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  • Juvemania: Sì, questi siamo noi

    Juvemania: Sì, questi siamo noi

    So che farò un discorso antipatico, e che la maggior parte dei tifosi della Juventus mi manderà a quel paese. Un discorso, oltretutto, controcorrente. Però dobbiamo smetterla di pensare che se la Signora non vince è per forza da buttare. Una volta la Juve era sinonimo di vittorie. Oggi non lo è più. Purtroppo. Il pensiero valeva per gli anni pre-calciopoli. In corso Gelileo Ferraris un'annata senza trofei era insopportabile. E senza trofei la stagione era da considerarsi fallimentare. Ora è la normalità. I tifosi e i giocatori zebrati dovranno abituarsi: passeranno ancora molti anni prima di tornare non tanto a vincere, quanto soltanto a sfiorare un trofeo. E' questa la nuda e cruda realtà. E tutte le persone vicine a questi colori devono farsene una ragione. Dopo lo tsunami del 2006 la Juventus non è più stata in grado di regalare soddisfazioni ai propri tifosi. Solo tante delusioni. Perchè? Certo: fondamentalmente pesano le scelte scellerate da parte della vecchia dirigenza. Ma anche quella nuova, a quanto pare, non sta facendo meglio.

    I tifosi bianconeri non potevano sopportare di vedere una squadra non più in grado di lottare per il vertice di qualsiasi competizione. E allora s'è cercato di fare le cose in fretta, raffazzonate. E s'è rovinato ancor di più il giocattolo. Ora, a distanza di cinque anni, non si ha più la pazienza di aspettare. Ma i veri tifosi si vedono proprio ora, nel momento del bisogno. Sono quelli che sanno soffrire in un momento di magra assoluta. Certo, vedere una storica società caduta così in basso fa male. Anzi malissimo. Ma questo è il presente. Basta pensare che non c'è Juve senza trofei. Anche se non si vincerà nulla nei prossimi anni (impossibile quantificare quanti...), non bisognerà farne una malattia, una tragedia. Altrimenti non si va da nessuna parte. La fretta fa i gattini ciechi. E difatti sotto la Mole ce ne sono a migliaia. Sono già cinque stagioni (quattro dalla risalita in serie A) che non si batte chiodo in quanto a 'tituli'. Bisogna portare avanti un progetto e continuare a crederci. Del Neri è l'intestatario di quel progetto? Allora dobbiamo avere pazienza e aspettare che il suo lavoro faccia breccia, sperando in acquisti più mirati e gagliardi rispetto ai Martinez, ai Pepe e ai Toni. Insisto nel dire che è giusto programmare una rinascita dopo l'anno zero di Agnelli scoccato il 19 maggio dell'anno scorso. Ma non basta schioccare le dite per far tornare tutto come prima. Ci vorrà del tempo prima di vedere i primi risultati.

    Bisogna dare continuità alle idee del tecnico di Aquileia e cercare concretamente la rincorsa ad un trofeo. Altrimenti, senza pazienza, si rischia di buttare via tutto e ripartire da capo ogni anno o ogni due stagioni. E' successo con Deschamps. E' nuovamente accaduto con Ranieri. E il risultato qual è stato? Che ad inizio stagione la Juventus ha dovuto azzerare tutto e ripartire da capo, nonostante quattro anni di 'transizione' nella terra di nessuno. Non voglio più sentire la parola: 'Questa non è la Juve'. Questa, purtroppo, è la Juve. Quella di oggi. Quella del presente. Quella degli anni dopo Calciopoli. Quello che può dare in questo momento. Certo è una realtà demoralizzante, ma cambiando ancora, l'anno prossimo, non si risolverebbe alcunché. Passeranno ancora un po' di anni prima di tornare a vincere. Blanc, Cobolli Gigli e John Elkann, dopo quella tragicomica retrocessione, dissero: 'Vogliamo tornare a vincere entro cinque anni'. E tutti ci avevano creduto. Più che altro, in cuor loro, ci avevano sperato tutti i tifosi della Signora più amata d'Italia. Abituati, da sempre, a vincere, era impossibile immaginarla senza trofei. A conclusione della mia riflessione, è emblematica la frase di Ranieri dopo le sue dimissioni romane: 'Nel calcio c'è il Paradiso e l'inferno. Qui, rispetto all'Inghilterra, è l'inferno'. Ora sono i tifosi a dover tirare fuori gli attributi. E' ora che si vede il vero tifoso. Quello capace di soffrire anche senza vincere nulla.

    Ripeto: tanti di voi mi manderanno a quel paese. La cosa è scontata. La pazienza è terminata e la voglia di rivedere la Juve in alto è tanta. Tantissima. Voglia di raggiungere i traguardi che le competono, anzi, che le competevano. Capisco. L'ho provato e lo sto provando sulla mia pelle, come tutti i tifosi della Juve. Però è ora di mettersi in testa che questo è quello che può dare la Juve. Non ci sono più i Trapattoni, i Lippi, i Capello, i Platini, i Del Piero di una volta, gli Zidane o gli Ibrahimovic. Ora è il tempo dei Pepe, dei Martinez, dei Grygera, dei Felipe Melo, degli Iaquinta o dei Toni. E' durissima da accettare. ma sarà così ancora per molto, nonostante l'anno zero voluto da Andrea Agnelli. Certo è che se anche la sfortuna ci mette lo zampino, siamo a posto. Contro il Bologna è stata una partita molto deludente, a tratti inguardabile. Ma se Iaquinta colpisce il palo, se il tiro di Barzagli e il colpo di testa di Bonucci finiscono a lato di pochissimo, se il tap-in di Toni viene salvato sulla linea da Portanova, non c'è nulla da fare. Quando tutto deve girare storto, gira per il verso sbagliato. Quando non ce n'è, non ce n'è. Ci si aspettava una stagione un po' più tranquilla. Ma ricorda sempre di più quella dello scorso anno.

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