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  • Mancini, il problema è nello spogliatoio. Juventus, il triplete è possibile
Mancini, il problema è nello spogliatoio. Juventus, il triplete è possibile

Mancini, il problema è nello spogliatoio. Juventus, il triplete è possibile

  • Michele Dalai

Mancini ha mal di gola, Ausilio dice che mancano le palle e Zanetti sostiene che il problema sia la testa. A questo punto mettetevi d’accordo sui sintomi, chiamate un buon medico e risolvete il problema, che forse è davvero un problema clinico e non tecnico o tattico, perché di calcio se n’è visto molto poco ieri.

L’Inter sceglie di nuovo di giocare a specchio, che nell’interpretazione nerazzurra è un po’ come farsi le boccacce da soli, soprattutto quando dall’altra parte (dello specchio), c’è una squadra solida e abituata a imporre il suo ritmo. Autolesionismo. Ma parlare di moduli (tanti, troppi quelli cambiati anche ieri), di uomini e allenatore a questo punto conta poco. Il problema è altrove, è qualcosa che sta succedendo nello spogliatoio di una squadra che fino al 20 dicembre sembrava di granito e poi si è sgretolata come l’argilla più tenera e fragile. Non c’è dotta disamina che tenga di fronte a quello che è successo in due mesi, agli oltre 20 punti recuperati dalla Juventus, alla catena interminabile di errori difensivi (tre gol di testa subiti a Verona, l’assist di ieri di D’Ambrosio e le chiusure allegre di Murillo, Melo che inciampa sul pallone una volta sì e l’altra pure), è inutile speculare e recriminare oltre una certa soglia.


Il male dell’Inter è nascosto da qualche parte nelle stanze di Appiano, negli uffici della dirigenza, sul divano di Mancini, insomma non solo in campo. Risolverlo con considerazioni da Bar Sport (ahimè alla lunga lo sono tutte quelle di chi non conosce la verità semplice dei fatti), è impossibile, quindi restiamo in attesa di nuove, nella speranza che non siano un altro bollettino medico. Mancini ieri sera è stato colto dalle telecamere mentre diceva (a Telles?), “troppo poco, così è troppo poco”, nel momento della sostituzione. In effetti così è troppo poco, ma mica solo per il povero Telles.

La Juventus ha giocato a scartamento ridotto ed è bastato. Marotta sostiene sia la migliore Juventus dal 2006 a oggi, che forse è anche un modo di mettere pressione ad Allegri, di trattare il rinnovo del contratto su più tavoli. La verità, quella almeno che ci consegna la squadra tra mercoledì e domenica, è che tutti sanno cosa fare, sempre. Una squadra così solida e potente che permette ai suoi interpreti di sollevare il piede dall’acceleratore senza fare troppi danni, di giocare in modalità risparmio energie permettendo a Buffon di togliersi anche lo sfizio di una parata ogni tanto. Non solo è possibile giocarsela a Monaco ma è molto probabile che questa squadra arrivi di nuovo vicina ai tre trofei sfiorati lo scorso anno e se la si valuta con obiettività e senza scaramanzia si rischia di dar ragione a Marotta, alla lunga.

Ecco, se proprio si deve e si può, la scena di Allegri che perde la testa nel finale è diventata un po’ stucchevole, è abbastanza chiaro che lo faccia per le telecamere e perché è un ottimo direttore marketing dell’azienda di se stesso e ha capito bene che la cosa funziona e lo fa passare per un simpatico squilibrato, solo che alla lunga rischia di stufare (a meno che non si aggiunga la variante van Gaal, che comprende tuffi, finti svenimenti e altri elementi di alta recitazione).

Il Milan cresce partita dopo partita. Mihajlovic chiedeva tempo e ora non sa se concederne ancora. Ha fatto un lavoro eccezionale sulla testa dei suoi giocatori, è ripartito da alcuni concetti base e per farlo ha cambiato pelle a un Milan che da decenni giocava per tenere la palla e ora attende velenoso e riparte con determinazione e cattiveria. Dalle giocate morbide di Pirlo e Seedorf alla pulizia geometrica di Bonaventura e i piedi ruvidi ma potenti di Kucka ci passano galassie, ma questo è il materiale umano di cui Mihajlovic dispone e con questo sta costruendo un gruppo che potrebbe fare molto bene l’anno prossimo, sempre che la partita a nascondino tra lui e la società finisca e qualcuno decida di fare il primo passo e riesca a gettare alle spalle la diffidenza.

Un consiglio a Mihajlovic, ma mica tecnico che lì se la cava benissimo da solo. Fare brutto (come dicono quelli davvero giovani), è una cosa che gli riesce assai ma rischia di essere controproducente. Rispondere male alle domande sgradite, mostrare denti e muscoli anche quando non serve, giocarsela sempre da duro del Roadhouse è una debolezza in un mondo che vive anche di comunicazione. Anche perché Mihajlovic, quando non ringhia, è pericolosamente simpatico e spiritoso, se ci prendesse gusto si farebbe un gran bene.

La Roma gioca e vince, vince e gioca e finché si continua così è difficile pensare a Totti e Spalletti e alle loro baruffe. Fino al prossimo episodio, almeno. Ma per ora si va avanti a fari spenti e con i tre punti, una rima ormai molto migliore di quella che un tempo fu gloriosa pur se imprecisa: Totti e Spalletti.
 

@micheledalai

 


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