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  • Leicester, una vittoria 'storica': tra Italia, Inghilterra e la massima di Toro Seduto

    Leicester, una vittoria 'storica': tra Italia, Inghilterra e la massima di Toro Seduto

    • Matteo Quaglini
    Ha vinto Claudio Ranieri con una calvata incredibile e in un modo epico. L’ha fatto domenica, col suo Leicester immaginifico, nell’unico posto dell’Inghilterra dov’era possibile raggiungere la gloria del successo: Manchester e l’Old Trafford. E l’ha fatto ieri lunedì sera, anche grazie al pareggio di Londra tra Chelsea e Tottenham.

    Questa è una storia a metà, un po’ inglese e un po’ italiana, perché racchiude le storie di genere di due nazioni, di due popoli e di due mentalità. 

    Nell’incastro di stili che è venuto fuori c’è l’epica dei piccoli feudi dell’Inghilterra medievale che lottavano per affermarsi sull’isola e, l’umanità italiana di un uomo che come altri che l’hanno preceduto, racconta la sua storia di viaggiatore errante e poetico a un popolo che parla una lingua diversa ma che è ben disposto, per tradizione e cultura a leggere e a innamorarsi di un racconto che viene da lontano e che parla di sentimento.

    Gli inglesi in questo sono molto vicini a noi, conoscono il valore profondo e segreto delle storie di vita e le vivono con una partecipazione grande e accesa dietro quella maschera imperturbabile che abbandonano per un momento o nei novanta minuti allo stadio, o con gli inni cantati con la voce e il cuore, o anche nella gioia per il goal, pure quando questo è della bandiera.

    E anche stavolta nelle case d’Inghilterra; per le “road” del regno di sua Maestà la Regina Elisabetta; negli stadi della generazione contemporanea non hanno potuto fare a meno di tifare per il Leicester e Robin Hood Ranieri. L’hanno fatto senza retorica ma con la ferma volontà di dimostrare che tutto è possibile nella vita e, che le grandi conquiste arrivano passo dopo passo. 

    Così mentre i goal di Vardy, le corse di Okazaki, i dribbling di Mahrez, le interdizioni di Kantè sgretolavano l’Impero britannico del calcio inglese e cioè i vari Manchester fossero United o Citizen, o i ricchi club di Londra sia cittadini (Tottenham e Arsenal) che circondariali (Chelsea) o anche glorie passate alla Liverpool; il tifo quello da kop, quello da curva per intenderci, imparava ad amare la figura attenta e riflessiva di Claudio Ranieri.

    In quel momento in cui gli inglesi hanno capito la personalità di Ranieri, anche l’allenatore italiano ha avuto la conferma che la storia si era compiuta, che la vittoria era arrivata ancor prima che fosse il campo, con quel parametro banale che sono i punti in classifica, a certificarla. Quando anche i tuoi nemici si mettono a fare il tifo per te, allora vuol dire che hai lasciato qualcosa – diceva Toro Seduto – che di battaglie e soprattutto popoli s’intendeva; ora lo sa anche Ranieri Claudio da Testaccio. 

    Il suo Leicester ha sorpreso tutti i rivali giocando un calcio efficace e diretto, trovando uno stile semplice che ha battuto le complessità di gioco e giocatori delle grandi d’Inghilterra incartocciatesi su se stesse da una povera vanagloria. E’ stata la vittoria delle poche idee ma chiarissime, della flessibilità e se permettete un misticismo, del caso che però ha una posizione matematica – per dirla con Napoleone – nella vita di ciascuno di noi.

    E così questa posizione aritmetica non poteva che portare Ranieri, dileggiato spesso in patria, a trionfare nel grande calcio inglese dove, queste storie sono possibili e girano nell’aria. Dobbiamo perciò raccontare di questa magnifica vittoria, come di un “trait d’union” tra due storie di genere che oggi grazie a Ranieri si re-incontrano, una è inglese, l’altra italiana. 

    Quella inglese prima di tutto: Ranieri ha fatto vincere il campionato inglese per la prima volta nella sua storia al piccolo Leicester (dopo 132 anni di storia) così come avevano fatto Harry Trickett (1898 Sheffield United), Fred Everiss (1920 West Bromwich Albion), Herbert Chapman (1924 Huddersfield Town), Bob Jackson (1950 Portsmouth), Sir Alf Ramsey (1962 Ipswich Town) e il mitico e controverso Brian Clough addirittura in due occasioni, Derby County(1972) e Nottingham Forest(1978) che ipnotizzarono l’Inghilterra degli anni ’70. Da oggi Claudio Ranieri sarà per sempre nella storiografia del calcio inglese accanto a questi miti del “British Football style” e dell’Only Victory. 

    L’altra storia poi, quella italiana è che Claudio Ranieri è il settimo allenatore italiano (Capello, Di Matteo, Ancellotti, Vialli, Mancini e Lombardo gli altri) ad aver allenato una squadra inglese nella storia del calcio britannico dall’anno di genesi 1889, ad oggi.  Tra tutti è quello che in rapporto alle forze ha raccolto la vittoria più grande, ma è veramente incredibile come gli italiani, nel complesso, abbiano rappresentato per bravura e lungimiranza, per senso tattico e praticità, un vero laboratorio di stile e cultura calcistica italiana dentro l’Inghilterra multietnica e coloniale di questi anni. 

    La vittoria di Ranieri si unisce ai successi che questi allenatori hanno saputo ottenere e più d’ogni altra cosa ne sublima il lavoro dandogli una compiutezza magistrale e conferendo al calcio inglese dei “maestri” un libro storico dal quale apprendere e studiare il gioco. Lo diciamo pensando a Conte che sarà l’ottavo e che sarà chiamato a continuare questa stesura di contenuti calcistici italiani oltremanica. Il calcio è veramente storia, unisce e frammenta, racchiude e amplifica stili.

    Quando Claudio Ranieri, che è il 45° allenatore italiano all’estero nella storia del calcio a partire dall’anno in cui un nostro coach per primo varcò i confine per allenare, e cioè il 1949-50 (fu Mezza in Turchia al Besiktas) tra qualche giorno, dopo i festeggiamenti e la gioia, ripenserà a questa incredibile avventura italo-inglese e troverà probabilmente in fondo a questa sua storia un finale magico. All’inizio avevamo detto che non poteva non essere Manchester il luogo della vittoria, per la magia del posto che da l’Old Trafford certo, ma più attentamente perché Ranieri ha vinto nel “Teatro dei sogni” quello dei Sir: Matt Busby, Alex Ferguson e Bobby Charlton. Allora GRAZIE Sir Claudio Ranieri.   

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