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  • Il Manchester City fa scuola: ragazzi, attenti alle scarpe colorate!

    Il Manchester City fa scuola: ragazzi, attenti alle scarpe colorate!

    • Fernando Pernambuco
    Secondo il Manchester Evenings News bisogna fare molta attenzione alle scarpette dei calciatori. O più esattamente questo è ciò che penserebbe James Wilcox, responsabile dell’ Academy del Manchester City.

    “Niente più scarpe colorate per gli Under 18” così ha sentenziato l’allenatore in capo della prestigiosa squadra inglese. La ragione? Disturberebbero la concentrazione. Pare che durante l’allenamento i giovani e giovanissimi del City non guardino il pallone, la porta o la disposizione dei compagni, ma le proprie scarpe e non solo. Più d’una volta un difensore è parso ipnotizzato dai piedi giallo canarino del centravanti e un trequartista, addirittura, ha voluto cambiarsi le scarpe tre volte per potersi concentrare: solo il verde pisello gli consentiva di dettare passaggi convincenti. Un portiere non riusciva a uscire senza le scarpette rosse.

    Se fosse vero, sarebbe un notevole sketch comico. Sembra invece che il Wilcox sia una patito di quella non certo nuova corrente psicologica detta “Gestalt” che si sviluppò in Germania agli inizi del’900. Le teorie della “Gestalt” ritenevano, tra l’altro, che le basi del comportamento derivavano da come era percepita la realtà e non dalla realtà: “il tutto è più della somma delle singole parti”. 

    Confusi quindi da una somma di troppi colori, i ragazzi del City torneranno al nero o potranno tentare un marrone scuro? Questo il dilemma.

    Tra tante bizzarrie del calcio moderno (e non solo del calcio) dalle creste ai tatuaggi, dalle danze tribali alle mirabolanti dichiarazioni sui social dei calciatori, le scarpe colorate ci paiono le più innocue. C’è chi dice che l’intento educativo dell’allenatore in questione voglia mitigare un certo feticismo troppo in voga. Ma il calcio è sempre stato feticistico, semplicemente perché è connotato da una grande potere mitologico, con i suoi eroi. E non da ora. In tempi antichi, se Sivori o Rivera usavano la Pantofola d’oro (nota marca dell’ epoca) i loro giovani e zampettanti tifosi strepitavano coi genitori per avere quelle scarpe. Chi non sognava la maglietta di Gullit o Van Basten fra i ragazzini e non solo, che tifavano Milan? Il marketing degli agognati sponsor tecnici, che tutti invocano per rimpolpare le casse delle società calcistiche, non si basa forse sul cambio continuo dei modelli (dalle magliette alle scarpe appunto)? Anche a noi non piacciono le cervellotiche seconde o terze maglie e le continue variazioni delle prime, come non ci piace l’impazzamento dei numeri sulla schiena dei calciatori ( meglio prima, quando  7 voleva dire ala destra e 9 stava per centravanti) ma il calcio di oggi è questo.

    Smontiamolo, tutto il calcio, a ritroso: eliminiamo gadget, magliette, pubblicità e torniamo alle scarpette nere. Con un avvertimento: gialle, verdi, rosse o nere, se uno è un brocco resta tale.

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