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  • Pontani: Malagò squalificato dalla Federnuoto e il silenzio su Lotito. Lo sport governato dagli insulti

    Pontani: Malagò squalificato dalla Federnuoto e il silenzio su Lotito. Lo sport governato dagli insulti

    Nel pieno della sua indiscutibile autonomia, un organo disciplinare di una federazione squalifica per 16 mesi il presidente del Coni, la federazione delle federazioni: in pratica, il capo. Non è uno scherzo, succede in Italia, il paese dove i dirigenti sportivi si distinguono principalmente per la loro lungimirante saggezza, la visione d'insieme dei problemi da affrontare, la convinta partecipazione a un progetto che unisca le menti migliori per un futuro prospero e luminoso.

    La sentenza - che adesso sarà sottoposta all'appello di un altro organismo disciplinare sempre del nuoto, ma che dovrà essere confermata in terzo grado da una suprema corte istituita invece presso il Coni, governato dal capo squalificato - chiude in bellezza mesi e mesi di una canizza tra due persone che si disprezzano, il presidente del nuoto Barelli e quello del Circolo Canottieri Aniene e del Coni Giovanni Malagò. I due si odiano per motivi caratteriali, ma soprattutto di potere: sempre su sponde opposte all'interno del loro mondo di piscine dorate, insieme ma da galli nel pollaio dell'organizzazione dei mondiali di nuoto del 2009, quindi acerrimi nemici nel gran giorno delle elezioni Coni, quando lo sfidante Malagò bruciò il favorito Pagnozzi, pupillo di Barelli.

    Divenuto presidente, dicono i maligni, Malagò si è vendicato facendo passare un guaio brutto a Barelli, denunciato dal Coni per una presunta storia di doppie fatturazioni, sulla quale la magistratura ancora non ha detto la sua in modo definitivo. Barelli, si sospetta, ha consumato la sua controvendetta con la squalifica inflitta dal suo nuoto al nemico presidente, per dichiarazioni ritenute offensive sulla vicenda. Ecco fatto, così impari.

    Una bella storia, edificante, mentre nei corridori del Coni c'è chi febbrilmente lavora ai dossier sulla candidatura olimpica di Roma. Il modo migliore per guadagnare credibilità dev'essere senz'altro fare a cani e gatti a colpi di carte bollate, ci si dimostra gente affidabile ovunque. D'altra parte, la classe dirigente dello sport questo è, un po' dappertutto, e ci perdonino le eccezioni, peraltro chiamate a battere un colpo. Prendiamo il calcio, che degli sport è il più ricco e potente, popolato da tanta bella gente.

    Un posto dove si lavora per l'interesse comune, come si sa. Infatti nella riunione di Lega di serie A c'è un presidente che prima zittisce a mo' di dittatore un dirigente rivale, poi lo insulta in un modo talmente inverosimile da apparire grottesco, non ci fosse di mezzo una dose di violenza umana intollerabile.

    Claudio Lotito, l'insultatore di Giuseppe Marotta, sguaiatamente deriso per un difetto fisico, è colui al quale il calcio ha chiesto di approntare le riforme. Il grande suggeritore del presidente delle banane, Carlo Tavecchio. Il grande moralizzatore del pallone. Quello che vuole fare le multiproprietà, essendo l'unico ad avere già più di una squadra. Lui, Lotito, quello che parla in latino, fa un comunicato stampa al giorno, si fa vedere ovunque. Lotito, che in tre giorni non ha neppure trovato tempo e modo di dire: scusa Marotta, era una battuta brutta, pessima, me ne vergogno. No, Lotito tace. Più o meno come gli organi disciplinari della federcalcio, che in piena autonomia, naturalmente, hanno deciso che non vale la pena di intervenire sul consigliere Lotito. 

    E' lo sport, bellezza. Ma davvero nessuno può farci niente?

    Aligi Pontani per repubblica.it

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