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  • Milan: Balotelli nel tridente delle creste

    Milan: Balotelli nel tridente delle creste

    Al City vanno 20 milioni Mario ne prende quattro, firma per 4 anni e mezzo. L'attaccante si è ridotto di un milione e mezzo annuo l'ingaggio. C'è un bonus di 300 mila euro se conquista il posto Champions.
    Sì, Balotelli sei del Milan!
    La maglia numero 45 è libera per Mario. L'ha voluta proprio lui. Il nuovo centravanti del Milan potrà indossarla oggi dopo l'arrivo a Linate, le visite mediche, un tour a Milanello (senza allenamento) e il prevedibile salto in sede per la firma. Il resto del programma prevede un primo contatto col pallone domani, in occasione dell'amichevole col Darfo Boario (Serie D). La presentazione è prevista per venerdì. Ma il giorno cruciale è stato quello di ieri. Dopo 900 giorni di «esilio» al Manchester City l'attaccante della Nazionale ha avuto la notizia che attendeva con tanta ansia.

    L'affare Il Milan l'ha strappato al club dello sceicco Mansour con un investimento degno di un top player. Al club inglese vanno 20 milioni di euro con un pagamento in cinque rate entro il 2017. Ed è premiata così la fermezza dell'a.d. rossonero Adriano Galliani che non s'è mai mosso da quota 20, anche se ieri mattina ha dovuto un po' venire incontro agli inglesi sui bonus. A seconda dei risultati della squadra di Allegri nelle prossime tre stagioni, infatti, il prezzo può salire a 23. Ma è legato alle vittorie: così in via Turati quasi se lo augurano... Per primo Silvio Berlusconi che ha avallato ieri mattina l'attacco finale.

    Lo stipendio E poi c'è l'ingaggio di SuperMario che al City arrivava a guadagnare 5,5 milioni netti a stagione. Con il club rossonero, invece, l'attaccante avrà 4 milioni netti a stagione più i soliti bonus. Una curiosità: il più immediato è di 300 mila euro per la qualificazione in Champions League. Un incentivo in più per questo scorcio di stagione che vede i rossoneri lanciati proprio verso quest'obiettivo.

    La trattativa Nella sceneggiatura di questo trasferimento non va dimenticato che 29 mesi fa l'Inter l'aveva venduto agli inglesi per 22 milioni. Ora torna per un prezzo più basso e solo un mese fa Ferran Soriano, Ceo del City, ne chiedeva 37. Poi, il graduale crollo: prima a 28, poi a 25 e nella tarda serata di lunedì sino a 22. Fino al felice epilogo in cui ha avuto un ruolo decisivo, ovviamente, Mino Raiola, l'agente di SuperMario. Come nel 2010 per il passaggio di Ibrahimovic dal Barcellona al Milan, ancora una volta il procuratore italo-olandese ha lavorato ai fianchi la controparte inglese per demolirne le quotazioni. E anche nelle ultime ore, affiancato dagli avvocati Vittorio Rigo e Rafaela Pimienta, ha sorretto alla perfezione la strategia rossonera.

    Il tracollo Quando un mese fa Raiola paragonava Balotelli alla Gioconda tutto appariva impossibile, ma sotto traccia il lavoro diplomatico è servito ad evitare strappi con Roberto Mancini, nonostante i rapporti con il tecnico jesino fossero ormai logorati. E Balotelli ha incassato le esclusioni con la forza di chi sa di avere all'orizzonte una chance più importante. La sua passione per i colori rossoneri è ormai nota da tempo e giustifica anche l'entusiasmo con cui viene accolto il suo ritorno in Italia sulla sponda rossonera dopo gli esordi nell'Inter. E, poi, c'è l'aspetto tecnico. Il Milan conta di schierare un attacco verde di grandissima prospettiva, considerando El Shaarawy e Niang. E non va trascurato il feeling con il Faraone. Si sono conosciuti nel team azzurro e hanno subito legato: in campo e fuori.

    Il progetto L'arrivo di SuperMario s'incastona nell'ormai noto progetto verde della società di via Turati. In attesa di Saponara, che arriverà a Milano in estate, i monitor rossoneri ora sono puntati su Jorginho del Verona e Baselli del Cittadella, ma sono operazioni da leggere in funzione della sessione di luglio. Intanto Galliani abbassa la saracinesca sulle altre operazioni. Pazzini viene confermato, mentre sono da leggere le prossime mosse per Robinho. Ricordando che Balotelli non può giocare in Champions League, di sicuro il brasiliano tornerà nell'imminente doppia sfida con il Barcellona, valida per gli ottavi di finale. E poi? In Brasile il mercato chiude a fine marzo e il Santos non ha fretta per chiudere adesso. Ma più avanti possono cambiare le carte in tavola. Con il Milan e con Galliani occorre stare sempre in campana. Di sicuro il ringiovanimento è destinato a proseguire. Berlusconi l'ha promesso ed è evidentemente l'unica strada per combinare le ambizioni da vertice con dei bilanci economicamente compatibili. Una via da seguire.

    Che attacco verde con El Shaarawy e Niang. Pazzini sacrificato ma giocherà in Europa.
    Sarà centravanti nel tridente delle 'creste'.
    A questo punto occorre ripartire dalle ore 17, minuto più minuto meno, di domenica 20 gennaio, quando nello spogliatoio rossonero Galliani celebrò così la doppietta vincente di Pazzini al Bologna: «Non prendiamo un nuovo centravanti, puntiamo su di te». Già. E ora? E ora per il Pazzo arrivano guai seri. Perché il Milan, potenzialmente, può giocare con tre sistemi diversi (4-3-3, 4-3-1-2, 4-2-3-1), ma da qualsiasi angolazione la si osservi, la vittima sacrificale parrebbe lui. Balotelli al Milan farà essenzialmente il centravanti, e questo mette in grande difficoltà Giampaolo. Anche perché c'è un altro fattore a suo sfavore: Mario può giocare anche da esterno sinistro, ma quelle sono le zolle di El Shaarawy. Che a destra — ricordate i primi esperimenti di Allegri? — perde buona parte del potenziale. Dunque, non se ne esce. Per Pazzini esistono un paio di parziali consolazioni: la prima è che Balotelli non può giocare in Champions, la seconda è che Allegri non può ignorare il suo rendimento, fatto di 11 reti stagionali e un'ottima media gol. Insomma, la sua esclusione non si può considerare così automatica. Almeno in prima battuta.

    'Benvenuto' Per il resto, dovrà attrezzarsi a fare la guerra contro una specie di supereroe. Per quanto riguarda lo schieramento che prevede l'impiego di Mario, l'idea più suggestiva è il «tridente delle creste»: Niang, Balotelli, El Shaarawy. Esteticamente Berlusconi vivrà una sorta di incubo, ma a livello anagrafico il Cav ha centrato pienamente la missione. Attacco assicurato per i prossimi 10 anni. Altre opzioni: 4-3-1-2, col Faraone e Super Mario di punta. Manca però un trequartista di ruolo: possono adattarsi Bojan, Boateng o Robinho. Infine, c'è il 4-2-3-1, utilizzato qualche volta quest'anno: qui Mario può sistemarsi centravanti oppure esterno sinistro sulla trequarti, come con Mancini. Ma, come detto, c'è il «problema» El Shaarawy. Il sistema con punta unica e triplo trequartista è ben conosciuto da Balotelli, che l'ha vissuto all'Inter nell'anno del triplete e al City. Non resta che scoprire se Allegri adatterà Mario all'attuale sistema di gioco, il 4-3-3 con cui il Milan sta scalando la classifica, oppure cambierà qualcosa in funzione del neo arrivato. Di certo Pazzini non è l'unico a doversi preoccupare: col Balo in rosa addio «falsi nove» (Bojan e Boateng, sempre più mezzala), e ora che le punte sono di nuovo sei, occhio anche alla situazione di Robinho. A meno che gli ultimi due giorni di mercato non producano altre novità.

     

    "Balotelli va in un club che sa lavorare con i giovani pure fuori dal campo".

    Prandelli: «Volevi il Milan Mario, ora dipende da te".
    Fra i più felici c'è sicuramente lui, Cesare Prandelli, che a Balotelli ha sempre dato una grande fiducia. E, qualche volta, ad esempio nella semifinale dell'Europeo contro la Germania, è stato anche ripagato da SuperMario. Adesso, finalmente, gli dice «bentornato a casa». Il commissario tecnico della Nazionale accoglie con entusiasmo «il figliol prodigo» reduce dall'esperienza in Inghilterra. E sicuramente avrà sempre un occhio di riguardo per il tandem di giovani che Mario forma con El Shaarawy, visto che proprio lui li aveva fatti giocare insieme il 14 novembre a Parma, nell'amichevole persa 2-1 contro la Francia.

    Responsabilità e fiducia Ma Prandelli, come spesso usa fare, se da un lato usa la carota, dall'altro chiede con il bastone una prova che sia finalmente definitiva a Balotelli. «Ora dipende molto da lui — ha detto il c.t. —. Ha tutte le possibilità per dimostrare il suo valore. Questo trasferimento era una situazione che Mario cercava. È andato in un club che sa lavorare con i giovani, anche per tutti gli aspetti che vanno oltre il campo». E proprio domenica Prandelli scriverà la lista dei convocati per l'amichevole Olanda-Italia, in programma mercoledì 6 febbraio ad Amsterdam. Balotelli, salvo sorprese, farà parte del gruppo che si radunerà lunedì a Firenze, proprio insieme al Faraone, suo nuovo compagno nel Milan.

    Capitolo razzismo Prandelli, intervenuto a Matera al 44° congresso nazionale dell'Ussi (Unione stampa sportiva italiana) ha parlato anche di razzismo, un tema molto caldo che ha toccato recentemente il Milan e i suoi giocatori, e molto spesso durante la sua carriera anche Mario Balotelli. «Dobbiamo cercare di migliorare tutti — ha detto il c.t. - e quindi non dobbiamo far finta di nulla. I problemi vanno affrontati. Sappiamo che non li possiamo risolvere in un giorno, ma con la programmazione, con l'educazione, con un diverso modo di proporsi».

    Capitolo polemiche arbitrali Prandelli ha preso posizione anche sul delicato momento degli arbitri, dopo la bufera causata dalle proteste della Juventus sabato scorso e le parole del dopo-gara col Genoa. «Abbiamo sempre detto che noi in Italia abbiamo gli arbitri migliori al mondo - ha aggiunto — e dobbiamo anche dimostrarlo nei momenti un po' particolari. Bisogna partire dal presupposto che nell'arbitrare sui campi di calcio gli errori ci saranno sempre. Dobbiamo saperli accettare, dobbiamo cercare di trasmettere qualcosa che va al di là dell'aspetto sportivo».

    Novità Icardi Prandelli è stato poi stuzzicato sull'attaccante della Sampdoria, Mauro Icardi, di origine argentina, ma che dopo i 4 gol al Pescara non ha escluso di poter accettare una possibile convocazione dall'Italia. «Lo ritengo molto interessante — ha detto —. È un discorso molto semplice: chi vuole indossare la maglia della Nazionale deve avere qualcosa che va al di là delle opportunità. Deve crederci. Ovviamente è una scelta particolarmente impegnativa per questi ragazzi. Non mettiamo pressioni. Io ho risposto a una domanda che mi era stata fatta se ci fossero nomi italiani interessanti all'orizzonte in Italia. Ho fatto il nome di Icardi perché, sinceramente, lo ritengo molto interessante».

    "Ho tanto affetto per lui, si affidi a chi gli vuole bene davvero e raggiungerà i livelli di Messi e Cristiano Ronaldo".
    Mancini: "Balo, la famiglia ti aiuterà nel grande salto".
    In Inghilterra qualcuno già lo rimpiange: «Senza Balotelli, Manchester e la Premier perdono qualcosa», era l'analisi, ieri pomeriggio, di un editoriale del sito della Bbc. Anche il City sa che l'addio di Mario è una perdita: «Balotelli è un fuoriclasse. Qualche volta commette fesserie, ma è un fior di giocatore», racconta Pablo Zabaleta, uno dei leader della squadra di Roberto Mancini. I saluti di ieri pomeriggio, in un'anonima sala dell'hotel Landmark, nel cuore di Londra, dimostrano che, nonostante tutto, Mario fosse nel cuore del City: i compagni, anche i compassati inglesi, erano emozionati.

    Nuova capigliatura Balotelli, che già lunedì mattina aveva svuotato l'armadietto, avrebbe abbandonato l'albergo con un nuovo colore di capelli: per festeggiare il matrimonio con il Milan, avrebbe scelto la cresta scura. Mario saluta Manchester dopo 900 giorni, 80 presenze, 30 gol, 4 cartellini rossi, 11 mila euro di multa per le infrazioni al codice stradale, una sfilza di «Balotellate», la simpatia del popolo del City, le trovate geniali come quella maglietta «Why always me?», «Perché sempre io?» – vero oggetto di culto e in vendita persino su internet -, fino all'odio sportivo dei tifosi rivali, l'ultimo dei quali può essere considerato quel fan dello United che, domenica sera, ha fatto la pipì addosso alla sua Bentley, camuffata da auto marines. Mario, che in pochi giorni a Milano è passato dallo status di «mela marcia» a «frutto proibito», saluta anche Roberto Mancini, l'allenatore che lo ha sempre sostenuto.

    Mancini, come vi siete lasciati?

    «Con affetto, come sempre».

    Il suo sentimento a caldo?
    «Mi dispiace. Io ho sempre creduto nel talento di Mario Balotelli e lo confermo: se migliora nei comportamenti, può arrivare ai livelli di gente come Lionel Messi e Cristiano Ronaldo. Il Manchester City perde sicuramente qualcosa con il suo addio».

    Ora Balotelli non avrà più il paracadute Mancini.
    «Io gli auguro di cuore che, riavvicinandosi a casa, possa ritrovare il calore della sua famiglia. Mario ha bisogno delle persone che gli vogliono davvero bene e possono aiutarlo. La presenza della famiglia può aiutarlo a compiere il salto di qualità definitivo».

    Il Milan era nel suo destino: è la squadra per la quale Mario ha tifato da quando era bambino.

    «Mario ha la fortuna di approdare in un club di valore mondiale come il Milan. Sicuramente per lui giocare nel Milan può essere una carica in più».

    Chi arriverà al City al posto di Mario?
    «Non arriverà nessuno. Noi restiamo così».

     

    L'esilio in Premier tra gol, vittorie e scintille.
    Da Milano a Milano.
    Mille giorni dopo aver gettato a terra la maglia dell'Inter, Mario Balotelli è pronto a vestire quella del Milan. Il tempo dirà se quei colori, amati da sempre, sono l'approdo a Itaca. Di sicuro raggiungerla gli è costata una perigliosa odissea. Quella maglia gettata rabbiosamente sul prato di San Siro, in coda al glorioso Inter-Barcellona 3-1 del 20 aprile 2010, è stata la fine del periodo nerazzurro. Una comparsata svogliata tra i fischi di San Siro e gli urlacci di Mourinho. Mario rientrò in spogliatoio, Materazzi gli mise le mani addosso. I tifosi forse alla lunga l'avrebbero perdonato addolciti dai gol, i santoni argentini dello spogliatoio: mai. Mou se ne andava dopo il Triplete, il successore Benitez, per prima cosa, gli disse: «Sei la quarta punta dietro a Milito, Eto'o, Pandev». «Mino, leviamo le ancore», ordinò Balotelli a Raiola.

    Come Meazza Se ne andava un ragazzo che alla prima in Serie A, a 18 anni, aveva gelidamente aggirato il portiere dell'Atalanta e messo in rete, l'autore precoce di gol-scudetto; se andava il miglior progetto italiano di fuoriclasse, un virgulto del vivaio che avrebbe potuto trasformarsi nella bandiera del club come Peppino Meazza, per dieci anni abbondanti. Una rinuncia dolorosa, al limite dell'assurdo, ma Moratti si era fatto convincere dai suoi consiglieri, in calzoncini o no, dell'irrecuperabilità del tipo. Per Natale il presidente, già a buon punto nel processo di pentimento, gli avrebbe spedito a Manchester un prezioso portachiavi insieme agli auguri.

    Milano addio Ma la partenza era ancor più dolorosa per i suoi genitori, Silvia e Franco, che negli anni lo hanno aiutato ad assorbire il trauma di un abbandono, i primi fischi razzisti, l'impatto destabilizzante della fama e della ricchezza improvvise e ora lo vedevano partire per l'Inghilterra. Lo accompagnarono con una lettera pubblica che cominciava: «Come genitori ci sentiamo un po' tristi, ma anche fiduciosi. Le incognite sono ancora tante, Mario è molto giovane, molto "fragile"». Preoccupati, ma anche speranzosi che Mario, in un altro ambiente, lontano da tanti «Lucignoli» (così nelle lettera), sotto le cure di Mancini che lo aveva lanciato a 17 anni, avrebbe trovato terreno buono per germogliare. In quell'estate 2010 mamma Silvia lo congedò infilandogli al collo una medaglietta, regalo per i 20 anni, con scritto: «Professionalità, impegno, umiltà». La catenina precedente gliel'aveva strappata dal collo Mou durante una lite furiosa, sulla medaglietta c'era una stella a cinque punte coi nomi dei genitori e dei fratelli. Il 17 agosto 2010 si presentò ufficialmente alla stampa inglese di cui sarebbe diventato instancabile rifornitore. Le sue prime parole da giocatore del Manchester City: «I'm not a bad boy», «Non sono cattivo, né troppo buono, solamente vivace». Non gli avrebbero mai creduto.

    Luci I due anni e mezzo al City sono stati un impasto spettacolare di promesse e smentite, di perle e «balotellate»: gol e canzoncine affettuose dei tifosi, infortuni e squalifiche a raffica. Non si è fatto mancare niente, nel bene e nel male. Prima partita, 19 agosto, e primo gol: al Timisoara, in Europa League. Va di fretta, ma un menisco lo sgambetta e lo porta da chirurgo. Torna in Premier in ottobre e il 7 novembre segna i primi gol di campionato, al West Bromwich: doppietta con espulsione incorporata. Roba da Mario. La prima stagione inglese finisce in gloria: trionfa a Wembley nella FA Cup col titolo di «man of the match». Entra definitivamente nel cuore dei tifosi con la doppietta a Old Trafford nel leggendario 6-1 agli odiati cugini (23 ottobre). Nell'occasione scopre la scritta: «Why always me?» All'ultima partita di Premier, contro il QPR, serve l'assist del 3-2 che vale un titolo atteso 44 anni.

    Ombre Meraviglie diluite in un mare di balotellate che ne hanno corrotto l'immagine e frenato il decollo. I Lucignoli lo hanno braccato anche lì. Citiamo a raffica: 11 giorni dopo la presentazione, sfascia l'AudiA8; si picchia in allenamento con Jerome Boateng (dicembre '10), ora gli tocca il fratello; espulso con la Dinamo Kiev per un'entrata da kung fu, City eliminato dall'Europa League, Mancini gli dà dello stupido (marzo '10); tira freccette dalla finestra ai giovani del City (marzo '11); sbaglia un gol col Galaxi con un clownesco colpo di tacco (luglio '11); visita a Scampia che finisce in Pretura (settembre '11); fuochi d'artificio in casa, arrivano i pompieri (ottobre '11); si picchia con Richards (dicembre '11); scarpata in faccia a Parker (Tottenham): 4 giornate (gennaio '12); entrataccia su Song (Arsenal): 3 giornate (aprile '12). E poi il copioso faldone delle donne: dall'escort Jennifer Thompson, ex di Rooney, a Rafaella Fico che le avrebbe dato un figlio.

    Isola azzurra La minaccia di portare il City in tribunale (dicembre '12) e le mani addosso con Mancini (gennaio '13) hanno spezzato definitivamente il rapporto col City. Ed è ripartita l'odissea. In questo navigare tempestoso la Nazionale è stata un'isola azzurra. Lì Mario ha dato il meglio, come resa e comportamenti. Impeccabile e trascinante all'ultimo Europeo da cui, di fatto, non è più tornato. L'unica partita buona delle stagione, guarda caso, l'ha disputata in azzurro (Italia-Danimarca) nel «suo» San Siro. Una maglia che ama, la fiducia e l'affetto dell'ambiente: ciò che Mario trova in Nazionale, lo cerca ora al Milan per uscire finalmente dal bozzolo di incompiuto. Con l'aiuto dell'amico ed azzurro El Shaarawy. Dopo Chievo-Milan del marzo 2010 che riportò i rossoneri a -1, Balotelli, nato milanista, prometteva ai compagni della Pinetina: «Vi riprendiamo». Si allenava con calzettoni rossoneri, odiati da Materazzi, e ritirava Tapiri con la maglia del Milan. Tornò a San Siro da giocatore del City per cantare «Ibra, Ibra» che regalò il derby al Milan. Indiscussa ed esposta la fede rossonera. Un rischio: Allegri non ha il carattere morbido di Prandelli, ma l'ottimo Galliani saprà creare attorno al ragazzo le condizioni migliori per farlo rendere e per non farsi male. Se Mario ascolterà la medaglietta (professionalità, impegno, umiltà) facile che Milanello diventi Itaca per davvero. La preghiera con cui mamma Silvia concluse la lettera vale anche per Galliani: «Confidiamo in Colui che su Mario ha avuto un progetto "speciale" fin dalla più tenera età». Speriamo in Dio, insomma. Intanto si è preso la Gioconda per 20 milioni: mica male.

    Ciao Minao L'ex «mela marcia» trasmette già entusiasmo contagioso. Un giorno chiedemmo a Balotelli: «Berlusconi considera Cassano il miglior talento italiano. Che pensi?» Rispose: «Capisce poco di calcio. Infatti potrebbe acquistarmi...». Cassano ora è un avversario da derby lontano solo 25 giorni. Ok, anche Meazza passò al Milan, ma a fine carriera e con il «piede freddo» per problemi di circolazione. Balo è in fiore e ha il cuore caldo di chi cerca rivincite.


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