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  • Kovacic:|'Chi crede in Gesù non teme il Diavolo'
Kovacic:|'Chi crede in Gesù non teme il Diavolo'

Kovacic:|'Chi crede in Gesù non teme il Diavolo'

Il 18enne croato pronto alla sua prima stracittadina: "So tutto del derby, me lo ha spiegato Stankovic. Non vedo l'ora di sentire l'urlo di San Siro"

Mateo Kovacic, ha presente le montagne russe? 
"Eh sì, perché?".

In due giorni dal fare allenamento con la Dinamo Zagabria si è trovato alla Pinetina con l’Inter, ha esordito in Italia con una sconfitta a Siena, doveva debuttare a San Siro e si è fatto male a una caviglia, lo ha fatto quattro giorni dopo giocando bene e dando un assist bellissimo, a Firenze si è trovato coinvolto in un tracollo più che una sconfitta ed è stato sostituito dopo 45’, a Cluj è finita in gloria, e adesso c’è il derby: non le gira un po’ la testa? 

"Un po’ sì, dai, ma non soffro di vertigini. E soprattutto: se dopo il 4-1 di Firenze ci siamo trovati giù giù giù, speriamo di risalire in alto con il derby".

Quando giocava ancora in Austria, nel Lask Linz, com’era il derby contro il Bw Linz? 
"Troppo giovane per ricordarmelo. Quelli in Croazia, invece... Teoricamente c’è Dinamo Zagabria-Nk Zagabria, ma il vero derby per la Dinamo è contro l’Hajduk Spalato: ne ho giocati due e le sensazioni dell’ultimo vinto 3-1 le ho ancora addosso, anche se non feci gol. Certo, quello di Milano è un’altra cosa".

Le hanno già fatto il lavaggio del cervello, eh? 

"Non c’era bisogno che mi raccontassero nulla, mi è bastato vederne alcuni in tv per capire che è il derby più importante d’Italia. Il resto me lo ha spiegato Stankovic, con cui mi capisco bene anche per questioni di lingua: lui ne ha giocati tanti e mi ricordo anche i suoi gol al Milan (il Drago ne ha fatti quattro, ndr)".

Sì, ma l’urlo di San Siro è difficile da spiegare. 
"E infatti non vedo l’ora di sentirlo".

Ha convocato la sua famiglia in tribuna? 
"Verrà solo mio papà, Stipo. Mia mamma rimane in Croazia perché lavora e deve stare con Jelena e Katarina, le mie sorelle, che vanno a scuola".

E Isabel, la sua fidanzata? 

"Non può venire, studia anche lei..."


Mateo Kovacic, jolly del centrocampo di Stramaccioni. Forte
Conoscendosi, sarà emozionato se giocherà? 
Un po’ nervoso all’inizio, ma poi comincia la partita e ti passa, non ci pensi più. Se ami il calcio come me, vivi per queste partite: non pensi alla tensione, pensi che le vuoi giocare".

Dunque se non dovesse giocare ci resterebbe male? 
"Per me uno per tutti e tutti per uno non è solo un modo di dire: decide Stramaccioni, mi va benissimo quello che dice lui".

E la cosa che le dice più spesso? 

"E’ difficile che mi dica spesso "Fai questo, non fare quello": mi spinge a giocare il mio calcio, e questo mi piace".

Le è piaciuto anche il Milan, mercoledì sera? 
"L’abbiamo visto tutti insieme in hotel, durante la trasferta in Romania: confesso che ero abbastanza sicuro che vincesse il Barcellona, ma il Milan ha giocato una partita fantastica, davvero".

Una partita che vi ha insegnato cosa? 
"Credo che contro di noi giocheranno in modo un po’ diverso, meno difensivo: serviranno velocità, solidità difensiva e coinvolgimento di tutta la squadra nella costruzione del gioco".

Con particolare attenzione a? 

"Balotelli e El Shaarawy, ma sarebbe un errore pensare che siano i loro unici uomini pericolosi".

Cosa abbiamo già visto del vero Kovacic e cosa dobbiamo ancora vedere? 
"Io do sempre tutto e però sono molto giovane, il mio momento deve ancora arrivare: sono come l’Inter, posso dare molto di più".

Da mezzala, da regista o da uomo dietro le punte, visto che ha giocato in tutti tre i ruoli? 
"Io sto dove mi chiede l’allenatore, ma non mi sento mezzala: a me piace stare in mezzo al campo".

Dunque per lei è meglio un assist di un gol? 

"Faccio il centrocampista, dunque dovrei dire sì. Ma in verità non so scegliere, davvero".

Le piace anche giocare sempre la palla, a costo di sbagliare come le è successo in queste prime partite con l’Inter? 
"Se mi chiede cosa preferisco fra un passaggio sbagliato e un passaggio banale le dico un passaggio banale, perché fa meno male alla squadra. Però è vero che cerco sempre una giocata un po’ più elaborata, che abbia e possa dare qualcosa in più, a costo di fare qualche errore. E finora Stramaccioni non mi ha mai chiesto di lasciare da parte la mia creatività ma sempre, nei limiti di certi equilibri, di fare quello che sento".

Sente più il peso di portare la maglia numero 10 dell’Inter o di essere stato pagato una cifra molto importante per un ragazzo di 18 anni? 

"Giocare in questa squadra non è un peso, è una gioia: io all’Inter sono soltanto grato e sinceramente non riesco a pensare ad altro che a restare qui più a lungo possibile e fare il meglio possibile. A cominciare dal parlare meglio l’italiano: sto prendendo lezioni, l’impatto con la lingua è stato duro, ma conto di imparare velocemente, anche perché in campo voglio comunicare di più con i compagni".

Più dura la lingua italiana o il calcio italiano? 
"Bella lotta: di sicuro il calcio italiano è più veloce, più tattico e anche più difensivo di quello croato".

Cosa pensa quando le dicono che è più maturo degli anni che ha? 

"Che forse mi ha aiutato il grave infortunio che ebbi nel 2009: doppia frattura a tibia e perone, un’operazione difficile, dieci mesi senza giocare. All’inizio ero solo triste, poi sono diventato più solido dentro: sono esperienze che rendono la testa decisamente più forte".

Come la fede, nel suo caso? 
"Non amo parlare del mio rapporto con la fede, ma non ho problemi a dire che credere mi dà forza, mi aiuta a giocare meglio. E anche che, pur se non sempre, mi capita di indossare sotto la maglia da gioco una maglia con un’immagine di Gesù".

Molto più profanamente: dopo aver giocato la Champions League con la Dinamo Zagabria, arrivare all’Inter per non farla l’anno prossimo sarebbe una delusione? 

"Sappiamo che arrivare fra le prime tre non sarà facile, ma giochiamo per quello, anche il derby. E io darò tutto, noi daremo tutto".


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