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  • Lazio-Palermo:| Quando Piola vinceva da solo

    Lazio-Palermo:| Quando Piola vinceva da solo

     

    Verso fine febbraio del 1936, ossia dell’anno XIV di una assai buia era, una tonica e bene attrezzata Lazio affrontava, nel paludato scenario dello Stadio Nazionale del Partito, i malmessi, pericolanti avversari del Palermo. L’incontro, di serena routine per gli aquilotti, venne deciso in virtù di un terno secco personalmente estratto, sulla ruota di Roma però biancoceleste, dal centravanti maestoso Silvio Piola: il “gran pavese” realizzava nella frazione iniziale una doppietta, incornando in rete possente e inesorabile di capo, quindi, nella ripresa, chiudeva conti e giochi anticipando, astuto e tempestivo, il portiere in uscita avventata, con il destro. Sbocciato e poi valorizzato appieno fra le fila delle candide, leggendarie casacche vercellesi, il ragazzone venne presto appetito e corteggiato dai potenti, ricchi e ammalianti club settentrionali. Sennonché l’ingegner Galdi, presidente introdotto a Palazzo e insieme risoluto, in pieno ‘34, ponendo sopra il piatto del banco trecentomila seducenti lire, sbaragliava la folta, sbalordita concorrenza, acquisendone le gesta contese in via esclusiva. Assoldato alla nuova missione alquanto controvoglia, ne fu presto viceversa coinvolto nel profondo, dimorando per nove liete stagioni in seno all’Urbe e accomiatandosi infine mesto, causa guerra. 

    Il fresco acquisto subito esordiva, esplodendo due botti fragorosi, in nazionale a Vienna, ove espugnava il Prater e intraprendeva un percorso luminoso. Culminerà, con trenta gol totali realizzati in carriera in maglia azzurra, con il lustro di bomber della storia, nel trionfo ai Mondiali di Parigi. Nella terra di Francia, mai tenera cugina, si consacrava fuoriclasse assoluto e completo a livello di pianeta, trascinatore principe per grinta e per coraggio, paladino fervente e ariete ardimentoso. 

    Mito internazionale del football e asso di carisma universale, Piola mordeva a volte il freno, nel cortile, spesso limitante ed angusto, della Lazio. Avvinto ai biancocelesti colori come pochi, sudava a fiumi e lottava quale alfiere caparbio sul terreno, sputando non metaforico sangue se del caso. 

    Non vincerà alcunché, con la sua amata squadra, ma assurgerà per due volte comunque - impresa certamente non da poco - sopra il trono, assai ambito peraltro e battagliato, dei tiratori scelti in campionato. Longevo oltre ogni dire, segnò ovunque a bizzeffe, molto più di chiunque, cannoniere sovrano nell’albo d’oro dell’Aquila oltre che in serie A, in chiave generale. Biancoceleste migliore di ogni tempo, convogliava, alla causa del club, ammirazione diffusa e schiere di tifosi. 

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