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'Il Chievo è la mia opera'

'Il Chievo è la mia opera'

Quattro anni ancora. Poi potrebbe anche decidere di farsi da parte. Alla soglia dei sessanta, del resto, si può anche cambiar vita. Alberto Malesani lo ha fatto più volte. Allenatore sempre alla moda, perché fuori moda. Con il suo stile inconfondibile, le sue fughe solitarie verso le platee del calcio. Sguardi, smorfie, sfide. Vinte e perse. Mai un pareggio. Lui non ama le mezze misure. Lo hanno studiato in molti. Spesso non è stato capito. Ma se a distanza di vent'anni dalla sua prima panchina al Chievo Alberto è ancora protagonista per le vie del calcio, vuol dire che l'Italia pallonara non ha potuto fare a meno di lui. Domenica il suo Bologna sfiderà proprio la squadra di Luca Campedelli. L'ennesimo ritorno al passato. Chievo, Hellas, Verona e i veronesi. Oggi Malesani viaggia con un sorriso sornione, porta capelli lunghi, disposti in maniera disordinata e sfumati d'argento. Si prende lunghe pause prima di parlare. Sceglie il timbro pacato. Racconta la sua storia, l'ha fatto ieri sera sugli schermi di TeleArena, a "Palla lunga e pedalare". Senza tirarsi indietro, senza chiamarsi fuori.

Malesani, quando torna a casa, respira Verona e ripensa all'avventura all'Hellas, rifarebbe davvero tutto?
"Io rifarei tutto. Però dal punto di vista professionale quella scelta era stata azzardata. Avrei potuto allenare squadre di grande blasone. Il cuore mi fece scegliere l'Hellas. Ho fatto una scelta che forse alla lunga è risultata sbagliata. Ma ho ascoltato la passione".
A quasi dieci anni da quella maledetta retrocessione è riuscito a darsi una spiegazione di quello che è veramente successo al Verona? Chi ha sbagliato?
"Lasciamo stare, ho smesso di pensarci. Di sicuro, non è stata solo colpa mia, come qualcuno magari pensa. L'errore va ripartito. Anche se poi alla luce dei fatti non è così. Perché l'anello debole è l'allenatore, e si va a colpire lui. Tutti quanti abbiamo sbagliato. Anche se l'errore non è stato di quelli grossolani, visto che all'ultima giornata eravamo ancora salvi. Avevamo fatto due punti in più dell'anno precedente con Laursen e Bonazzoli in più. Inoltre abbiamo valorizzato giocatori che poi sono stati venduti a prezzi esorbitanti. Ma abbiamo mancato la salvezza, purtroppo la cosa più importante".
Come è rimasto il rapporto con i tifosi dell'Hellas?
"Non si può pretendere di avere un consenso bulgaro. In generale, però, posso ritenerlo buono. Quando giro per strada vado a testa alta, visto che ho dato tutto per il Verona. Retrocesso l'Hellas sono stato messo subito alla gogna per il mio stipendio. E questo mi ha fatto male. Ricordo, però, che l'anno dopo ho rinunciato a tanti soldi proprio per il bene del Verona, in modo che potesse risalire. E soprattutto sono rimasto perché credevo anch'io nella promessa di risalire subito. Mancata. Ma a quel punto anche il tifoso veronese ha capito che forse il vero colpevole non ero io. Ci sta di retrocedere. È successo a Bagnoli, è capitato anche qualche anno fa al Chievo, che poi si è rilanciato subito. In quel momento penso di avere fatto la cosa giusta: rimanere per il Verona. E da lì la mia carriera è scesa di tono, ma l'ho fatto per il Verona. E lo rifarei".
Le è piaciuto di più il Malesani iniziatore del ciclo Chievo, o l'allenatore in abito grigio che vinceva tutto con il Parma?
"La cosa più bella l'ho fatta con il Chievo. Perché è stato più facile vincere con il Parma che costruire il modello Chievo. Se vai in una grande squadra, del resto, basta non fare danni, e porti a casa qualcosa. Il Chievo è stata la mia opera calcistica. Ma mi succede di tornare a Verona ed essere insultato. E questo sinceramente mi suona strano".
Come è rimasto il rapporto con Campedelli e Sartori?
"Con Luca in un primo tempo ci sono state incomprensioni. Ma abbiamo ricucito. Giovanni, invece, l'ho sentito poche volte. C'è stima reciproca e quindi non c'è bisogno di sentirsi troppo. Sono loro, assieme al dott. Tengattini, le anime del Chievo. In una società, sono le tre figure chiave, quelle che ne determinano le sorti e il cammino. Per questo il Chievo non può stupire, finché ci sono loro...".
Qual è il giocatore che si è fatto uomo grazie a lei?
"Ne ho tanti. Al Verona Mutu, Oddo, Camoranesi. Odiati anche dalla piazza, che poi si sono rivelati campioni e ai quali ho dato fiducia subito. Però mi piace ricordare ragazzi dotati di grande umiltà. Uno su tutti: D'Angelo. È stato quello che ha segnato la storia del Chievo. Dava un'impronta alla squadra. Era il tattico, il saggio. Con lui anche Michele Cossato. Sono arrivati in alto proprio grazie alla grande umiltà".
Malesani, tema scottante e sempre attuale: rifarebbe la corsa sotto la Curva, dopo la vittoria nel derby con il Chievo?
"Sì, ma non è stata capito soprattutto dai tifosi del Chievo. L''ho fatta con grande rispetto, senza intaccare il mio legame con il club di Campedelli. E nessuno mi può togliere questa convinzione. Tanto meno chi al Chievo si è avvicinato facendo il voltagabbana, lasciando l'Hellas per affacciarsi alla società della Diga. Ricordo che ero io quello che faceva proclami per portare gente alla stadio a vedere il primo Chievo. Poi, se a criticarmi sono persone che lo fanno senza averne le credenziali, a me non interessa più di tanto. Il gesto? Giusto. Ho visto anche Mourinnho farlo. A Siena è andato sotto la Curva dei suoi tifosi partendo dalla panchina per festeggiare un gol. E mi sembra che lui sia il più grande allenatore del mondo. Se non sbaglio, nessuno gli ha detto nulla. E poi quel giorno a Delneri avevo detto tu: se vinco vado sotto la Curva. Ma chi ha giudicato male, ha anteposto l'immagine che uno dovrebbe avere, alla passione".
L'esperienza da allenatore che non avrebbe voluto fare?
"Tante. Io ho sbagliato tante volte. Pur essendo apprezzato poi dopo. Racconto un aneddoto: poco tempo fa mi ha chiamato il direttore dell'Empoli Pino Vitale. Lui mi ha preso e poi esonerato. Al telefono mi ha detto che gli dispiaceva molto, e ha riconosciuto a posteriori le mie ragioni. La considero personalmente una bella rivincita".
Domenica il Chievo, che squadra è?
"Non gli manca la solita grande precisione nel gestire, nel formare la squadra. La società ha fatto grandi scelte di giocatori e ha individuato in Pioli l'uomo giusto. Il Chievo non cambia. Nel corso degli anni gli può capitare anche un campionato anomalo, ma non sbaglierà mai. Del resto, pensate una cosa: negli anni, sono passati da qui tanti allenatori e quasi tutti hanno fatto molto bene. Una ragione c'è, no? ".
E il Verona di oggi?
"È una società che ha avuto buoni presidenti come Arvedi, e ha un buon presidente come Martinelli. Dirigenti passionali, ma che non hanno avuto la capacità di circondarsi delle persone giuste per formare società modello come il Chievo. Il Verona lo vedo ancora in fase di formazione. Comunque, penso abbia fatto con Mandorlini la scelta giusta".
Tornando al Chievo, chi toglierebbe domenica ai suoi avversari?
"Pellissier, visto che può fare sempre la differenza".
Voi, invece, state vivendo un momento difficile anche sul piano societario?
"E in vista della penalizzazione dobbiamo metterci a fare punti. Lo dico ai ragazzi: testa bassa e lavorare".
Malesani, prima di chiudere con il calcio tornerà a Verona da allenatore?
"Non lo escludo, nella vita non si sa mai".
Risposta secca: Bologna-Chievo, come finirà?
"Mi tocca giocare l'1 fisso. Noi siamo messi così così, il Chievo è a 19"


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