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  • Da Toscolano Maderno a Bruxelles: 24 ore no stop per delirare con Mexes

    Da Toscolano Maderno a Bruxelles: 24 ore no stop per delirare con Mexes

    Caro Direttore,

    sono le 5.25 del 21 novembre 2012. Suona la sveglia. Sono un avvocato e, in un primo momento, penso che devo alzarmi di fretta e correre in Tribunale.

     

    Invece, mi rendo conto che oggi svesto la toga e indosso quelli da tifosa rossonera. Mi aspettano all’aeroporto di Orio al Serio per raggiungere Bruxelles: c’è una partita di Coppa dei Campioni da giocare, c'è il Milan!

     

    I ragazzi hanno bisogno di essere sostenuti, per portare a casa una vittoria: sarebbe decisiva per il passaggio del turno.

     

    Raggiungo i miei compagni di avventura, i ragazzi del Milan Club Toscolano Maderno.

     

    Durante le operazioni di imbarco, un folto gruppo di tifosi juventini comincia a sfotterci. Dicono che verremo asfaltati dall’Anderlecht e non passeremo il turno: carini :-). In volo si respirano nervosismo e tensione: c’è chi è fiducioso e c’è chi, invece, sostiene non riusciremo a portare a casa il risultato. Umori altalenant che non intaccano il pensiero di tutti: siamo uniti per una sola bandiera quella rossonera.

     

    Chiacchiero con il responsabile del Milan Club Toscolano Maderno, Giulio Apollonio, 65 anni. Per noi è solo la Tigre, perché membro dello storico gruppo dei Commandos Tigre, situati al primo anello blu dello stadio San Siro.

     

    Giulio è una persona aperta, vivace e sempre allegra. Mi racconta come è nata la passione per il Milan. Nel 1973 la Tigre ha partecipato alla fondazione del Club e da oltre vent'anni gira il mondo con il Milan. Agli inizi le trasferte le seguiva direttamente con la squadra poi, man mano, ha iniziato ad organizzare di prima persona le varie partite fuori casa di Campionato che di Coppa.

     

    Tra le moltissime partite di Coppa, Supercoppa e Coppa Intercontinentale, qual è quella che ancora oggi gli provoca un’emozione forte. Lui s'illumina esbotta: la finale di Coppa dei Campioni del 2003 contro la Juventus e quel rigore di Sheva, quando il pallone   sembrava non entrare mai.

     

    Arriviamo finalmente a Bruxelles. L’atmosfera pian piano si surriscalda. Si incontrano vari gruppi di tifosi con le sciarpe rossonere ,ci si saluta e ci si dà appuntamento allo stadio.

     

    Finalmente, alle 19.45 il tornello gira e dopo i soliti controlli si accede all’interno dell’impianto sportivo, si prende posto. Quando scatta la musichetta della Champions l’emozione sale e l’adrenalina entra in circolo.

     

    Cantimao a squarciagola  e incitiamo i ragazzi: "NOI VOGLIAMO QUESTA VITTORIA". Il primo tempo finisce però 0-0, ma nulla è perduto ci sono ancora 45’ minuti da giocare.

     

    Le squadre rientrano in campo per il secondo tempo e al 2’ minuto la curva esplode il Faraone l’ha messa siamo sull’uno a zero; il milan sembra aver preso morale tanto che al 26’ minuto ,Mexes inventa un gol capolavoro.

     

    La gioia è alle stelle, ci si guarda negli occhi e ci chiediamo: ma cos'ha fatto Mexes? Gol fantastico, eurogol, delirio.

    Al 33’ segna l’Anderlecht e siamo sul 2-1. In quel momento, come per i giocatori in campo subentra la paura di non farcela e allora diventano ancora più fragorosi i cori e gli  incitamenti per la squadra. Siamo senza voce.  

    Quando, al 46’, Pato sigla il 3-1, inizia la festa: missione compiuta con un turno d’anticipo abbiamo portato a casa il passaggio agli ottavi.

     

    Fuori dallo stadio, ci infiliamo dentro un pub, per festeggire e per tirare l’alba: alle 6.20 c’è un volo che ci aspetta per riportarci a casa.

     

    24 ore no stop senza chiudere occhio, stanchi ma estremamente soddisfatti perché il MILAN NON MUORE MAI e perché, anche stavolta, quando ricorderò questa trasferta e l’impresa della mia squadra potrò dire: IO C’ERO.

     

    Maria Luisa Garatti,  Brescia

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