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  • Italia e crisi della tecnica individuale, forse un motivo c'è...

    Italia e crisi della tecnica individuale, forse un motivo c'è...

    I piedi buoni tornano di moda a quanto pare, e non solo nelle solite capitali del calcio europeo come Madrid, Barcellona e Monaco di Baviera, ma anche in Italia. Pare infatti che il prossimo mercato estivo sarà caratterizzato dalla caccia ai trequartisti e centrocampisti. Da noi a fare da apripista è stata la Juve che dopo aver puntato per molti anni su un gioco muscolare, fatto di grinta, corsa, sudore e intensità, dall'anno scorso ha deciso di cambiare strada, anche se in pochi sembrano essersene accorti. Merito anche e soprattutto di Allegri, che dopo l'era Conte, nella sua prima stagione ha gestito il lavoro del suo predecessore traghettandolo verso un tipo di gioco meno frenetico e più ragionato, condito anche da lampi di classe e numeri di alta scuola. Si era intuito già la scorsa stagione, con l'arrivo di tipi come Dybala e Khedira che hanno dato una notevole iniezione di tecnica e fosforo. Si continua a maggior ragione quest'anno con la caccia incessante a profili come Andre Gomes, Pjanic, Isco ecc...ma a quanto pare la voglia di qualità e bel gioco ha contagiato anche il resto del calcio italiano. Napoli, Inter e Roma, punteranno come i bianconeri a gioielli del centrocampo. I nuovi protagonisti che potrebbero regalare un bel salto di qualità dal punto di vista tecnico alla nostra Serie A sono i vari Klaasen, Yaya Tourè, Gerson, Chalanoglu, e Ozyakup. Si registra cosi una certa inversione di tendenza rispetto a quelli che sono stati i dogmi del nostro calcio, dogmi che imponevano tanta corsa e sudore nel nome di un'intensità di gioco fine a se stessa che poi il più delle volte non si accompagnava alla qualità.

    Ora finalmente si sta capendo che la corsa senza i piedi serve a ben poco. Allegri, Sarri, Spalletti e Mancini lo sanno fin troppo bene a differenza di chi dice che conta soprattutto lo spartito e non gli interpreti. Già, gli interpreti! Ma che fine hanno fatto i nostri? A giudicare dalle classifiche di rendimento della nostre Serie A, ci accorgiamo che proprio nella categoria dei trequartisti e centrocampisti i nostri giovani italiani sono praticamente inesistenti, gli unici degni di nota in questa stagione sono stati Bonaventura e Saponara, rispettivamente di 26 e 24 anni. La nostra scuola nazionale non produce più giocatori di qualità come un tempo. Non è un caso poi, che Verratti, l'unico vero giovane campione che abbiamo a centrocampo giochi all'estero. Questo evidentemente è stato il frutto dei nostri centri federali, quelli che si occupano della formazione tecnico-sportiva dei ragazzi dai 12 ai 14 anni. Che cosa hanno prodotto in questi anni, chi li gestisce e soprattutto come? Come è possibile che l'eccellenza qualitativa a livello individuale che un tempo era un cavallo di battaglia del nostro calcio abbia fatto una finaccia di questo tipo? Si dice sempre che la colpa è dei troppi stranieri presenti in Serie A, ma poi ci si dimentica che quei pochi giovani italiani che arrivano alla massima serie non è che siano proprio dei fini palleggiatori. Una volta eravamo considerati come la nazionale più talentuosa d'Europa dal punto di vista della tecnica individuale. Oggi invece non siamo più neanche tra le prime 5, visto che realtà come Spagna, Francia, Germania, Portogallo e persino Belgio ci hanno nettamente superato. Ritorna in mente poi anche quello che accadde a Roberto Baggio non più tardi di tre anni fa, quando si dimise da responsabile del settore tecnico della federazione dicendo che lasciava perché non gli avevano permesso di lavorare. Il Divin Codino fu assunto all'indomani della disastrosa esperienza della nostra nazionale ai mondiali sudafricani. Quel progetto parti in pompa magna, furono stanziati ben 10 milioni di euro per il rilancio del nostro settore giovanile. Baggio stilò un programma di ben 900 pagine, ma non poté mai disporre di un solo euro per la sua realizzazione, e alla fine rimase tutto lettera morta. Qualche voce maligna disse che la presenza di Roberto non era molto assidua alle riunioni del Consiglio federale. Ma la verità era un'altra, visto che Baggio disse: "Come presidente del settore tecnico non avevo diritto di voto e non aveva senso andare alle riunioni in cui si parlava di argomenti che non avevano alcun collegamento con il mio lavoro. Faccio un esempio, quando ho presentato il programma ho fatto cinque ore di anticamera per essere ricevuto poco più di 15' per presentare il progetto al quale avevano lavorato circa cinquanta persone". Che fine hanno fatto quei soldi? Chi li ha gestiti? Rispondiamo prima a queste domande e forse non ci chiederemo più perché la nostra nazionale negli ultimi 10 anni è diventata cosi scarsa.

    Antonio Martines
    @Dragomironero

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