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  • Momenti Di Gioia: ciao Frey, simbolo di un calcio che non c'è più: 'Ora basta'
Momenti Di Gioia: ciao Frey, simbolo di un calcio che non c'è più: 'Ora basta'

Momenti Di Gioia: ciao Frey, simbolo di un calcio che non c'è più: 'Ora basta'

"In un calcio ormai privo di esempi da seguire e positività, ma sempre più basato sul denaro e sul ritorno economico, e funestato da eventi che con il pallone non hanno nulla a che vedere, questa rubrica vuole proporre un momento di svago settimanale che ci riavvicini allo sport più bello del mondo, legato al campo di gioco ma non solo, anche ai social, alle iniziative di beneficenza e a storie da raccontare: il calcio è felicità, il calcio è passione, il calcio è "Momenti Di Gioia""

"Quante donne avrei coi capelli di Frey": per iniziare il saluto ad uno dei portieri più estrosi e appariscenti degli ultimi vent'anni ci piace utilizzare la versione politically correct di uno striscione che i tifosi della Fiorentina gli dedicarono durante i suoi sei anni in Viola, dal 2005 al 2011, probabilmente i più felici della sua carriera. Perchè Sebastian da Thonon-les-Bains, comune francese del dipartimento dell'Alta Savoia, è sempre stato così, proprio come quello stendardo: senza peli sulla lingua, estroverso e capace di dire sempre ciò che pensa, caratteristica che probabilmente gli ha impedito di giocare per i top club d'Europa, visto che in porta raramente lo abbiamo visto sbagliare. Di lui ricordiamo, oltre alle grandi parate, la Smart taroccata, i tuffi dal balcone nella piscina vuota e le basette da rockstar, i capelli colorati o decolorati e il buddhismo, colpa o merito di Roberto Baggio.

UNA VITA IN ITALIA - Ragazzo esuberante, schietto e un po' guascone, ha da poco scelto di ritirarsi dal mondo del pallone, dopo un crepuscolo di carriera in Turchia, nel Bursaspor, ma soprattutto dopo aver lasciato la sua vera patria calcistica, l'Italia, in seguito alla fine della sua esperienza al Genoa. Oltre ai rossoblù e alla Fiorentina, nel Belpaese ha militato anche nell'Inter ("il primo amore non si scorda mai"), nel Verona e nel Parma. Ma a stupire e a far parlare di sè non ha rinuncianto nemmeno nel momento del commiato dal mondo del pallone, con una lettera di addio al calcio che ha commosso e fatto scattare un campanello d'allarme, dato che getta numerose ombre sui calciatori di oggi.

'UN MONDO CHE NON MI APPARTIENE PIU' - Nipote, figlio e fratello d'arte, dato che il nonno André ha giocato come difensore per Metz e Tolosa, indossando anche la maglia della Nazionale in sei occasioni, mentre il padre, anch'egli portiere, arrivò a giocare fino alla seconda divisione francese e il fratello Nicolas milita attualmente nel Chievo, ha dedicato al calcio tutta la sua vita, come non manca di sottolineare nel suo addio. Con oltre 400 incontri disputati, è il terzo straniero di sempre più presente in Serie A, alle spalle di mostri sacri come Javier Zanetti e José Altafini: si parla dunque di un calciatore che ha calpestato per parecchi anni, 18 per la precisione, i rettangoli verdi di tutta Europa. Per questo le sue parole fanno ancora più riflettere, e il "j'accuse" del portierone francese nei confronti dei colleghi più giovani non è nemmeno troppo velato: "Negli ultimi tre-quattro anni mi sono accorto che questo mondo mi appartiene sempre di meno. Quando ho cominciato a giocare a calcio c’era rispetto. La parola di una persona aveva lo stesso valore di una firma, ora non contano più neanche le firme. I ragazzini, dagli undici anni in poi, hanno in testa le cose sbagliate. Pensano di essere Messi o Cristiano Ronaldo. Vogliono la macchina grossa, le scarpe con il nome sopra, non pensano al calcio. Ma io non so cosa darei per tornare all’età in cui pensi soltanto a portare il pallone e ad andare a giocare con gli amici".

FREY COME RONALDO - Trentacinque anni per un portiere sono tanti, ma non troppi, come dimostra a 37 primavere Gianluigi Buffon, compagno di uno sport ormai guastato dal denaro e dall'eccessiva opinione di sè. Per questo la decisione di Frey è vista ancor di più come uno strappo, come confermano le sue parole: "Quando sono andato a giocare all’Inter, era come essere in una famiglia. Non voglio dire che trattassero Frey come Ronaldo, ma a livello umano eravamo tutti uguali. Oggi questo si è perso. La mia ultima esperienza in Turchia è stata la botta definitiva: avevo un’altra stagione di contratto, ma non volevo avvelenare il ricordo che ho del calcio. È stato la mia vita, non posso andare in campo solo per prendere lo stipendio". Chapeau, Sebastian: ci ricorderemo per sempre delle tue parate, dei tuoi modi pittoreschi ma soprattutto di queste parole. Perchè il pallone è prima di tutto un modo per essere felici: e tu, grazie a lui, lo sei stato. Poi hai saputo dire basta.

Alessandro Di Gioia
@AleDigio89


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