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  • Lo sappiamo che il calcio è un business...
Lo sappiamo che il calcio è un business...

Lo sappiamo che il calcio è un business...

“Te piace ’o presebbio?”. E la risposta è no. Per chi ha speso tempo e fantasia nel metter su montagnelle, grotta, cascatelle e piccoli laghi, l’amarezza è forte. ’O presebbio, cioè un sogno, una visione di possibili tempi felici. Domenico Rea scrisse che nel presepe napoletano c’era il sogno…del cibo. Un popolo con mille difficoltà sognava quarti di bue, galline per il brodo, osterie aperte, pescivendoli, macellai, collane di salsicce… Immaginazione e desiderio di gioia e serenità. E invece arriva il “non mi piace”. Che nella creazione di Eduardo equivale a una doccia fredda, a una ventata di amarezza, anzi di “tuosseco”.

Fuor di metafora, in questi giorni le supposizioni fuori campo sul futuro prossimo del Napoli spargono grani di sconforto in un finale di campionato che invece vede la squadra in una posizione prestigiosa, guadagnata attraverso un cammino che ha suscitato entusiasmo e consensi. Ora, in vista dell’ultimo fischio arbitrale, l’aria si rabbuia e il popolo dei tifosi è turbato. Il calcio, per la grande maggioranza di quanti lo seguono, è una sorta di pensiero poetico, una passione autentica, una accettata metafora dell’esistenza. Chi prova queste sensazioni sa bene che il mondo del foot ball è però fondato, oltre la passione, su impalcature finanziarie, leggi di mercato, convenienze, equilibri tra costi e ricavi. Il mondo dell’economia si specchia nel sentimento dei tifosi, che gli danno linfa e prospettive. Una contraddizione che però è una riconosciuta realtà. Dietro lo spettacolo-calcio c’è la freddezza dei bilanci, il dare e l’avere derivante dagli investimenti dei gruppi dirigenti. E c’è l’utile perseguito da calciatori e allenatori. Professionisti che, pure se affezionati alla casacca, sono pronti a migliorare – se gli capita – la propria posizione. Dura lex sed lex.
Per rifiutarla del tutto, bisognerebbe lasciar perdere il calcio. Ma il mondo degli appassionati vive il suo sogno, si immedesima nella competizione vestendola di simboli e colori. Su questa sorta di “compromesso storico” vive il foot-ball. A una sola condizione non scritta: che non si superi il limite e che gli interessi personali dei protagonisti vengano curati nel massimo rispetto del pubblico, di quei sognatori che portano quattrini e sostegno. Questo vuol dire che i protagonisti dovrebbero gestire le proprie richieste, i progetti, i malumori, le aspirazioni, nel rispetto costante del popolo dei tifosi. Con chiarezza e nei tempi giusti. Assumendosi la responsabilità della proprie scelte dopo averle manifestate.
Forse, al di là del nervosismo alimentato in questi giorni, tutto ciò è ancora possibile, con un chiaro confronto tra società e tecnico, dopo l’ultimo fischio arbitrale. Senza mortificare la gioia per la grande stagione del Napoli.


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