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  • Il caso Pogba e una Juve controtendenza

    Il caso Pogba e una Juve controtendenza

    • Giampiero Timossi

    Pogbacco, che Juve. La decima vittoria consecutiva della squadra di Allegri racconta un sacco di cose: si è giocato per la prima volta nel nuovo stadio di Udine, che è stato completato, è bello come un teatro e dimostra che finalmente anche sul fondamentale aspetto degli immobili di proprietà la società guidata da Andrea Agnelli sta facendo scuola; i campioni d'Italia non rischiano mai nulla e finisce 0-4 anche senza che Paul Pogba metta piede in campo. “Scelta tecnica”, spiega Allegri. Scelta esatta, che è qualcosa di più rispetto a una scelta indovinata. Senza offesa: in un mondo del foto-businness, dove le notizie scarseggiano, c'è pure chi vorrebbe sacrificare le poche novità in circolazione, affannandosi nel raccontare quello che non è mai accaduto.


    “Pogba aveva la febbre”. Una balla, neppure messa in giro ad arte dagli uomini immagine della Signora. Anzi, tutti, nella stanza dei bottoni bianconeri apparivano desiderosi che il messaggio arrivasse chiaro, non solo al giocatore. Sabato sera Pogba era andato a nanna convinto di partire titolare, mentre Asamoah si era addormentato pensando alla comodità della nuova “panca” del Dacia Stadium. Certe notizie, quanto arrivano a sorpresa, hanno il pregio di lasciare ancora di più il segno. E così è stato. Pogba, nell'ultima settimana, si era allenato con troppa rilassantezza, quasi con spocchia, come se fosse ancora agghindato per il recente show del Pallone d'Oro. Allegri lo ha notato, non ha gradito e ha condiviso impressioni e giudizio con la società. In settimana il tecnico non ha lasciato trapelare nulla: una buona autocritica dovrebbe far parte della valigia di un buon giocatore. L'autocritica non è arrivata, è scattata l'esclusione. Una scelta, fatta dal più grande campione che oggi la Juve ha a disposizione: Max Allegri.

    In questi giorni di peana, improvvise e compiaciute retromarce, sorprende la leggerezza con la quale molti si affrettano nel giudicare (completamente) sbagliata la previsione che descriveva una Juve indebolita dal calciomercato estivo. Non cambio opinione, non fino a quando i bianconeri non arriveranno per il secondo anno consecutivo in finale di Champions League. E vinceranno l'ennesimo scudetto. Perché non credo si possona dimenticare alcune cose: gli addi di Tevez e Pirlo, le cessioni di Vidal e Coman. Non si può trascurare che l'amministratore delegato Giuseppe Marotta abbia deciso, o assecondato, la decisione di non cambiare marcia. Scegliendo, in questo modo, di non diventare competitivo con i grandi club d'Europa, quelli che partono favoriti ai nastri della Champions. In verità anche la storia del campionato, per ora, racconta di una Juve più debole, comunque in rimonta. Non credo alla storie dei vuoti e dei pieni, di una squadra meno affamata, perché il monor appetito si sarebbe dovuto vedere già una stagione fa. Credo ancora che, fin qui, la Juve sia meno competitiva rispetto a un anno fa.

    Certo, le va riconosciuto il merito di avere un allenatore preparato sotto tutti i punti di vista, più maturo rispetto all'uomo che aveva vinto con il Milan. La società ha avviato (molto) brillantemente un'operazione di rinnovamento della rosa. Ha investito benissimo, soprattutto, ma non solo, su Dybala. Ma questa decisioni strategiche non erano state dichiarate in maniera esplicita e settimane di iniziale silenzio hanno messo in difficoltà Allegri. Ancora: anche la permanenza a Torino dell'allenatore è stata seriamente messa in dubbio.

    In verità, nel voler essere pignoli, in almeno un caso il silenzio è stato rotto dall'attacco presidenziale, che rimproverava tecnico e squadra di non comportarsi da Juventus. E che alle decisioni del rinnovamento opponeva un secco “qui bisogna vincere, sempre”. Ora, in questo magma di elogi e vaselina, tutto si può nascondere. Anche il “caso” Pogba. O almeno i reali motivi della sua esclusione a Udine.

    Lo stop che scatterà a giugno per il mercato del Real Madrid ha cambiato in corsa i piani di Marotta e l'ad non ama certe sorprese. Morata doveva andare al Real e la cosa doveva sembrare un evento inevitabile, ma ora non sarà più così. Dunque bisognerà vendere Pogba, tirare in cassa 100 milioni, perché 80 sono già stati offerti da Manchester City e Barcellona. Poi servirà perfezionare l'operazione che porterà Zaza in Premier League. Non adesso, ma a giugno. Intanto servirà capire se e come sarà possibile evitare che Dydala diventi un nuovo tenore del Barça. Mentre Marotta chiederà a Paratici di andare a “caccia” di altri giovani di grande valore.

    La strategia è già definita: puntare sui nuovi talenti, pagarli anche più delle concorrenza, rischiare. Tutto questo blindando un allenatore di valore assoluto come Allegri, un tecnico capace di vedere il futuro meglio di molti altri. Uno chse sembra perfetto nel valutare le critiche, per poi scegliere di testa propria quando e come inserire i giovani Dybala, Alex Sandro e Rugani. Questa, per il momento, è la realtà virtuosa nella quale ha deciso di muoversi la Juventus. Perbacco.  


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