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  • Jacobelli: Rossi, il ritorno di un campione vero. Per i viola e per l'Italia

    Jacobelli: Rossi, il ritorno di un campione vero. Per i viola e per l'Italia

    Soltanto Giuseppe Rossi sa che cosa ci sia dentro quell'urlo liberatorio che ha lanciato verso il cielo  sopra Firenze, dopo avere segnato il primo gol in maglia viola. Alle spalle, il ragazzo nato ventisei anni fa a Teanek, negli Stati Uniti, (96 gol in 240 partite da professionista; 27 presenze e 6 gol in Nazionale) si è lasciato 695 giorni senza una rete, due infortuni gravissimi al ginocchio destro, due anni di inattività, tre operazioni, una rieducazione che sembrava non dovesse finire mai.

    Ecco perchè, stasera, dallo stadio Franchi è arrivata una gran bella notizia: per Rossi, per la Fiorentina, per la Nazionale, per il calcio italiano che ha ritrovato un grande protagonista e uno dei suoi patrimoni più preziosi. 

    Della squadra di Montella, che ha subito risposto alle vittorie di Juve, Napoli, Inter, Roma e Lazio, Rossi è un punto di riferimento e di sicura forza. Ma, al di là del gesto tecnico dell'attaccante e della sua prova contro il Catania, in questo momento così agognato dal giocatore e da chi ha creduto nel suo recupero, conta sottolineare la straordinaria forza d'animo che Rossi ha mostrato durante il periodo peggiore della sua carriera e, presumibilmente, della sua vita.  

    Il 26 ottobre 2011, al Bernabeu (Real-Villarreal 3-0), Giuseppe si era rotto il legamento crociato del ginocchio destro. Operato e guarito in poco più di cinque mesi, il 13 aprile 2012, durante un allenamento si è spaccato di nuovo il legamento crociato anteriore del ginocchio destro, già infortunato: per recuperare, sono stati necessari altri due interventi chirurgici e una lunghissima rieducazione.

    In tutto questo periodo, Rossi non si è mai abbattuto, non si è mai pianto addosso, non ha mai concesso nulla all'autocommiserazione. Ha sudato, sofferto, lavorato per tornare quello di prima. Ce l'ha fatta e ora, merita tutti gli elogi che gli stanno piovendo addosso.

    Così come la Fiorentina merita un applauso per avere creduto in lui, anche quando erano rimasti in pochi ad avere fiducia nel ragazzo che porta un cognome da predestinato. Bearzot lo ribattezzò Pepito pensando a Pablito. Il mondiale lo aspetta.

    Xavier Jacobelli

    Direttore Editoriale www.calciomercato.com

     

     

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