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  • La Stampa-Repubblica, quanti dubbi. Cairo e Della Valle, mani sulla Gazzetta?

    La Stampa-Repubblica, quanti dubbi. Cairo e Della Valle, mani sulla Gazzetta?

    • Luca Borioni
    Scusate il fuoripista, cari utenti di calciomercato.com ma come avrete già appreso, è nato un nuovo e importante gruppo editoriale: La Stampa e Repubblica fanno ora parte di un’unica e comune proprietà. Ieri l’annuncio è stato dato ai dipendenti delle rispettive aziende, mentre è già tempo di reazioni e di analisi. Vorremmo parlarne anche qui, su questa piattaforma libera da padroni ingombranti o logiche aziendali. E non dite: che c’entra con il calcio? Ci muoviamo pur sempre sul comune terreno dell’informazione.

    Il dettaglio più evidente è quello della quota di mercato: la nuova realtà editoriale, forte delle posizioni storicamente acquisite dal gruppo L’Espresso e da Itedi (ovvero il gruppo che a sua volta era stato da poco creato con la fusione tra La Stampa e Secolo XIX) va ad occupare il 20% nel settore editoriale, diventando di fatto leader assoluto. Questo potrebbe far pensare a strategie di sostanziosi investimenti nell’informazione digitale, in una pronta risposta alla crisi inarrestabile del giornalismo tradizionale e quindi in nuove strade editoriali da percorrere. Ma verosimilmente bisogna considerare altri scenari. Il modello di business legato al giornalismo tradizionale non esiste più, ai grandi giornali sono rimaste solo grandi spese. Sulle cause potremmo discutere a lungo. La miopia degli editori è stata (ed è) inconfutabile. 

    D’accordo che ovunque nel mondo i ricavi della carta stampata si sono ridotti e la pubblicità è scappata, ma almeno negli Usa come altrove in Europa, hanno lavorato e lavorano per studiare strade alternative, cosa che da noi avviene sempre, nel caso, solo di rimbalzo e con imbarazzante ritardo. Comunque i conti ancora non tornano e come la precedente fusione “di successo” sull’asse Torino-Genova ha portato a una riduzione di posti e ai soliti prepensionamenti, così si può immaginare che anche i primi passi del nuovo megagruppo saranno inevitabilmente orientati a un ridimensionamento occupazionale.  Del resto questo accordo era nell’aria da tempo e arriva singolarmente in coincidenza con l’annunciata nuove legge sull’editoria che porterà nuovi fondi agli editori da usare anche per i prepensionamenti. Il nuovo gruppo peraltro si annuncia politicamente in linea con il Governo attuale e in questo senso l’appiattimento ideologico che si può prevedere non entusiasma. Ma si sa che di questi tempi l’informazione controcorrente è affidata a poche e piccole testate, tipo Il Fatto.

    In ambito sportivo un’operazione simile l’avevamo già registrata anni fa con l’accorpamento di Tuttosport al gruppo Amodei, editore del Corriere dello Sport. Non si ricordano conseguenze positive, se non ciò che gli editori interessati in queste circostanze ogni volta paventano: se non avessimo fatto così, questo giornale avrebbe chiuso. Un classico della scena editoriale italiana dove – come segnala anche Luca Sofri nella sua riflessione online - il concentramento dei grandi gruppi editoriali è una tendenza ricorrente  e passa tra l’altro sempre dalla solita cerchia di direttori intercambiabili. La svolta decisa dalla famiglia Agnelli, d’intesa con i De Benedetti ha segnato anche l’uscita della Fiat (ora Fca) da Rcs dove fino a ieri Elkann (nella foto di lastampa.it) ed Exor detenevano una partecipazione ormai storica. Anche da quelle parti si prevedono smottamenti. Qualcuno sussurra che nel cda del Corriere della Sera entrerà presto un nuovo azionista (Caltagirone?) con conseguente possibile sinergia con Il Messaggero e passaggio della Gazzetta dello Sport ai già presenti (nel cda) Cairo e Della Valle. Nuovi cambiamenti epocali in arrivo sull’orizzonte mediatico, ma perché è così difficile credere che saranno davvero novità interessanti e da condividere? 

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