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  • L'estate dei traditori, ma Bernardeschi è un tradito. Bonucci invece...

    L'estate dei traditori, ma Bernardeschi è un tradito. Bonucci invece...

    • Stefano Agresti

    Si dice che sia l’estate dei tradimenti. Come tutte le estati, del resto. Ma questa un po’ di più. Prendete il povero Kolarov, che se n’è andato per sette anni al City e poi ha deciso di tornare a Roma, però non nella squadra in cui è esploso (la Lazio) bensì nella dirimpettaia. Ebbene, pensava che tanto tempo in quel di Manchester lo avessero - diciamo così - purificato. Macché: s’è preso insulti dai laziali, per i quali è un traditore, e dai romanisti, per i quali è un laziale. Eddai...

     

    Diverso il discorso per chi il salto lo fa in modo diretto, senza cuscinetti stranieri: qui la faccenda si fa un po’ più complessa. Bernardeschi, ad esempio. Fiorentino, numero 10 viola, incoronato come nuovo simbolo. Poi, però, la svolta: “Chi non andrebbe alla Juve?”. Altissimo tradimento: la rivalità è storica, il passaggio dei ’10’ in bianconero ha sempre acceso gli animi, Antognoni non accettò mai la corte di Agnelli e per questo a Firenze è ancora adorato, Baggio fu costretto a dire sì e scoppiò la rivolta popolare.

     

    Stavolta, però, la storia è differente. La Fiorentina è una società da zero ambizioni, sta cedendo chiunque, la squadra viene smembrata un giorno dopo l’altro: la proprietà ha tradito la città. E allora perché Bernardeschi sarebbe dovuto rimanere in viola? La scelta sarebbe stata ai confini del masochismo: avrebbe guadagnato quasi la metà, avrebbe vinto probabilmente nulla, avrebbe lottato per il settimo posto. Se i programmi fossero stati diversi, anche semplicemente quelli di qualche anno fa (di quando si investiva su Mario Gomez e Pepito Rossi e si impedivano le partenze di Toni e Mutu), allora la fine della vicenda avrebbe potuto essere diversa. Ma non così, non oggi. Bernardeschi, da fiorentino, è un tradito, certo non un traditore.

     

    C’è poi la questione Bonucci e qui il quadro cambia ancora. Perché c’erano crepe evidentemente insanabili tra Leo e Allegri, perciò il divorzio era probabilmente inevitabile. Ma il fatto che se ne sia andato al Milan, che sta cercando di tornare a lottare per lo scudetto proprio con la Juve, beh questo trasforma la sua decisione: non un semplice addio doloroso, ma qualcosa di molto simile a un tradimento. Avrebbe potuto scegliere l’Inghilterra, lo avrebbero accolto a braccia aperte. Niente da fare: vuole dimostrare che la Juve è più lui che Allegri. Scontato che i tifosi bianconeri non gli buttassero baci vedendolo partire.

    @steagresti
     


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