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  • L'addio di Totti rischia di costare la Champions League alla Roma

    L'addio di Totti rischia di costare la Champions League alla Roma

    • Giancarlo Padovan
    Prima dell’addio del capitano in lacrime in un Olimpico in lacrime, c’è stata la partita. Senza Totti e con Totti, ma ugualmente schizofrenica, laterale rispetto all’evento del saluto urbi et orbi, gravemente condizionata da un’emotività trattenuta che l’ha fatta deragliare dentro un labirinto quasi inestricabile.

    La Roma l’ha vinta (46’ del secondo tempo) quando ormai era convinta di aver perso il secondo posto a beneficio del Napoli (vittorioso a Genova in casa della Samp). L’ha decisa Perotti, entrato al posto di El Shaarawy, con  un tiro al volo dall’area del portiere dopo un doppio assist aereo: Fazio e Dzeko su punizione di Nainggolan. Partendo dal fondo della narrazione, lo scenario è da brividi, perchè la partita è stata tutta una rincorsa. Della Roma sul Genoa (da 0-1 all’1-1) e del Genoa sulla Roma (dal 2-1 al 2-2). Ma dopo il secondo pareggio, Lazovic ha colpito in palo e Laxalt ha sbagliato un contropiede che avrebbero  potuto precludere ogni spiraglio di Champions ai giallorossi e fare andare di traverso la festa per Totti (già triste per conto suo).

    Partenza sventata con Pietro Pellegri, esordiente del 2001, a portare in vantaggio il Genoa dopo appena tre minuti. Il ragazzino non solo ha saputo resistere al ritorno di Manolas, anticipando Szczesny in uscita, ma il giorno dopo il gol dello juventino Kean (nato nel 2000), ha stabilito un nuovo primato in fatto di precocità. La Roma, seppur sorpresa da un fatto del tutto inatteso, non ci ha messo molto a pareggiare. Il gol è stato di Dzeko, ventinovesimo in campionato a coronamento del titolo di capocannoniere, a séguito di un’ottima azione di Emerson. Resta il dubbio che il bosniaco abbia colpito di braccio sul primo controllo (tiro finito sul palo), mentre la ribattuta è stata accompagnata in rete con il basso ventre. 

    A quel punto la squadra di Spalletti è salita in cattedra creando una serie di occasioni che ne hanno evidenziato la superiorità, ma non la concretezza. In rapida successione hanno sbagliato Dzeko (due volte) ed El Shaarawy (una), sempre traditi dalla fretta o dalla faciloneria. Non basta. Tutta la squadra ha dimostrato di avere una preoccupazione: andare in vantaggio prima della fine del tempo per permettere l’ingresso in campo di Totti. Si sapeva che l’ultima sua partita non sarebbe potuta durare il tempo di una rapida appaizione, ma si sa anche quanto Spalletti avesse dato una priorità al risultato piuttosto che alle celebrazioni.

    Tuttavia, rispondendo all’impegno preso con il suo capitano, l’allenatore lo ha messo in campo poco dopo l’inizio della ripresa (54’) al posto di Salah. Purtroppo - e non certo per colpa di Totti - la squadra si è allungata, anche se ha continuato a sfornare una serie di occasioni che l’avrebbero potuta condurre al vantaggio. Però difficilmente sarebbe successo se non vi avesse provveduto De Rossi, in anticipo proprio su Totti, al 28’ della ripresa. Partita finita? Bastava guardare Luciano Spalletti per capire che così non era. Sei minuti dopo, infatti, Lazovic ha messo dentro un pallone mancato da Szczesny e da Mario Rui, sostituto - fin dal primo tempo- di Emerson, per il quale si teme un grave danno ad un ginocchio. 

    In pieno psicodramma e con Totti chiamato ad inventare qualche proprizia situazione di gioco, la Roma ha più rischiato (palo di Lazovic) che creato. Squadra non solo spezzata in due, ma addirittura con alcuni uomini (Fazio, ma anche Manolas) ormai fuori zona, forse perché in cerca di qualcosa di casuale che favorisse il gol. Niente fino al primo minuto di recupero, quando Perotti ha trafitto Lamanna. Roma direttamente in Champions, Spalletti e Szczeny (nella partita uno dei peggiori) che saluteranno, Totti che lo fa con un discorso pieno di pause commosse.

    Domani è un altro giorno, non un giorno come un altro.

    @gia_pad

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