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  • Mandzukic, il talismano: se segna lui, la Juve vince. Ecco perché non è un caso

    Mandzukic, il talismano: se segna lui, la Juve vince. Ecco perché non è un caso

    • Antonello Mastronardi
    La Juventus è tradizionalmente sinonimo di pragmatismo, e con Allegri questo carattere fondante della storia bianconera è diventato l'assoluta normalità. Ma il cinico utilitarismo juventino da un paio d'anni ha trovato un altro portabandiera: Mario Mandzukic è più di altri il simbolo di questa Juve, che si disinteressa del bello e punta spietata al sodo. Il granitico attaccante croato non ha i piedi di Dybala né le cifre di Higuain e, soprattutto, non sembra crucciarsene: tra una sportellata e l'altra, Mandzukic fa sponde, contrasti e recuperi da terzinaccio; soprattutto, segna. Non tanto (16 reti in 50 partite con la casacca bianconera) ma, come si suol dire, il gol pesante è la sua specialità: ogni volta che Mandzukic ha timbrato il cartellino, la Juventus ha incassato i tre punti. Certo, la Juve vince molto spesso, e questo non fa che semplificare la prosecuzione di questo idillio; tuttavia, che sia una generosa coincidenza o un forte segnale di imprescindibilità lanciato dal croato, questa è una statistica impressionante, che merita un'analisi.

    BRUTTO ANATROCCOLO - Torniamo all'estate. La dirigenza bianconera, con una fame da squalo, paga la clausola di Higuain e lo piazza accanto a Dybala, a formare la coppia tanguera che infiamma i tifosi bianconeri. Morata è andato, Zaza decide di abbandonare una scena che lo vedrebbe poche volte recitare la parte del protagonista, resta Mario Mandzukic. L'ex bomber di Bayern e Wolfsburg è lontano dai riflettori, sostanzialmente fuori dai sogni estivi dei tifosi: una buona riserva, di sicuro affidamento e di poche chiacchiere, qualità che lo rendono il perfetto dodicesimo e nulla più. L'inizio di stagione, peraltro, non gli regala grossi exploit: Mandzukic gioca, si sbatte e fa segnare, ma non trova la via del gol; Alllegri, da parte sua, stressa fino all'esasperazione la rinomata capacità di adattamento del croato, ritagliandogli un ruolo di raccordo e, in qualche caso, addirittura relegandolo alla fascia sinistra pur di garantire il giusto spazio a Higuain. Nonostante il preziosissimo lavoro oscuro, Mandzukic diviene così un piccolo equivoco: l'ambiente chiede e pretende il tandem argentino, il brutto anatroccolo croato è l'intruso nella coppia delle meraviglie e qualche critico gli imputa di essere una delle principali cause della macchinosa manovra esibita dai bianconeri.

    TRA NUMERI E POLVERE - Eppure, come detto, Mario Mandzukic è granitico: non appena Dybala è costretto in infermieria, Marione capisce che serve anche il suo apporto in zona gol: già con la Sampdoria, alla prima senza la Joya, il croato apre le danze, replicando due giornate dopo col Chievo ed esibendosi nella straordinaria prova regalata ieri contro il Pescara, quando il suo duetto con Khedira partorisce un gol e un assist per entrambi i protagonisti. L'apporto di Mandzukic, come detto, appare impressionante anche oltre la banalità del gol: guardando la Juve alla luce della sua proverbiale spietatezza, il croato ne è il campione, con le sue sportellate e le sue sponde; ecco che, non appena il suo strapotere fisico viene collocato vicino alla porta avversaria, ne beneficiano i compagni, e il tabellino finisce per sorridere inevitabilmente ai bianconeri. Sembra la storia di un eroe epico, poco compreso e poco amato finché è in azione, ma destinato a diventare rimpianto e capito solo dai posteri. Tuttavia, a Mario Mandzukic qualcosa si può riconoscere anche adesso, mentre ancora lotta nella polvere: se Mandzukic segna, la Juve vince, appunto. E, alla luce di quanto si è detto, non può essere una coincidenza.

     

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