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  • Inter, fallimento doloroso (e costoso)

    Inter, fallimento doloroso (e costoso)

    Troppa differenza tra Juventus e Inter, almeno adesso. C’è stata pochissima partita, nessun tiro dell’Inter, molte corse veloci della Juve che hanno portato un pericolo non enorme ma costante. Quello che colpisce nell’Inter è la vaghezza del progetto. Stimo molto Mancini, ma da tempo non si capisce dove voglia andare. La Juve non è fantastica, ma è una strada illuminata, difficile sbagliare curva. L’Inter non riesce più a essere una squadra. C’è un disorientamento così manifesto che si continua a giocare a specchio, cioè basandosi sullo schieramento dell’avversario. Che idea è se diventa una regola? Dov’è il vantaggio della sorpresa? In realtà l’Inter gioca come una squadra di seconda fascia, di cui peraltro ha da tempo i numeri, si appoggia agli avversari per avere una sintesi di gioco che da sola non trova. Nel frattempo sono stati banalizzati giocatori creduti decisivi, tutti bravissimi un giorno prima di arrivare e tutti dimenticati perché trovati colpevoli di un fuoco che non riusciva a crescere.

    A oggi il fallimento del progetto Inter è molto doloroso, ma soprattutto è molto costoso. Non c’è logica né di squadra né di società, è un Mancini allo sbaraglio contro tutti che si traduce in uno svilimento della classifica e del patrimonio. Eppure l’Inter è incompleta, in parte sbagliata, ma non così ovvia. C’è qualcosa di più in giocatori che lo stesso Mancini ha giudicato fondamentali fino a un attimo prima di averli. C’è nel progetto come un' assenza snob, come se niente fosse mai all’altezza del tecnico. Questo è stato credibile, perfino fascinoso, per oltre un anno. Ora comincia a essere sospetto. È tempo che cambi anche Mancini.

    Un tecnico non è bravo di per se stesso, è bravo se fa giocar bene la sua squadra. E l’Inter gioca male. Per risolvere il problema, bisogna farci entrare per forza anche Mancini. Buona la Juventus, molto forte il risultato. Una Juve aggressiva che ha voluto fare la partita pur sapendo di non essere nel suo periodo più brillante. Ma dietro ha un carattere, un bisogno di esistere al suo livello. Il gioco è poco lineare per la voglia di velocità, questo è il pregio. È ancora una squadra bambina, dove tutti si sentono buoni e vogliono piacere. È questa specie d’ingenuità la sua forza, questo inizio eternamente prolungato.

    Mario Sconcerti per il Corriere della Sera

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