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  • 'La vita lo aveva segnato, lui aveva risposto alla grande'

    'La vita lo aveva segnato, lui aveva risposto alla grande'

    Checchi sa bene che con il cuore non si può scherzare. Ivone De Franceschi, passato anche dal Chievo tra il 2002 e il 2005, si era fermato dopo diciassette anni di carriera a causa di un'anomalia cardiaca. Ormai era quasi alla fine della sua attività. Ma, si sa, l'imponderabile è sempre dietro l'angolo. E il fisico è in continua evoluzione. Bastano anche minimi cambiamenti per modificare parametri fin lì eccellenti, e far emergere all'improvviso problemi rimasti nascosti. Questo per dire che i controlli non basteranno mai. Checchi, comunque, conosceva molto bene Morosini. Lo ha portato lui al Padova quando era direttore sportivo. E adesso è distrutto dal dolore.  Impossibile far emergere oggi l'immagine sorridente e guascona del centrocampista padovano che in gialloblù aveva regalato qualche fiammata di talento. Non, non c'è vita nelle parole di Checchi. Solo dolore. Profondo dolore.


    De Franceschi, Morosini...
    «...non serve una domanda. Morosini era di un'altra categoria. E non sono le solite frasi fatte che si appiccicano addosso alle persone che sono venute a mancare. Lui era diverso. Grande. Più grande di noi. La vita lo aveva segnato. E lui aveva risposto alla grande. Del calciatore non parlo nemmeno».

    Tragedia in campo. Troppe ultimamente. E lei si è fermato in tempo
    «Mi hanno trovato un'anomalia al cuore. Dopo 17 anni di carriera da professionista mi sono fermato. M ritengo un ragazzo fortunato. Io ho fatto quello che dovevo fare. Purtroppo non è andata così a Morosini. Parlare degli aspetti medici non mi va. Pensi sempre: magari qualcosa in più per salvaguardare la salute del ragazzo si poteva fare. Accusare o sentenziare ora non ha senso, non cambia le cose».

    E Morosini è l'ultimo di una lunga lista
    «Resti senza parole. Ti avvolge la paura e lo sconforto. Da quando è successo il fatto di Morosini, sto malissimo. Non voglio farmene una ragione. Ripenso a quello che ho visto, ripenso al ragazzo che ho conosciuto».

    Chi lo ha conosciuto parla spesso del sorriso del ragazzo... «Piermario trasmetteva una grande forza. Ed era pure un bravo centrocampista. Lo avevo voluto a Padova perché mi era piaciuto subito. Lo 'senti' che era un ragazzo giusto. Diverso».

    Segnato da una profonda sofferenza
    «Appunto. E se resti calmo, trasmetti serenità, dimostri di avere grande forza, vuol dire che per forza di cose sei speciale. Vuol dire che Morosini era un ragazzo da dieci e lode».

    Il calcio si è fermato, il silenzio impone quasi di trovare una risposta a quello che è successo
    «Ma la risposta non c'è. Non la trovi. Non esiste. E allora monta la rabbia. E io mi incazzo e dico: perché a Morosini? Perché a 25 anni? Perché dopo una vita così sofferta. Aveva perso tutto. Mamma, papà, un fratello. Non bastava? Avvenimenti così tragici ti spezzano in due. E lui, invece, aveva dimostrato grande forza. Ma dai...».

    D'accordo, non parliamone più
    «Non saprei cosa aggiungere. Sono distrutto. Mi guardo in giro, butto gli occhi verso l'alto. Io quella maledetta spiegazione a quello che è successo la cerco sempre. Ma so che non la troveremo mai»

    Lei prima ha detto: sono un ragazzo fortunato...
    «Siamo in tanti ad essere fortunati. Ripenso al mio problema. E vedo che sono ancora qua. Penso a Piermario...e non so più davvero cosa dire».


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