Calciomercato.com

  • La nuova anima del Palermo di Pioli

    La nuova anima del Palermo di Pioli

    , inevitabilmente segnata dai carichi di lavoro ed in progressivo ma lento divenire, l’integrazione calcistica dei nuovi elementi in organico, la caratura degli sparring-partners che fungono da avversari, il processo di assimilazione di un credo tattico, magari in antitesi al sistema precedente, impartito da un nuovo allenatore.

    Chi si arroga la saccenza calcistica di sputare sentenze inconfutabili a cavallo tra luglio ed agosto, stilando le sue classifiche virtuali sotto l’ombrellone, ridisegnando la mappa dei trofei ed assegnando biasimi e benemerenze ai protagonisti, viene spesso sbugiardato dalle legge del rettangolo verde che, a tempo debito, traspone sul campo il progetto estivo di presidenti, tecnici e direttori sportivi, attestandone il compimento e stabilendo valori e gerarchie reali.

    Calcio d’estate privo di verità assolute ma prodigo di indizi, sensazioni, alcune illusorie altre verosimili. Tutte comunque utili a creare un’idea di base sull’identità tattica ed il gioco di una squadra, un’idea da modellare ed arricchire di settimana in settimana fino a suffragarla, o magari a stravolgerla del tutto, quando i tre punti conteranno davvero qualcosa.

    L’amichevole disputata e vinta contro il Siena di Sannino, compagine neopromossa ma comunque parigrado, è stata sicuramente il primo test attendibile per il nuovo Palermo di Stefano Pioli. Un test sulla base del quale, con la prudenza e la cautela del caso, è stato possibile trarre qualche impressione sul percorso intrapreso dal neo tecnico rosanero.
     

    LA FASE DIFENSIVA



    La metamorfosi, tattica e concettuale, rispetto al Palermo temerario, spettacolare ed iper offensivo della gestione Rossi, appare evidente. D’altronde la priorità nell’impattare la nuova stagione era quella risolvere il problema della vulnerabilità difensiva, vistoso squarcio nella pregiata tela di calcio totale tessuta dal maestro Delio.
    Il 3-4-2-1 è al momento il modulo di riferimento sul quale l’ex tecnico del Chievo ha insistito in questo ritiro. Tre difensori centrali di ruolo, i due esterni alzati all’altezza della linea mediana, due interditori a fare da schermo in mezzo al campo, due trequartisti a supportare un terminale offensivo di riferimento.

    Un assetto che, con qualche variante, provò invano ad inculcare Cosmi nella sua disastrosa parentesi con scarsi risultati, ma tempi strettissimi e contingenze psicologiche e motivazionali non fanno di quell’esperimento un parametro di comparazione attendibile.
    La squadra, rimasta sino ad ora simile nella sua intelaiatura, è mutata per due-tre undicesimi in alcuni interpreti ed ha comunque avuto modo di lavorare sin dal primo giorno di ritiro su questo assetto provandone principi e sincronismi nelle due fasi.
    Ovviamente il processo di apprendimento ed acquisizione dei nuovi automatismi, di movimenti inediti e tempi di giocata diversi, necessita di pazienza, applicazione e tempo.
    L’impressione generale maturata nel test contro il Siena è certamente di un Palermo più quadrato, compatto, equilibrato nella fase di non possesso che esegue con ordine e disciplina. Pur riconoscendo il valore non eccelso della batteria offensiva toscana, nell’arco dei novanta minuti il Palermo non ha mai rischiato su azione manovrata, (se si escludono un paio di accelerazioni di Reginaldo sfuggito a Pisano in avvio) ha preso gol su calcio piazzato (Sirigu non perfetto nella circostanza), è rimasto molto corto tra i reparti creando buona densità e non facendosi mai trovare mal disposto sulle ripartenze avversarie.
    Quando manovrava il Siena si è potuto notare come gli esterni rosanero si abbassassero sulla linea difensiva componendo quasi un reparto a 5, con uno che accorciava sul lato della palla e l’altro che temporeggiava sul fronte opposto pronto a chiudere la diagonale su un eventuale cambio di gioco.
    Sulla solidità e lo spessore di Bovo e Mantovani non sussistono dubbi, Munoz razionalizzando la sua forza fisica non pùo che crescere sotto la loro ala. Il filtro garantito in zona centrale da due superbi interpreti del ruolo come Nocerino e Migliaccio conferisce ulteriore solidità. L’intermittente ma generoso contributo che i due trequartisti Ilicic e Zahavi provano a dare in fase di ripiegamento è un buon segnale di applicazione.


    SPRAZZI DI CHIEVO



    Lodevole, nei primi venti minuti di match, il tentativo di riproporre un marchio di fabbrica del Chievo di Pioli ovvero il pressing alto che parte dai tre davanti e si sviluppa con una scalata progressiva delle marcature: la linea mediana che accorcia immediatamente nel tentativo di recuperare palla sulla trequarti e verticalizzare, la linea difensiva che si alza quasi fino a metà campo per mantenere la squadra corta e togliere profondità all’avversario. Un modo aggressivo di interpretare il modulo a tre, per togliere tempo e spazio di giocata al tuo avversario e comprimerlo nella sua metà campo, molto dispendioso dal punto di vista fisico e, per certi versi rischioso, se non eseguito in maniera organica con tempi e sinergie corrette tra i reparti. Un atteggiamento difficile da mantenere per tutto l’arco della gara e applicabile per ovvie ragioni solo in determinate contingenze ed in regime di condizione fisica ottimale.


    LA MANOVRA OFFENSIVA



    Risultato e gol a parte, la fase propositiva vista contro il Siena, in relazione al metodo adottato, desta, se non qualche perplessità, qualche spunto di riflessione. Come cambierà il modo di attaccare di questa squadra? Impossibile dirlo adesso. A ´naso´ azzardiamo che il Palermo visto ieri è una squadra ordinata nel giropalla difensivo con Bovo regista e leader in sede di partenza dell’azione. I due esterni, Cassani da una parte e Pisano dall’altra, sono apparsi più prudenti ed hanno centellinato le sortite accompagnando si la manovra ma non arrivando quasi mai sul fondo limitandosi a scaricare sul trequartista ed a mantenere la posizione.

    Zahavi ed Ilicic, alternandosi nel venire incontro hanno il compito di accendere la luce tra le linee e cadenzare tagli della punta, gli inserimenti dei centrocampisti, le eventuali sovrapposizioni degli esterni.
    Nel test contro i toscani, magia dell’israeliano a parte nell’assolo del tre a uno, sia Zahavi che Ilicic hanno fatto poco, non trovando tempi e funzionalità nelle loro giocate ma le attenuanti di condizione per lo sloveno e di noviziato per l’ex Hapoel Tel Aviv sono più che legittime. Pinilla è apparso già in forma campionato sciorinando forza fisica, tecnica e consueta intelligenza calcistica nel far salire la squadra e giocare di sponda per i compagni. Ieri, in verità, la squadra di Pioli ha fatto molta circolazione di palla ma costruito pochino, lo sviluppo della manovra è stato si lineare ma ordinario e poco fluido, privo di grandi acuti.


    L’IMPORTANZA DI BOVO



    Assodato che i concetti di gioco ci sono e che la brillantezza verrà col tempo, ci permettiamo alcune considerazioni: la scelta dei due interditori puri in mezzo al campo e l’assenza di un playmaker classico rende a nostro avviso imprescindibile l’utilizzo di Bovo al centro del pacchetto difensivo, centrale con piedi da trequartista. Il difensore romano può, con la sua visione di gioco periferica ed il suo calcio pulito, dare qualità e raziocinio in fase di partenza dell’azione. Sia per la distribuzione del gioco sulle corsie, sia per la transizione sui trequartisti, il fosforo del numero cinque rosanero può parzialmente sopperire alla pochezza di qualità in mezzo al campo. Cetto, Mantovani e Goian sono difensori di collaudata esperienza ma con ben altre caratteristiche rispetto al centrale di scuola giallorossa, hanno rudezza e fisicità da marcatori puri ma non possono certo assumersi l’incombenza di dare limpidezza all’origine del la manovra.

    La possibilità, neanche troppo remota, che il club decida di privarsi di Bovo in quest’ultimo mese di mercato ci suona come un azzardo eccesivo che potrebbe presto rivelarsi un errore.



    IL DOPO PASTORE



    Basta osservare la rosa dei centrocampisti centrali in organico (Migliaccio, Nocerino, Acquah, Bacinovic, Simon)per comprendere che il reparto è gladiatorio per interdizione e sagacia tattica ma, per caratteristiche individuali, palesemente monocorde. In ragione di ciò il ruolo dei trequartisti nel Palermo di Pioli sarà più che mai fondamentale. Dovranno accorciare, venire incontro, tessere con qualità le trame offensive, creare la superiorità nell’uno contro uno, conferire genio ed estro nei venti metri, rifinire e, all’occorrenza, finalizzare. Non è roba da poco ed in quella fetta di campo bisogna avere certezze. Il loro spessore tecnico e la capacità di estrinsecare talento con continuità possono impreziosire uno schema codificato e prevedibile trasformandolo in un lampo geniale utile a scompaginare un dispositivo difensivo correttamente schierato. Una continuità che spesso difettava anche ad un talento purissimo come Javier Pastore che si è preso la scena nel calcio italiano proprio quando, prodigi balistici a parte, ha permeato di concretezza la sua classe cominciando ad avere un peso specifico importante nell’economia del gioco della squadra che fu di Delio Rossi. Un valore aggiunto, El Flaco, di cui Pioli con ogni probabilità dovrà fare a meno.

    Basteranno Ilicic, Zahavi e Gonzalez a dare adeguate garanzie nel ruolo per disputare una stagione ad alto livello? Dello sloveno conosciamo i colpi ad effetto e la sua statura complessiva ma anche il rendimento ondivago, sull’israeliano siamo pronti a scommettere per talento e qualità tecniche ma consapevoli che necessiterà di un periodo di apprendistato per acquisire ritmo e acume tattico e divenire organico alla causa. L’argentino ex Novara ci sembra più una seconda punta o un attaccante esterno da 4-3-3 che non un rifinitore. Bertolo, altra alternativa utilizzata da Pioli tra le linee, interpreta il ruolo in maniera più fisica e dinamica, da centrocampista votato all’inserimento senza palla. Che ci voglia ancora qualcosa sul mercato? Pioli avrà modo di lavorare per esaltare le caratteristiche di ognuno trovando trame ed equilibri ma, ad oggi, il quesito si insinua.
    Il tecnico rosanero sta lavorando anche ad altre soluzioni tattiche e, proprio in merito al reparto offensivo, ha chiarito che in futuro potremmo anche vedere un Palermo diverso con un trequartista e due punte di ruolo. Modulo certamente più incline ad esaltare le caratteristiche di attaccanti come Hernandez e Miccoli, rapidi e bravi nell’incrociare ed attaccare la profondità, capitalizzare il lavoro sporco di una punta centrale e sfruttarne le sponde. L’uruguaiano ed il Romario del Salento non possono, a differenza di Pinilla, fare reparto da soli e, se schierati da terminali unici, tendono per caratteristiche fisiche e tecniche a rimanere avulsi dalla manovra nel caso in cui la squadra si schiaccia troppo e perde il pallino del gioco. Come è accaduto ad un Miccoli voglioso ma rimasto isolato nel secondo tempo del test contro il Siena.


    GLI AGHI DELLA BILANCIA



    Veri aghi della bilancia del nuovo Palermo di Pioli saranno, inoltre, gli esterni rosanero, tra i migliori del panorama calcistico nazionale per qualità e continuità di rendimento. Mattia Cassani e Federico Balzaretti saranno chiamati ad un super lavoro nelle due fasi, schierati venti metri più avanti dovranno bruciare le corsie cercando di essere puntuali nella chiusura delle diagonali difensive e di razionalizzare la fase di spinta senza però snaturare le loro caratteristiche peculiari. Il modulo a tre finirà per esaltarne i pregi o per evidenziarne i difetti? Pisano, Di Matteo, Lores Varela costituiranno valide alternative sull’esterno dopo la sequela dei giovanotti risultati troppo acerbi e non pronti a misurarsi a certi livelli? Dalla risposta a questi e agli altri interrogativi precedentemente sollevati che solo il campo, galantuomo quanto il tempo, potrà dare, si evincerà il ruolo che il Palermo di Stefano Pioli potrà recitare nelle tre competizioni a cui parteciperà nella prossima stagione agonistica.


    LA SCOMMESSA DI PIOLI



    Per stile, educazione e pacatezza ci ricorda Delio Rossi. Calcisticamente la sua è una filosofia certamente diversa da quella del profeta di Rimini, non migliore o peggiore, ma dalle connotazioni tattiche sostanzialmente difformi. Proviamo ad immaginarla la nuova anima della compagine di Stefano Pioli: un Palermo più pragmatico, compatto, molto attento al mantenimento degli equilibri, alla coesione ed alle distanze tra i reparti. Una squadra forse meno spettacolare sotto il profilo estetico, non più istintiva ma razionale, equilibrata ma non rinunciataria. Immaginiamo un Palermo meno avvolgente e narciso nello sviluppo della manovra, che più che circuire e dominare l’avversario proverà ad irretirlo ed infilarlo giocando di più sulle seconde palle, pressando alto al fine di rubare palla e verticalizzare per innescare il talento dei tre davanti. Qualche fraseggio ed orpello in meno, tanto ritmo ed intensità in più. Parole d’ordine: equilibrio ed attenzione, perchè non esporre il fianco all’avversario è importante tanto quanto azzannarne il cuore. Una squadra che, almeno nelle intenzioni, proverà ad essere meno aristocratica ma più laboriosa e saggia nel modo di stare in campo. Il proposito dell’ex tecnico clivense è quello di modellare un collettivo che, pur mantenendo i suoi presupposti di tecnica e propositività, sia più lucido e sornione nell’interpretare le fasi della gara, che non sia arrembante a priori ma colga i momenti giusti per cambiare passo. Un calcio che non sempre ruberà l’occhio ma si spera porti in dote molti punti in più e tanti reti al passivo in meno.

    Il Pioli pensiero traccia comunque una linea di demarcazione netta con l’era Delio Rossi ponendosi in antitesi al credo dell’ex tecnico di Lazio e Palermo e tracciando una nuova strada. Ciò non significa che non possa magari risultare efficace tanto quanto, se non di più, in termini di risultati. Questo per sottolineare che l’ex allenatore del Chievo merità di essere valutato senza pregiudizio alcuno evitando insensati e sterili paragoni col passato. L’umiltà e l’operosità con le quali si è presentato alla piazza meritano rispetto e fiducia, la capacità di argomentare le scelte tattiche e spiegare in modo articolato movimenti e finalità del suo calcio denota preparazione e buona fede.
    Il suo Chievo esprimeva un calcio pragmatico e sostanziale, basato sull’aggressività, sul ritmo, sulla capacità di rubare palla e verticalizzare, di sfruttare le corsie laterali e la profondità senza mai perdere le distanze e la compattezza quando la palla era in possesso dell’avversario. Una squadra organizzata ed intelligente, conscia dei propri limiti e capace di leggere le fasi della gara, di capire quando aspettare e quando aggredire.
    A lui il compito di ricalcare questi principi virtuosi e plasmarli con le dovute varianti su un organico diverso per base qualitativa, cifra tecnica e varietà di opzioni. A lui il compito di coniugare il concetto di equilibrio e solidità difensiva con la ricerca di trame offensive incisive, al fine di scardinare anche quelle difese schiacciate che non concedono ripartenze e profondità ma curano maniacalmente la copertura ed il presidio degli spazi.
    Sarà questa la vera scommessa di Pioli, tecnico emergente e preparato, oggi etichettato da alcuni dotti della materia con un laconico e semplicistico “bravo nella fase difensiva”. Ma a noi le etichette non piacciono, specie quelle affibiate dagli altri magari con colpevole superficialità. Noi apprezziamo la serietà, la chiarezza, rispettiamo il lavoro. Ed è proprio quello che, a tempo debito, ci permetteremo di valutare con spirito critico, costruttività e buona fede come il nostro ruolo ci impone.
    Il 28 luglio contro il Thun, al "Barbera", bisogna già schiudere le porte dell’Europa e, allora, buon lavoro mister!
    Alla faccia delle etichette...


    Altre Notizie