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  • 'Juve, così guarirai'

    'Juve, così guarirai'

    Questione di concentrazione, di mo­tivazione, di collaborazione, di sensibi­lizzazione. La Juve che non vince più fi­nisce sul lettino dello psicologo e ne esce... rivitalizzata. Coraggio, basta sa­persi analizzare con naturalezza, elimi­nando le zavorre mentali. Passi la scon­fitta per 1-0 a Bari, l’esordio in campio­nato ricco di incognite contro una squa­dra che gioca a memoria, ma il resto rac­conta di una Vecchia-Nuova Signora in­capace di chiudere i conti, dopo aver recuperato l’impossibile. Prima contro la Samp, colpita da Pozzi, da Cassano e an­cora da Pozzi quando la strada sembra­va spianata per il primo successo. Inve­ce, 3-3 all’Olimpico. E la storia si ripete: stesso palcoscenico, differente manife­stazione ovvero l’Europa League contro il Lech Poznan e identico punteggio. Sì, altro pareggio, altro 3-3 con dinamica si­mile. I polacchi avanti 2-0, Chiellini-bis per impattare, Del Piero per l’afferma­zione ma ecco che a tempo scaduto la tri­pletta di carneade Rudnevs serve la frit­tata in tavola.

    Dottor Vercelli, due indizi fanno una prova? «Diciamo che due volte non possono es­sere ancora considerate un “vizio”. Sa­rebbe troppo presto». Ma perché lo schema si ripete? Pare che i giocatori improvvisamente si ri­lassino e perdano mordente. Come uscirne? «Quando si verifica una tendenza del ge­nere, occorre ridefinire subito gli obietti­vi successivi». Ok, ma sprecare una fortuna come il 3-2.

    «Una volta in vantaggio, i meccanismi si sono inceppati. E’ mancata l’attenzione». Perché si dice approccio sbagliato al­la partita? «Bisognerebbe distinguere tra i singoli giocatori. Spesso non si ha la consapevo­lezza del punto di forza avversario. O non si ha la mentalità giusta. Così, si sot­tovaluta chi c’è di fronte».

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