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  • Cholo, il ruvido tango:| A corrente alternata

    Cholo, il ruvido tango:| A corrente alternata

    È tutta un’altra musica. Il Catania è passato dal rock di Mihajlovic al valzer di Giampaolo e ora al tango di Simeone. Che dovrebbe essere il ritmo più congeniale, visto che oltre all’allenatore gli argentini in squadra sono dodici, anzi tredici, perché Schelotto è italiano soltanto ai fini dell’impiego in Nazionale. Ma a Catania il buon Sinisa è molto più rimpianto di quanto non sia stato finora apprezzato a Firenze. Se la Fiorentina di Mihajlovic avesse giocato con la metà dell’entusiasmo, dell’aggressività, del coraggio e del ritmo del Catania di Mihajlovic avrebbe almeno una mezza dozzina di punti in più. Al Franchi oggi si presenta un Catania molto diverso da quello affrontato all’andata. Allora finì 0-0. Fu una noiosa partita a scacchi. Giampaolo non sbagliò una mossa. La sua squadra presidiava ogni zona del campo e ripartiva con razionalità, secondo tutti i canoni del calcio moderno: sovrapposizioni, tentativo di creare superiorità numerica in ogni zona del campo, ricerca dello spazio e della profondità. Il tutto però quasi al rallentatore, come se i giocatori dovessero troppo pensare prima di ogni giocata, per paura di sbagliare. Meglio il controgioco, non necessariamente catenacciaro, del gioco. Ecco perché quel Catania faceva meglio con le grandi che con le dirette concorrenti. Ed ecco perché gli orfani di Mihajlovic a un certo punto hanno accompagnato Giampaolo all’aeroporto e hanno richiamato Simeone da oltre Oceano. Giocatore di grande temperamento e per questo più volte accostato allo stesso Mihajlovic, Simeone ha per prima cosa cercato di ridare nerbo alla squadra, chiedendo ai giocatori di ragionare meno e correre di più. I risultati finora non gli hanno dato molto ragione, ma nelle ultime tre uscite, vittorie casalinghe di misura contro Lecce e Genoa e sconfitta di misura a Napoli, qualche progresso c’è stato. A corrente alternata. In realtà, con il Lecce il risultato più giusto sarebbe stato un pareggio e il Genoa avrebbe addirittura vinto se l’arbitro non l’avesse danneggiato. La sensazione è che il Catania non abbia ancora molta fiducia in se stesso. Al di là del succitato Schelotto, nuovo Camoranesi, sia per nazionalità e cittadinanza, sia per caratteristiche tecnico-tattiche, stranamente sottovalutato quest’anno a Cesena, i giocatori più temibili del Catania sono gli attaccanti. Maxi Lopez, innanzitutto, che sembra uscito dalla depressione che l’aveva assalito quando, dopo lo straordinario finale della scorsa stagione, si era ritrovato di nuovo a Catania svegliandosi bruscamente dal sogno di mezz’estate di approdare a lidi più prestigiosi. E poi Bergessio, altro argentino, pescato in Francia per mettere un po’ di pepe sulla coda dello stesso Lopez, del quale può essere sia spalla sia sostituto. La prima prova in coppia, contro il Genoa, è andata benino. E, visto il precedente con il Parma, attenzione: perché Bergessio ha una storia simile a quella di Amauri. Nel febbraio dell’anno scorso a Saint Etienne ritrovò il gol dopo un anno di astinenza e non è che poi le cose siano andate molto meglio: altre quattro reti nel finale di campionato e poi zero nelle sedici partite disputate in questa stagione in Francia. Per fortuna della Fiorentina, con il Catania il ghiaccio l’ha già sbloccato domenica scorsa, anche se grazie a una doppia deviazione di Criscito e palo. Ma c’è un altro «grande numero» dal quale la Fiorentina oggi si dovrà guardare: il Catania finora non ha mai vinto in trasferta, di più, è l’unica squadra di A a non avere ancora vinto in trasferta. Anche nel calcio c’è sempre una prima volta. Purché che non sia oggi.

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