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  • Laziomania: proteggi questo mio Keita

    Laziomania: proteggi questo mio Keita

    Proteggi questi miei ragazzi. Proteggi, questo mio Keita Balde. Proteggi dalle esultanze. Diverse tra loro, ma tutte rivolte al pubblico. Candreva segna, fa un gesto imperioso direzione Tribuna Monte Mario: contro la stampa? Contro qualcun altro? Non è dato saperlo: il giocatore nel post-partita glisserà: è un dito davanti alla bocca senza “nessuna polemica”, il suo. 

    Ma dacci oggi il nostro dito polemico: se ogni volta dovesse arrivare una doppietta, un assist e un rigore procurato, dacci tutta una mano polemica, che questa Lazio ha bisogno di risalire in classifica ancora (quella stessa classifica che oggi sorride un po’ di più). Oltre alle dita c’è di più: Cataldi alle orecchie mette le mani, a chiedere il boato di una curva che non c’è (quando finirà quest’assurda divisione? Quando torneranno allo Stadio, uniti, senza barriere?) ma che comunque regala al Divin Danilo il giusto tributo al primo gol in A, nonostante un primo tempo troppo impreciso in fase di costruzione, con qualche tempo di gioco di troppo e qualche imprecisione censurabile (molto meglio nella ripresa, a due tocchi). Proteggi questo mio Keita Balde: non ricordate, all’ennesima esultanza polemica, altro dito di fronte alla bocca, quasi una moda oramai, per carità non ricordate a Keita il peso specifico della maglia che indossa. Ricordiamo a tutti chi porta forte il peso di questa stagione disgraziata: non certo i ragazzini, non certo chi vuole più gente allo stadio (cosa sacrosanta, al di là delle motivazioni civilissime), non certo dei tifosi o di chi ritiene, come il catalano-senegalese, che i fischi dei tifosi siano “inutili” (e nell’ottica del calciatore, di certo ancor di più se giovane, inutili lo sono davvero, perché abbattono). 

    Ma se guardo al campo, Keita fa quello che deve per onorare la sua maglia: sprinta, regala vivacità, crea presupposti (molti, tanto per rispondere all’altra polemica, in settimana, di Klose. Stavolta sono arrivati tantissimi palloni, anche poco sfruttati dalle punte). Se guardo al campo, nel primo tempo è praticamente l’unico a salvarsi, e nella ripresa merita il gol che Candreva gli appena docilmente a due passi dalla porta. Se un ragazzo del ’95 chiede uno stadio più pieno, chi ha la forza di scagliare la prima pietra dopo aver visto l’Olimpico di ieri? Se un ragazzo del ’95 dice di non apprezzare i fischi, c’è qualcuno che può alzare la mano e dire: fischiatemi tutti, non vedo l’ora di essere fischiato? Ah, ma non è un senatore, non è un veterano, cosa chiede, cosa pretende, dirà qualcuno. Eppure non sono molti, i senatori, che chiedono ai tifosi, che ne sentono il bisogno. Oppure forse non ha capito, Keita, che in alcuni paesi solo i sessantenni possono parlare, lavorare, possono avere opinioni, legiferare, spiegare. Gli altri no, grazie, ripassate tra 40 anni. 

    Se nessuno dubita delle buone intenzioni di Danilo Cataldi, altro prodotto giovanile biancoceleste, del ragazzo di Ottavia, alzi la mano chi dubita di Keita. Che per questa maglia ha aspettato mesi in tribuna a guardare la Primavera giocare senza di lui, ha accettato panchine anche quando non le meritava più di altri, ha pedalato, ha corretto. Proteggi questo mio Keita: proteggilo anche tu, ma tanto, come fa col pallone, doppio-passo, e a suon di corsa, classe, e dribbling, conquisterà ancora, farà urlare ancora, magari anche fischiare. Non gli piacerà, lo dirà chiaro e tondo, perché ha quello che tutti hanno sempre chiesto ai giocatori in campo. Personalità. Proteggi questo mio Keita, ma si sa già proteggere da solo. Ripassate tra 40 anni, per le critiche. 

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