Montolivo alla riscossa: 'Tornerò in Nazionale, più forte dell'odio sui social'
"Prandelli? In Italia c’è poca memoria e il gusto di demolire. Giocavamo bene, con il centrocampo rotante: secondi all’Europeo. È mancato l’ultimo gradino. Lanciavamo messaggi importanti: la partitella sul campo di Rizziconi confiscato alla ‘ndrangheta, la visita ad Auschwitz. Dopo l'operazione non sopportavo i mezzi di sintesi nella gamba, prendevo farmaci contro il dolore. Mi sono rioperato a fine stagione. Poi l'Europeo perduto per un infortunio banale. Recuperavo da un risentimento a un polpaccio e mi sono fatto male all’altro, a Malta, nel postpartita per chi non aveva giocato. Infine, la Spagna. Palla non pericolosa: non c’era bisogno di entrare con quell’irruenza. Ramos ha fatto il classico intervento per intimorire. Dolore pazzesco. Mentre facevo la risonanza, speravo che il professor Castellacci mi dicesse che non era niente. Macché: crociato rotto, collaterale lesionato".
"I social li uso per i contatti e per informarmi. L’età mi permette di gestirli. Ma ai colleghi più giovani consiglio di farsi seguire da professionisti della materia. Con gli infortuni capisci chi ti sta vicino sempre e chi solo per convenienza. Mi godo la famiglia e mia figlia. Nel mio recinto restano in pochi. I compagni del Milan, a Verona, hanno sventolato la mia maglietta. Non sono egoista, gioco dove serve: non piace alla critica, ma a compagni e allenatori sì. A Firenze fui votato capitano. Ho esordito in Azzurro nel 2007, ho giocato con 5 ct. Erano tutti pazzi? Sono orgoglioso della mia carriera. Ora penso solo a guarire. Ma a 31 anni non voglio che la mia ultima immagine in Nazionale sia quell'uscita in barella dallo Juventus Stadium".