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  • Mandorlini sotto torchio:|Inchiesta della Figc

    Mandorlini sotto torchio:|Inchiesta della Figc

    Se l'aspettava diverso Andrea Mandorlini il primo giorno di raduno. Magari sul campo di allenamento, certamente non chiuso fino a sera in una stanza del Posthotel Lamm di Castelrotto. Due ore di interrogatorio, dopo il procedimento disciplinare aperto dalla Procura della Figc incentrato sull'ormai celebre «Ti amo terrone» e quei due minuti pungenti, pieni di battute e sorrisi di martedì alla presentazione dell'Hellas. Mandorlini è stato ascoltato da Donato Sozzo, delegato della Procura Federale. Con lui Stefano Fanini, legale del Verona. La porta si chiude alle 18 e si riapre quando le 20 sono trascorse da qualche minuto. «È stato un interrogatorio piuttosto lungo - il commento di Fanini -, con modi molto pacati e sereni Mandorlini ha precisato che non era sua intenzione rivolgere espressioni offensive nei confronti di nessuno, che i toni erano ironici e goliardici come è sembrato a tutti evidente. Ci auguriamo che la Procura giudichi serenamente. Noi auspichiamo l'archiviazione, i fatti vanno ridimensionati senza criminalizzare nessuno. Siamo a un bivio. O ci sarà l'archiviazione o un deferimento, circostanza a cui non voglio nemmeno pensare. Non si possono condannare l'ironia e la goliardia. I problemi del mondo del calcio e dello sport in generale, nonché del nostro Paese, sono ben altri».

    DUE PESI, DUE MISURE. Nel lunghissimo pomeriggio di Mandorlini si è alzata forte anche la voce dell'Hellas, con un comunicato a difesa del suo allenatore e a protezione di una Verona sempre nel mirino. «Non corrisponde al vero che Mandorlini abbia utilizzato toni e frasi offensive nei confronti di altre società o città e incitato i tifosi a farlo. Spiace rilevare ancora una volta che certi episodi, se accadono a Verona e siano riconducibili alla nostra società, vengano frequentemente distorti e strumentalizzati unicamente al fine di screditarne l'immagine».
    PARERE CONTRARIO. «La mia era una battuta scherzosa, io però a Salerno ho rischiato la vita». Il quadro di Mandorlini è stato ieri cancellato e buttato nel cestino da Francesco Ghirelli, direttore della Lega Pro che dell'Arechi conserva un altro ricordo. «La protezione e la sicurezza sono state garantite e fino a quando erano in discussione non abbiamo fatto iniziare le fasi di preparazione della partita. Il presidente e i dirigenti del Verona - ha sottolineato Ghirelli - hanno visto come si è operato. Al termine della gara era stato studiato un piano alternativo per il rientro del Verona negli spogliatoi. Si è attuato e ha funzionato. Non so dove Mandorlini abbia corso pericoli di vita e subìto minacce di morte. Ha denunciato il caso alla Procura Federale della Figc presente all'Arechi? Ha sporto denuncia alla polizia?». La cronaca però ricorda anche altro. Negli spogliatoi non tutto è filato liscio, in primis per Mandorlini. E in tribuna stampa nemmeno, come certificano le denunce depositate ad Assostampa e Ussi per il clima non certo di amicizia e fratellanza attorno ai giornalisti di Verona.
    RAZZISMO AL CONTRARIO. A tendere la mano a Mandorlini ci ha pensato fra gli altri Lorenzo Fontana, europarlamentare della Lega. «L'Italia si conferma, nella mentalità, uno stato razzista, dove la violenza è lecita se usata contro i veronesi e il Nord. Chi vive a Verona non può nemmeno usare l'ironia se rivolta verso il Meridione, pena l'accusa di razzismo. È ora di dire basta a questi attacchi che continuano ormai da moltissimi anni».


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