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  • Inter, il modo migliore per tornare a vincere: riprendere Ibrahimovic

    Inter, il modo migliore per tornare a vincere: riprendere Ibrahimovic

    • Pasquale Guarro
    Le cose non stanno come sostiene Gagliardini: leadership e personalità sono peculiarità pressoché sconosciute all’Inter che balbetta e abbassa lo sguardo al cospetto di Torino, Sampdoria e Crotone. Riflessione tutt’altro che folle. Sarebbe invece inopportuno investire l’attuale gruppo di responsabilità che non potrebbe sostenere. Ma forse questo è un errore che la società di corso Vittorio Emanuele ha già commesso e al quale dovrà trovare rimedio. 

    ALLA RICERCA DI LINEE GUIDA - Da Samuel a Murillo, da Ibrahimovic a Icardi, da Cambiasso a Kondogbia, da Maicon a Candreva, da Vieira a Brozovic. Agevole cogliere innumerevoli e sostanziali differenze, non solo tecniche. L’Inter che vinceva parlava un’altra lingua, aveva dentro un’altra passione. Questione di cultura, di mentalità. Perché i nuovi trovavano linee guida ben precise, rapidi vademecum da digerire e far propri per essere accettati da un gruppo abituato a vincere. Adesso, invece, sembra esserci solo gente abituata a perdere. Checché ne dica Gagliardini, sommando i trionfi di Icardi e compagni, non si arriva a colmare la metà della bacheca del solo Eto’o, tanto per citarne uno. Belli i tempi in cui Ibrahimovic attaccava al muro qualche compagno che si sottraeva alle “fatiche” di giornata, o ancora i tempi in cui Oriali sapeva accogliere gli sfoghi di tutti. Chi ha preso oggi il loro posto? Chi al posto di Materazzi chiude in bagno il Balotelli di turno? Nessuno. L’Inter è una stanza affollata, piena di individui di varia provenienza, ma vuota di sostanza, in cui l’eco del niente riempie molte vacue coscienze. 

    L'OBIETTIVO DI SUNING - Facile e allo stesso tempo complicato il compito di Suning, che per rilanciare l’Inter dovrà probabilmente ripartire da zero. Se è vero che vincere aiuta a vincere, allora il primo obiettivo dovrà essere quello di portare ad Appiano Gentile calciatori che abbiano tale abitudine. Che sappiano educare al successo. Condivisibile l’idea di formare uno zoccolo duro composto da italiani, ma a loro andranno anche affiancati calciatori dal comprovato curriculum. Ai nerazzurri servono leader-campioni e se a 35 anni Ibrahimovic riesce ancora a fare la differenza più di quanto riesca a fare Icardi, poniamoci delle domande. A questo punto nessuna partenza dovrà essere vissuta come una privazione. Perché oggi nessuno vale l’Inter. Quella vera. 
     

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