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  • Juve-Barcellona, una lapide sul tiki-taka
Juve-Barcellona, una lapide sul tiki-taka

Juve-Barcellona, una lapide sul tiki-taka

  • Antonio Martines
Martedì sera a un certo punto della sfida tra Juve e Barcellona chi si fosse messo davanti alla televisione intorno al sessantesimo, avrebbe visto i catalani fare il loro solito tiki-taka, con la Juve tutta rintanata nella propria trequarti, che per lunghe interminabili manciate di secondi dava la sensazione di non poter toccare una palla neanche se qualcuno dei suoi si fosse buttato a terra per bloccarla con le mani... alzando però lo sguardo in alto sul teleschermo si sarebbe visto: JUV 3 – BAR 0.

Gli spagnoli sono sempre stati ossessionati dal possesso palla, è una cosa troppo più forte di loro, la leggenda narra che abbiano inventato il tiki-taka perché sono talmente schiappe nella difesa della porta che decisero di tagliare la testa al toro non difendendo per niente, e quindi puntarono sul famoso detto “La miglior difesa è l'attacco” di Gentil Cardoso, un altro che a difendersi non ci pensava proprio neanche se gli avessero puntato una pistola sotto al naso, essendo uno di quelli della vecchia gloriosa scuola brasiliana. In un certo senso dal loro punto di vista hanno avuto perfettamente ragione, e hanno fatto di necessità virtù, puntando tutto sul possesso palla e quindi sulla drastica riduzione dei rischi in termini di quantità.

Ma c'è un ma... gli spagnoli infatti non hanno considerato il rovescio della medaglia, ovvero la percentuale di possesso palla che in ogni partita spetta agli avversari, che di solito si aggira dal 25% al 40%, o addirittura al 45% quando l'avversario è più audace e spavaldo, ieri sera per esempio la Juve ha totalizzato un 32% che però ha fruttato tre gol, contro lo zero del roboante 68% catalano. Il Barcellona ha tirato in porta solo 4 volte contro le 8 dei bianconeri, e qui le percentuali di precisione nel tiro si ribaltano paradossalmente e clamorosamente, con il 31,3% di precisione per i blaugrana e il 68,7 per i bianconeri, quasi come se ci fosse una qualche arcana e inversa relazione a livello proporzionale con le percentuali del possesso palla... e se fosse proprio cosi? Cioè mi spiego meglio, ho come la sensazione che chi ha sempre la palla tra i piedi esercitando un possesso palla continuo e asfissiante arrivi alla porta in maniera troppo rilassata e tranquilla, come se sapesse di poter sbagliare, tanto alla fine un'altra occasione prima o poi gli ricapiterà. Chi invece ha a disposizione minor possesso palla, fa di tutto per capitalizzare al massimo quelle occasioni che gli capitano a tiro, e quando succede il più delle volte le concretizzano in maniera proficua.

Ma a parte le considerazioni di tipo tecnico tattico, la cosa che più fa sorridere rispetto a questa strana ossessione tutta spagnola per il possesso, è il modo ossessivo e compulsivo con cui ne parlano e discutono da sempre sui loro giornali e sui loro media in generale. Gli spagnoli ci credono veramente...davvero sono convinti che il segreto del gioco del calcio risieda nella percentuale del possesso palla. Possono anche aver perso, ma se la palla ce l'hanno avuta sempre loro, allora si sentono con la coscienza un po' più pulita, come se fossero convinti di aver fatto tutto il possibile a loro disposizione. E' una convinzione che è sempre appartenuta al calcio spagnolo e iberico  in generale, tanto è vero che la matrice originale del tiki-taka, più che in Spagna è da ricercarsi nel vicino Portogallo, dove da sempre – anche loro – sono stati ossessionati da quella monotona e fitta ragnatela di passaggi rasoterra a centrocampo che però produceva un gioco sterile.

In conclusione possiamo solo dire che questa ossessione per il possesso palla da quelle parti esiste praticamente da sempre, solo che si era accentuata nell'ultimo decennio grazie al super Barcellona di Guardiola e alla Roja vincente di Del Bosque, gli spagnoli però sono caduti nell'equivoco di credere che queste vittorie che hanno fatto epoca fossero veramente il frutto di un'ideologia di gioco legata al possesso, quando invece molto più prosaicamente e realisticamente dipendeva soprattutto dagli interpreti che hanno avuto a disposizione negli ultimi. Un equivoco ideologico legato soprattutto alla superbia che in taluni casi può colpire chi ottiene molte vittorie in poco tempo e con una relativa facilità, un equivoco nel quale cadde anche un maestro come Arrigo Sacchi, ma questa è un'altra storia...

@Dragomironero

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