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  • Juve: inutile rimpiangere Moggi, gioca da provinciale che ti riesce

    Juve: inutile rimpiangere Moggi, gioca da provinciale che ti riesce

    • Pernambucano

    E' falso, come dicono i tifosi juventini più acuti, che la condanna della squadra non sia la cattiva classifica, il gioco scarso, la perenne mediocrità. Per loro, la condanna della Juve è quella d'essere diventata come l'Inter mediocre, spendacciona e piagnona d'anni addietro. La nemesi sarebbe quella di ricalcare, insomma, per contrappasso, le angosciose avventure d'una perenne e costosa crisi d'identità.

    Intanto quell' Inter non era così mediocre come questa Juve e poi rappresentava il giocattolone d' un Presidente ricchissimo che pensava solo alla sua creatura , ansioso di emulare la squadra gloriosa del padre Angelo. Ergo: questa Juve è peggiore di quell' Inter scornata (che arrivava comunque seconda) ed è più sola, perché da tempo ormai non ha un Presidente mecenate, di quelli che spendono pronto-cassa, che fanno tutto loro, che vengono sbeffeggiati per anni, ma pagano, soffrono, ma pagano, si lamentano, ma pagano e poi s'ingegnano, denunciano; insomma della squadra ne fanno una malattia.

    Le cause della crisi nera della Juve sono molteplici: una crescente , troppo pressante voglia di riscatto data dal dovere di tornare primi a tutti i costi bruciando le tappe, una minor disponibilità economica, un'improvvisata classe dirigente (Marotta ha vinto in vita sua?), un impressionante turn over di allenatori, che come primo risultato, ottiene sempre l'aumento esponenziale degli incidenti, la concorrenza con squadre più ricche che attirano maggiormente i giocatori migliori.

    Quello che impressiona è però la regolarità nella mediocrità del gioco e nella labilità psicologica dimostrata, ormai da tempo, dai bianconeri che sfocia nell'agghiacciante sintonia con l'anno passato. Non c'è nessuna squadra del campionato italiano (nemmeno l'ultima, nemmeno le cosiddette piccole) che riesca a perdere nel modo in cui perde la Juve. La Juve (vedi Palermo, Napoli, Parma, Lecce, Bologna, Udinese) non si limita a essere sconfitta, si autoannichilisce, si squaglia. I giocatori annaspano a centrocampo ansiosi di liberarsi del pallone, annaspano in difesa, sempre fuori posto, annaspano in eterno ritardo, contro i difensori avversari. La Juve non è una squadra debole, è come una maionese impazzita i cui elementi si dissociano senza mai trovare un'amalgama. La Juve non è. Questa Juve perderebbe dal Grosseto, dall 'Albinoleffe, dal Frosinone (non parliamo del Novara o del Siena) perché pensa di essere ancora la Juve, d'incutere chissà quale riverenza, di poter imporre il proprio gioco. E invece, almeno per oggi, non lo è più quella d'un tempo.

    Se vuole racimolare dei punti (lasci perdere gli obiettivi, per carità) deve cambiare modo di pensare se stessa e cioè di cominciare a considerarsi una squadra di seconda fascia. Semplicemente, senza autodenigrarsi o deprimersi, far fare la partita all' avversario. A qualsiasi avversario, sia il Chievo o sia il Bari (da cui ha perso all'andata e vinto con fatica al ritorno). La Juve ha giocato discretamente con le grandi di tradizione (Milan, Inter) solo perché è entrata in campo sapendo di essere inferiore e soprattutto senza vergognarsene. Giocare di rimessa, chiudere gli spazi e buttare il pallone avanti, senza ardite geometrie, sublimi slanci sulle fasce, coraggiose difese alte. Questo di tanta speme oggi le resta: il catenaccio all'antica e rispolverare, perchè no, il libero.

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