimento di Eder, che almeno ha saputo legare meglio i reparti rispetto a Joao Mario e questo almeno sulla carta dovrebbe essere un paradosso. 

COSA È CAMBIATO - Nell’Inter delle ultime due partite (in realtà già contro la Spal non era filato tutto liscio) è cambiato qualcosa rispetto a quella vista per l’intera durata del precampionato e per lunghi tratti contro la Fiorentina. Latita la voglia di tenere in mano il pallino del gioco, manca il giusto atteggiamento e, cosa forse più preoccupante, non si vede più quell’organizzazione micidiale in ripartenza, quei tre passaggi in verticale che conducono in porta senza fronzoli. Sembra poco, invece è tantissimo. È un fattore che obbliga l’avversario alla massima attenzione anche se la fase della gara gli è in quel momento favorevole. Perché un conto è subire passivamente e altro conto è farlo con l’idea di andare a far male in ripartenza. All’Inter è regredito questo desiderio, come se di colpo tutti avessero perso quel veleno che Spalletti aveva provveduto a instillare. Questa è un'Inter di troppi fronzoli. 
 

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