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La barzelletta del calcio in Borsa

La barzelletta del calcio in Borsa

Sul finire degli anni Novanta l’approdo delle società in calcio in Borsa era un dogma indiscutibile, Sergio Cragnotti e quelli come lui ne erano i profeti. Il mercato, questa la tesi dei talebani della quotazione, avrebbe favorito la trasparenza dei bilanci e la buona gestione. Oltre a fornire capitali freschi e creare una proprietà diffusa.

Invece, come è quasi sempre avvenuto nella storia d’Italia, il cosiddetto ‘parco buoi’ (cioè i piccoli risparmiatori che si fidano del funzionario della propria banca, che se fosse davvero capace farebbe il trader e non l’impiegato) ha regalato i propri soldi ai soliti furbi che hanno ceduto quote non strategiche delle aziende facendole strapagare. Il tutto con la connivenza di analisti bravi a prevedere il passato, in maniera non dissimile dai vituperati giornalisti sportivi. Adesso in Italia e in Europa per molte di queste ‘sòle’ si parla apertamente di delisting, cioè di uscita dalla quotazione.


E non è un caso che la Consob abbia ammonito Juventus, Lazio e Roma (le tre società che in Italia sono state quotate) a più riprese. Nel 2009 l’ex presidente Lamberto Cardia aveva definito un errore la quotazione di questi club, adesso la Consob (tramite la sua newsletter e varie raccomandazioni) ha messo nel mirino la loro informativa al mercato, in particolare in materia di stipendi ai calciatori. In sostanza la commissione ha chiesto a Juve, Lazio e Roma di specificare meglio i compensi riservati sia ai calciatori che soprattutto agli intermediari.

Il problema non è solo il fatto che spesso i dati siano forniti solo a livello aggregato (traduzione: dal bilancio si capisce solo quale sia il monte ingaggi lordo, ma non quanto percepisca quel calciatore o quel procuratore), ma anche che spesso sia oscura la parte variabile dei contratti stessi. A volte ancorata ad obbiettivi sportivi risibili (esempio: dieci presenze in campionato) e quindi di fatto considerabile come qualcosa di fisso. Inutile dire che la trasparenza permetterebbe di capire i rapporti fra certi dirigenti e certi procuratori, un obbiettivo che sarebbe auspicabile anche per i bilanci dei club non quotati.

Tutt’altro capitolo le dichiarazioni dei dirigenti, con i relativi influssi sull’andamento del titolo. Gli amici degli amici sanno ovviamente tutto prima, creandosi così la pensione integrativa.
 


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