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  • LITTLE ITALY Di Matteo, non chiamatela solo fortuna

    LITTLE ITALY Di Matteo, non chiamatela solo fortuna

    Per arrivare fino in fondo in una manifestazione come la Champions League bisogna avere una buona dose di fortuna. Il Chelsea lo sa bene, ha alzato al cielo di Monaco di Baviera il trofeo più ambito dopo aver sofferto per 120 minuti, salvata dal palo e dal rigore sbagliato da Arjen Robben. Esattamente come quanto successo nella doppia sfida in semifinale con il Barcellona, tra andata e ritorno fermato da quattro legni e dal penalty sbagliato da Messi. La Dea bendata è stata il dodicesimo giocatore in campo del Chelsea, dopo che nel 2008 e nel 2009, in finale contro il Manchester United e in semifinale contro il Barcellona, aveva giocato con gli avversari.

    Per vincere la Champions League oltre alla fortuna bisogna saper fare anche le scelte giuste. E da questo punto di vista Roberto Di Matteo ci ha messo del suo. Nei due mesi sulla panchina dei Blues a saputo dare un'identità ad una squadra che con Villas Boas era arrivata ad avere paura anche della sua ombra. L'ex tecnico del WBA ha dato continuità alle idee tattiche del suo predecessore, cambiando però gli uomini, rispolverando la vecchia guardia, mandata troppo presto in naftalina, e ridando alla squadra quei punti di riferimento che mancavano. Senza dimenticare il recupero di David Luiz, tornato a splendere come ai tempi del Benfica, e la capacità di far sentire importante ogni giocatore della rosa. Contro il Bayern è stata la vittoria del catenaccio, senza dubbio, ma anche del gruppo. Che ha saputo lottare, sacrificarsi, combattere fino alla fine. Per vincere ci vuole questo, non solo fortuna.

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