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  • Il Pepe che fa ridere

    Il Pepe che fa ridere

    È il 63’ di Real-Barça, l’ennesima sfida, quella di ieri. E capita qualcosa – per quanto ci riguarda – di storico, che rende indimenticabile un Clasico certo gradevole, ma non all’altezza di tanti altri. Tutto merito della telecronaca di Riccardo Trevisani, decisamente uno dei migliori uomini di Sky, e non da oggi, per competenza, cultura, capacità di lettura del match, resa emotiva e capacità di non sovrapporsi al match, di non oscurarlo col proprio ego. Ma ieri sera è proprio al suo ego che ha lasciato per un momento briglia sciolta, e gliene siamo grati.

    63’ di Real-Barça, quindi, andata dei quarti di finale di Copa del Rey. Il vero protagonista della serata coi suoi falli cattivi e stupidi, con le sue simulazioni, con la sua aggressività stolida, è Pepe. Che contende un pallone sulla sua fascia destra d’attacco ci pare Fabregas. Uno spalla a spalla al termine del quale cade a terra rotolandosi. L’azione prosegue per un buon paio di minuti, col Barcellona in attacco e Pepe sempre orizzontale, mentre il Bernabeu fischia sempre di più, finché Iniesta la butta fuori per far soccorrere il rantolante avversario. Trevisani non fa in tempo a dire: «Non mi sembrava un gran fallo, sono curioso di vedere il repl…» che il replay parte. Fabregas affianca Pepe a sinistra, il giocatore si tocca la parte destra del viso e si butta a terra con le convulsioni. Una simulazione tanto sciocca e plateale da essere grottesca.
    Ed è qui che Trevisani fa la sua cosa meravigliosa: ride, ride, ride. Anzi, sghignazza proprio. Ma di cuore, sentitamente, senza trattenersi, sguaiato. A qualche esteta della telecronaca potrà sembrare un’offesa: qualunque sia stato l’episodio scatenante il bravo commentatore deve mantenere un certo contegno. Può fare battute, può usare toni di voce allegri, al massimo può fare risatine di circostanza, ma nulla più. E in effetti uno sghignazzo in una telecronaca non l’avevamo mai sentito, per quanto ci possiamo ricordare. Però ci è piaciuto. Perché è stato vivo, spontaneo, vero. È stata l’irruzione dei sentimenti in una telecronaca, ma dei sentimenti veri, non di quelli finti, dell’enfasi che quelli di Sky mostrano solitamente per un dribbling a centrocampo, un tiro che esce di otto metri, una baggianata qualsiasi. Questo era autentico, era il riso di chi riesce a restare se stesso, cioè una persona, anche facendo un lavoro che richiede parole calibrate e precise. Un riso che ci ha ricordato quelli che la Gialappa’s faceva davanti agli strafalcioni di Trapattoni o del Mago Gabriel quando anni e anni fa era la Gialappa’s, ovvero tre ragazzoni simpatici che cazzeggiavano come tutti noi facciamo al bar sparando minchiate in allegria. Ecco, allora la Gialappa’s faceva la tv per divertimento, e incidentalmente anche per lavoro (adesso lo fa solo per lavoro, e si vede, da un bel pezzo). E sghignazzava di gusto come Trevisani ieri.
    Per questo la risata su quella simulazione di Pepe ci ha colpito. Perché è stata, o poteva essere, quella nostra e di chi era a casa o al pub a guardarsi la partita. È come se per un momento si fosse rotto il vetro che separa interno ed esterno della tv e Trevisani si fosse accomodato accanto a noi sul divano, ci avesse chiesto un pezzo di pizza e un sorso di birra, commentando quell’episodio in quel modo. Poi è tornato dall’altra parte dello schermo e ha completato (bene) la telecronaca. Chissà quanto consapevole di averla fatta grossa: ha rotto per un momento la sacralità delle partite di calcio come la concepisce Sky, che vive di enfasi e seriosità. E questo è un motivo in più per ringraziarlo. Quando vuoi torna pure, Riccardo: sul divano di casa mia una fetta di pizza al salame piccante e un bicchiere di bionda non ti mancheranno.


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