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  • Brescia vs Palazzi:| 'Non doveva indagare'

    Brescia vs Palazzi:| 'Non doveva indagare'

     

    C'è chi contesta la fine perché ritiene che il Consiglio federale abbia mancato di assumersi una responsabilità politica, decidendo di non avere competenza a revocare lo scudetto 2006. Ma c'è anche chi contesta l'inizio di tutta questa storia. Il Brescia, attraverso il suo avvocato Bruno Catalanotti, se la prende infatti con l'indagine di Stefano Palazzi nata sulla base delle nuove intercettazioni: ecco, quell'indagine non sarebbe mai dovuta iniziare visto che i termini della prescrizione erano già scaduti quando il procuratore ha aperto il fascicolo. Si arriva persino a ipotizzare un «illecito disciplinare» per Palazzi.

    Per questo il Brescia depositerà all'Alta corte di giustizia presso il Coni 42 pagine di una richiesta di annullamento del provvedimento di Palazzi - giudicato «abnorme» -, quello dove c'è scritto sì che i fatti che riguardano Facchetti, Moratti, altri 14 tesserati e 8 società sono archiviati per prescrizione, ma dove c'è anche una valutazione dettagliata nel merito (che rileva «illeciti») che non ci dovrebbe essere.

    Ma che c'entra il Brescia? C'entra perché Palazzi si occupa anche di Nello Governato (ex giocatore e ex dirigente di Lazio, Bologna e Brescia) e di una sua telefonata a Pierluigi Pairetto, che per il procuratore avrebbe violato l'art. 1 (lealtà). Per Pairetto, Governato è «un consulente del Brescia». Cosa non vera secondo il club, impegnato nel processo penale in corso a Napoli come parte civile, e in cerca quindi di un risarcimento danni. Ecco, l'avvocato Catalanotti ha interesse che neanche un'ombra resti sul Brescia e vuole contestare il «così fan tutti» delle difese di Moggi&Co. Ma, cosa che ha interesse più generale, chiede che quanto scritto da Palazzi diventi carta straccia. Si appella agli articoli 129 e 408 del codice di procedura penale: in sostanza, «è vincolante il precetto di dichiarare immediatamente l'esistenza di una causa di estinzione del fatto, e di astenersi da qualsivoglia attività di indagine e da qualsivoglia motivazione, soprattutto in malam partem, circa la sussistenza del fatto».

    Insomma, non appena Palazzi avesse accertato la prescrizione, avrebbe dovuto «far cader la penna», per ragioni di «economia processuale» e per tutelare il diritto alla difesa. Altro che istruire un'indagine e scrivere giudizi di censura. Per questo Catalanotti chiede che si mantenga la prescrizione, ma vengano tolti i riferimenti ai comportamenti dei singoli e chiede che la formula usata da Palazzi «non sono emerse fattispecie di rilievo disciplinare non prescritte» sia cambiata in «perché i fatti segnalati (...) ove anche costituissero condotte disciplinarmente rilevanti, sono prescritti». Se l'Alta Corte gli desse ragione, dai documenti ufficiali scomparirebbe ogni censura e ogni eventuale figuraccia.

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