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  • Marotta: 'Jovetic non interessa più alla Juve'

    Marotta: 'Jovetic non interessa più alla Juve'

    "Llorente o Drogba? Deve essere un affare".
    Marotta: "Buffon raggiungerà Zoff, meglio Conte di Mazzarri".
    "Abbiamo parlato di Jovetic con Cognigni e Pradé, ma adesso non ci interessa più. Bene Giovinco, ma deve abituarsi al peso delle responsabilità: serve pazienza".
     

    Vista dalla cabina di regìa la Juventus dei record è solo a metà percorso. Le imprese degli uomini di Antonio Conte suscitano larghi consensi, ma il club presieduto da Andrea Agnelli ha ancora tanto altro da fare. La riprova viene dalle parole di Beppe Marotta, 55 anni, dal maggio 2010 direttore generale nonché amministratore delegato bianconero (e il 26 il c.d.a. lo confermerà nel ruolo). «Siamo al 60% del nostro progetto. Tanto è stato fatto e i risultati sono dalla nostra. L’ultima stagione ci ha ripagato degli investimenti fatti, ma il mondo-Juve non può fermarsi. Dobbiamo crescere ancora. E tanto».


    Intanto il Napoli non molla la presa. E lo scontro diretto del 20 arriva al momento giusto.
    «Siamo partiti fortissimo e il Napoli sta reggendo molto bene, la prova che è un gruppo competitivo».

    Quanti sono i meriti di Mazzarri? Lei lo conosce bene dai tempi della Samp.
    «E’ migliorato tantissimo. L’esperienza conta molto per un allenatore e il Napoli è cresciuto a sua immagine e somiglianza».

    Quindi c’è la sua mano...
    «Certo. Conte e Mazzarri sono i tecnici che incidono di più sul rendimento delle loro squadre. Ma con tutto il rispetto il nostro allenatore ha già vinto. Ed è più giovane. Diciamo che è più avanti».

    Chi teme per lo scudetto?
    «La classifica dice Napoli. Ma io non trascurerei neanche Inter, Lazio e Roma. Né tralascerei il Milan: è partito male, ma in via Turati sanno bene come uscire da certe situazioni. Insomma, tutto è aperto».

    L’augurio è che più avanti si giunga al bivio scudetto-Champions. Che sceglie?
    «La strategia è di prendere il massimo su tutti i fronti. Con un’aggiunta: i posti per la Champions sono ormai solo 3 ed è rischioso abbassare la guardia in campionato. Diciamo che lo scudetto è un passo obbligato».

    La serie utile di 46 partite è uno sprone in più.
    «Certo. A Siena s’è avuta la dimostrazione che occorre sempre la giusta concentrazione e i ragazzi sono stati bravi a riprendere in mano il risultato con un finale rabbioso. La strada è questa».

    Cos’è cambiato rispetto alla scorsa stagione?
    «Un anno fa rincorrevamo il Milan e c’erano meno responsabilità. Ora siamo noi la squadra da battere e tutti ci aspettano con attenzioni particolari. Mail gruppo sta reagendo benissimo».

    E senza Conte in panchina.
    «Un’assenza che pesa. A volte ad Antonio basta un gesto per risolvere una situazione durante la partita. Tutti, però, si sono fatti carico di questa responsabilità. Bravi tutti».

    Non avete avuto momenti difficili?
    «Beh, la vigilia di Pechino è stata tremenda. La lunga squalifica di Conte rischiava di mandarci in confusione. Mala vittoria nella Supercoppa è stato un prezioso spartiacque».

    Quando rinnova Buffon?
    «Ne parleremo, c’è tutta la voglia di rinnovare. Anzi, per me Gigi deve chiudere la carriera in bianconero. Quando vuole lui, magari a 40 anni per battere il record di Zoff».

    Cavani è sempre nei vostri pensieri? Anche ora che costa 60 milioni?
    «Il prezzo lo fa il rendimento, ma la Juve in estate sapeva che il Napoli non voleva cederlo. Perciò non s’è mossa».

    Per Della Valle chi vuole Jovetic deve chiederlo con educazione.
    «Ne abbiamo parlato con il presidente Cognigni e con il d.s. Pradé: se non è educazione questa... Comunque Jovetic non c’interessa più».

    C’è stato un chiarimento con la Fiorentina dopo il caso-Berbatov?
    «La Juve ha la coscienza a posto. Berbatov aveva in testa la Premier, non l’Italia. Se poi vogliamo parlare di fantacalcio...».

    Come la mettiamo con il top player?
    «Premesso che gli 85 gol fatti e i 24 subiti nella serie-record ci dicono che questa squadra funziona già così. E’ dura rinforzarla. Ci guarderemo intorno, ma con dei paletti».

    Quali?
    «Per un cosiddetto top player vanno spesi 40 milioni di cartellino e 10 netti per l’ingaggio. Cifre che il nostro calcio non può reggere: le big spagnole e inglesi fatturano il doppio di noi, non possiamo stare dietro ai loro principeschi investimenti. Così cercheremo delle opportunità, con oculatezza. Questa è la fase più difficile, la rosa è competitiva e non è facile migliorarla. Serve cautela».

    Su Llorente e Drogba cosa può succedere?
    «Stiamo bene così. Ripeto, seguiamo tutte le situazioni a patto che si creino condizioni economiche allettanti».

    Contento degli acquisti estivi?
    «Isla sta recuperando, mentre Asamoah ha già dimostrato in pieno il suo valore. Merita un discorso a parte Giovinco: ha qualità tecniche importanti e le sta dimostrando tutte, maha una responsabilità psicologica enorme e deve abituarsi a questo peso. Ci vuole un po’ di pazienza con lui, maha già superato l’esame».

    Verratti al Psg è una ferita aperta per il calcio italiano.
    «Ma la Juve ha preso Pogba gratis e sta valorizzando Marrone, due ottimi talenti in cui crediamo molto. Purtroppo non potevamo spendere 12 milioni per Verratti. E’ il solito discorso delle compatibilità finanziarie».

    Il fatturato sale, i debiti diminuiscono.
    «La strada è lunga. Il ritorno in Champions è la leva più importante. Ora siamo a 213 milioni e contiamo di aumentare ancora tra un anno. Il più 25% negli introiti da botteghino, grazie allo Juventus Stadium fanno il resto. Purtroppo, però, le grandi d’Europa pesano il doppio. Ed è lì la vera sfida per competere ai massimi livelli».

    Cosa vi manca?
    «La Juventus con lo stadio di proprietà è davanti a tutti, ma non è sufficiente. Il nostro calcio deve ammodernarsi se vuole risalire la china. Perciò servono nuove regole».

    Ad esempio?
    «Di sicuro la legge sugli stadi. Vicende come quelle dell’erba di Napoli o dell’Is Arenas di Quartu non devono più accadere. E’ una questione d’appeal per tutto il campionato».

    E poi?
    «Abbiamo ancora 111 club professionistici: troppi. In Europa nessuna federazione ha questi format. E poi c’è il tema delle seconde squadre. La Juve, l’Inter e il Milan rappresentano oltre il 50% del fatturato. Dobbiamo avere la possibilità di sfruttare i nostri investimenti, soprattutto quelli sui giovani. Macon la legge Melandri tutto è più difficile».

    Perché?
    «Non discuto la ripartizione collettiva, ma siamo in una situazione-capestro. Vanno rivisti i criteri di suddivisione degli introiti, premiando di più chi investe e chi vince. L’Udinese, ad esempio, in questi anni ha fatto benissimo, ma poi vende i pezzi migliori ed esce ai preliminari. Così l’Italia resta con due sole squadre in Champions. La rotta va invertita, anche nella giustizia sportiva».

    Come?
    «Vanno tutelati meglio i diritti dei singoli e di riflesso quelli delle società. Sediamoci a un tavolo e parliamone. Ci sono troppe cose da fare».

    I rapporti con il Milan?
    «Bene. Fieri rivali sul campo, alleati per le strategie politiche. C’è tanto da fare. Non solo per il bene della Juve».
     


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