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Pernambuco: con Mancini è 'caos calmo'

Pernambuco: con Mancini è 'caos calmo'

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Non è il caso di allarmarsi! Perdere 1 a 0 col Torino in casa, in quel modo a 30 secondi dalla fine, “ci puo’ stare”. Un po’ perché la partita dell’ Inter non è stata disastrosa, un po’ perché  nel calcio succede molto spesso (vedi Juve a Genova, Roma a Mosca, lo stesso Toro nel derby…) ma soprattutto perché l’andazzo a San Siro è questo. I problemi sono altri. Hanno a che fare alcune distorsioni calcistiche in generale e con peculiarità nerazzurre. Nel calcio e non solo, il simbolico sta prendendo il sopravvento. Basta un cambio di allenatore, un pareggio in casa di chi ti precede in classifica, l’arrivo di qualche nuovo giocatore per far urlare al miracolo. Basta una, dicasi una, sconfitta inaspettata per trovarsi, nel giro di poche ore, davanti a un alba tragica. Dopo il pareggio con la Juve l’Inter era risorta, adesso è condannata. Ma in generale, si preferisce trionfare in un derby e pareggiare due partite (punti 5) invece di perderlo e vincere due volte (punti 6). Meglio battere la Roma e perdere col Genoa. Battere la Juve, può valere una stagione, anche se si arriva settimi o ottavi. A Firenze, l’anno scorso, ci hanno campato. L’aspettativa, il sogno e il segno (la squadra odiata) hanno la meglio sull’aritmetica e gli interessi reali.


Il ritorno dell’allenatore dei bei tempi che furono racconta una favola bella, anche se lui predica prudenza; la cacciata di un reprobo “perdente”  fa vedere un grigio presente con gli occhi rosei del passato. Così succede che dopo qualche incoraggiante sprazzo di gioco, qualche vittoria e qualche “bel” pareggio, Mancini sia sugli scudi e un goal del neo arrivato Shaqiri faccia dimenticare ogni amarezza: “Ora Thohir compra”, “ora si va in Champions”… Invece basta poco per tornare, esageratamente, nello sconforto. La verità è che l’Inter galleggia nella mediocrità, ma l’immaginario non lo vuol vedere. Andateglielo a dire alla curva nerazzurra e non solo che, fin qui, Mazzarri ha fatto meglio di Mancini, per altro senza i regali del mercato invernale. 

Rispetto al caos arruffato e urlato di Mazzarri, l’aplomb, la calma, l’autorevolezza di Mancini garantivano un ritorno all’equilibrio e alla serenità. Invece il caso Osvaldo, con le risse e le fughe, offre un messaggio tragicamente elementare: sempre di caos si tratta. Solo che, come recita il titolo di un bel libro di Sandro Veronesi, stavolta è un “Caos calmo”. Con gli stessi risultati. Proprio gli stessi no: un po’ peggio. 


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