Ma questa finale non può essere il dito dietro al quale nascondersi per dire che la stagione rimane comunque positiva. Perché il crollo verticale c'é stato, ed è stato abbastanza netto. Tutto il patrimonio messo da parte nel girone d'andata è stato di fatto dilapidato da una serie di sconfitte inaspettate, culminate con quella di Udine nella quale la Lazio, nonostante un primo tempo positivo, non è riuscita a reagire e mano a mano ha lasciato il campo.

 

Le responsabilità? Società, tecnico e squadra le devono dividere in percentuali non di certo uguali. Fermo restando che Lotito e Tare hanno quelle più grandi, visto il non mercato di gennaio e delle ultime 3 sessioni, anche il tecnico e chi va in campo devono fare un mea culpa. In primis Petkovic, che ha accettato le scelte societarie dei fuori rosa ritrovandosi con una rosa inadeguata per troppi impegni, poi la squadra che dapprima ha affrontato i primi segnali di 'crisi' in maniera sfuggente senza capirne il pericolo, come fece intendere Marchetti dicendo: 'Sentir dire che siamo in crisi mi fa ridere' e poi con un blocco psicologico abbastanza palese come dimostrato da Mauri dopo la gara del Friuli dicendo durante le interviste a più riprese la parola 'autostima persa' e la parola 'paura'. 

 

La squadra è stanca fisicamente ed anche mentalmente ma il momento per esserlo è quello meno adeguato, qui si fa la storia di un club, in un mese e mezzo verranno riscritte pagine e pagine di tradizioni calcistiche perché quel derby non sarà una semplice partita ma sarà 'La Partita'.