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  • Il calcio inglese nel girone infernale degli abusi sessuali. E in Italia?

    Il calcio inglese nel girone infernale degli abusi sessuali. E in Italia?

    • Pippo Russo
    Anche il calcio ha i suoi “sleepers”, e troppo a lungo ha preferito guardare da un’altra parte. La valanga di rivelazioni sugli abusi sessuali subiti in gioventù da calciatori professionisti britannici si è rovesciata all’improvviso. Una falla aperta quasi per caso, ma presto dilatata e a rischio di diventare una voragine. Soprattutto, un passato che riemerge dopo essere stato rimosso dalle vittime stesse, ma adesso presenta il conto e chiede che i colpevoli la smettano di passarla liscia. Proprio come nel romanzo autobiografico dello statunitense Lorenzo Carcaterra, portato sugli schermi cinematografici da Barry Levinson. In quel caso gli abusati, da adulti, hanno cercato la vendetta. In questo caso sarebbe sufficiente fare giustizia. In modo inflessibile, e senza sconti.

    La vicenda è partita con le rivelazioni fatte al Guardian da Andy Woodward, ex calciatore professionista con alle spalle una carriera di secondo piano conclusa presto. Woodward ha deciso di mettere in pubblico gli abusi subiti durante i lunghi e terribili anni trascorsi nelle squadre giovanili del Crewe Alexandra, dove a partire dall’età di 11 anni è stato oggetto di abusi sessuali da parte dell’allenatore Barry Bennell. Il cui curriculum da abusatore sessuale di minori è conclamato. Tanto da essergli costato 16 anni di carcere e da consigliargli, una volta scontata la pena, di crearsi una nuova identità sotto il nome di Richard Jones. L’intervista di Woodward ha aperto la valanga, e da quel momento in poi è stato un susseguirsi di rivelazioni. Nel corso di un programma televisivo BBC dall’elevatissima temperatura emotiva, altri tre calciatori (Jason Dunford, Steve Walters e Chris Unsworth) hanno rivelato di avere subito abusi da Bennell. Inoltre, altri due calciatori hanno contattato il Guardian per rivelare che anche un collaboratore di Bennell avesse il vizio delle molestie, e che i due ne sarebbero stati vittime. Per il momento i nomi dei due calciatori e del loro abusatore rimangono riservati, in attesa di ulteriori verifiche. E intanto si allunga la lista di coloro che denunciano abusi da parte di Bennell. L’ultimo in ordine di tempo è il trentaseienne Mark Wlliams, ex difensore della nazionale nordirlandese che ha rivelato di essere passato fra le grinfie dell’orco. E un altro nome di allenatore-molestatore è tornato in ballo: quello di George Ormond, ex Newcastle, anch’egli con un periodo di prigione alle spalle. È stato accusato da un ex calciatore dei Magpies, la cui identità rimane al momento riservata.

    L’ampiezza del caso ha convinto la Football Association a aprire un’inchiesta, e a mettere a disposizione del pubblico una linea telefonica per denunciare altri casi. La linea è gestita dalla NSPCC, un’organizzazione benefica dedicata alla cura dell’infanzia. E i dati sono già preoccupanti, poiché a pochi giorni dall’apertura della linea telefonica risultavano essere arrivate oltre 50 segnalazioni. Da lasciar pensare che il male sia molto diffuso, non certo limitato a un paio di figure di notori abusatori seriali.

    Il caso è terrificante. E davanti al suo sviluppo dobbiamo evitare di commettere l’errore più grave: ritenere che si tratti soltanto di una vicenda inglese. Di situazioni del genere il calcio, e lo sport in generale, abbondano. Lo spogliatoio è una struttura di potere, e il ruolo degli allenatori fa presto a prendere una dimensione dispotica, che sconfina nel senso di onnipotenza. In condizioni del genere l’abuso è percepito come cosa dovuta. Purtroppo non tutti i soggetti che assumono il ruolo di allenatore sono capaci di gestire questa leva di potere senza abusarne, così come non tutti gli istruttori sono in grado di comprendere che nel rapporto con ragazzini (e ragazzine) di quell’età devono essere innanzitutto educatori. La piaga degli abusi sessuali sui minori, nello sport, è molto più diffusa di quanto si immagini. E se rimane non dichiarata lo si deve soprattutto all’irriducibile vergogna provata dalle vittime, che non se la sentono di affrontare l’umiliazione dopo aver subito la violenza. E invece è il momento di denunciare. Anche in Italia. Noi di Calciomercato.com siamo pronti a sostenere questa battaglia.
    @pippoevai

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