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  • La dura legge del calcio: la sentenza sul Napoli ridefinisce il concetto di illecito sportivo

    La dura legge del calcio: la sentenza sul Napoli ridefinisce il concetto di illecito sportivo

    Anche per il Napoli si è finalmente chiusa la vicenda relativa al calcioscomesse. Venerdì scorso la Corte di Giustizia Federale ha, infatti, accolto in appello il ricorso del club di De Laurentiis ponendo fine al procedimento disciplinare presso gli organi di giustizia sportiva.

    Riepiloghiamo velocemente i fatti: in primo grado, la società partenopea aveva subito due punti di penalizzazione nell'attuale campionato a titolo di responsabilità oggettiva, a seguito della squalifica di tre suoi tesserati - Matteo Gianello, Paolo Cannavaro e Gianluca Grava - ad opera della Commissione Disciplinare.

    Oggetto del giudizio era la partita Sampdoria-Napoli del 2010, che il primo, all'epoca portiere del club campano, aveva confessato agli inquirenti di aver cercato di combinare, cercando - in vano - la complicità degli altri due compagni di squadra. 

    Conseguentemente, a seguito delle indagini e del deferimento ad opera del Procuratore Federale Palazzi, la Commissione Disciplinare infliggeva a Gianello, ritenendo non congrua l'istanza di patteggiamento presentata, una squalifica di 3 anni e 3 mesi, così come disposto dal comma 5 dell'articolo 7 del Codice di Giustizia Sportiva per i casi di illecito sportivo (da intendersi come quegli atti "diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione"); mentre per gli altri due tesserati del Napoli, scattava una sospensione di 6 mesi per violazione dell'obbligo di denuncia ai sensi dell'art. 7 comma 7 del medesimo Codice.

     
    Come anticipato, però, l'esito del giudizio veniva diametralmente ribaltato in sede di appello. La vittoriosa strategia difensiva del Napoli aveva mirato fin da subito a fare emergere le incongruenze della confessione di Gianello al fine di ottenere un pieno proscioglimento. Venuto meno il coinvolgimento dei due ex compagni, non poteva dunque sussistere in capo a loro alcun obbligo di denuncia.

    Conseguentemente, Gianello è stato condannato a 21 mesi di squalifica per violazione degli articoli 1 (ovvero il rispetto degli ormai celeberrimi principi di lealtà, probità e correttezza) e 6 (concernente il divieto di scommesse) del Codice. A seguito della derubricazione da illecito a slealtà, il Napoli dovrà soltanto versare un'ammenda pari a 50 mila Euro a titolo di responsabilità oggettiva, mentre sono cadute del tutto le accuse nei confronti di Cannavaro e Grava perché il fatto non sussiste.

    Si tratta senza dubbio di una pronuncia molto importante, perché ridefinisce il concetto di illecito sportivo, rendendo necessari maggiori riscontri probatori anche aldilà di una mera confessione del soggetto deferito.

    In attesa di conoscere entro 30 giorni le motivazioni della decisione, i tifosi partenopei possono tirare un sospiro di sollievo perché il Procuratore Federale non potrà impugnare tale sentenza favorevole nei confronti del Napoli (in caso contrario il club avrebbe potuto, invece, adire il TNAS del Coni in ultima istanza).

    Centro Studi Diritto Sport
    www.centrostudidiritosport.com
    con la collaborazione della Dott.ssa Eva Materassi


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