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  • Non si vive di solo tiki-taka. Il sudore del Milan placa l'estetica blaugrana

    Non si vive di solo tiki-taka. Il sudore del Milan placa l'estetica blaugrana

    • Luca Savarese

    Chi pensava che per il Barcellona il primo atto fosse una passeggiata, si è sbagliato. Chi pensava che Leo Messi fosse venuto a San Siro per riempire di gol la porta di Abbiati, è costretto a ricredersi. Il Milan dunque non è morto ma, dopo una battaglia strenua, di corpo e di spirito, è più vivo che mai ed ora, con questo risultato di 0 a 0, uno degli esiti più graditi alla vigilia, può andare a Barcellona molto più che da semplice spettatore. Il valoroso asse della lettera A, Abbiati-Antonini-Ambrosini, ha sudato sette camice per impedire ai veloci e sguscianti ragazzi di Guardiola di fare caccia piena. Luca Antonini, che sfide di questo spessore le sognava quando correva avanti e indietro in quel di Siena, pochi anni fa, ha fatto due chiusure che rappresentano benissimo lo spirito mai arrendevole del Milan ieri sera: nel primo tempo ha fermato Sanchez (apparso per la verità solo nino ma niente maravilla ) e, a pochi minuti dal fischio del signor Eriksson, ha salvato su un sicuro tapin blaugrana. Cristian Abbiati ha sofferto ma ha parato con coraggio, e, capitan Massimo Ambrosini, ci ha messo l'anima ed oltre. Il Milan ha portato la croce in modo armonico mentre il Barcellona provava a cantare ma vuoi un tocco di troppo o un recupero del Milan ( va detto che ci poteva benissimo stare un rigore per i blaugrana, nell'episodio dell'uscita di Abbiati su Sanchez ) ed ecco che la musica veniva sempre stoppata. Nelle varie stazioni della via crucis poi, tenacemente affrontata anche da Daniele Bonera, Philip Mexes ed Alessandro Nesta, ci sono stati tre momenti, tre folgorazioni improvvise, in cui i rossoneri potevano accendere una luce; una a pochi minuti dal via sul piede destro di Robinho, lui si la nota più stonata ieri in casa Milan, che ha sparato altissimo a pochi passi da Victor Valdes.

    Ecco poi il sinistro di Ibra che invece che munirsi di leggero scavetto, ciabatta in faccia al portiere spagnolo ed infine Clarence Seedorf che, probabilmente anche lui dentro il clima sublime dell'incontro, getta alle ortiche una buona palla. Il Milan mentre il Barcellona cercava il vestito più bello, ha costruito mattone su mattone la sua casetta, fatta di sudore ed energie, di resistenza ed alcune folate di intraprendenza. A proposito, sinceramente nel dopo partita non ce li aspettavamo tutti quei piagnistei dei blaugrana che a più riprese hanno colpevolizzato il terreno di gioco. E' vero, il manto di San Siro ieri non era per niente un elegante velluto sul quale proporre calcio ma, diamine, forse che gli iberici sanno esprimere il loro gioco asfissiante e pieno di tocchetti esili solo su i terreni più belli? Non appare piuttosto riduttivo alla loro forza di squadra prendersela col campo? Addirittura Dani Alves lo ha definito un patataò. Su quel patataò il Milan, da contadino paziente, ha pelato le patate e messo su la minestra della resistenza mentre il Barça, da reginetta precisa, non ha poi in sostanza messo in pancia nessuno di quei cibi eleganti che aveva provato a preparare. Alle volte, una minestra fatta e gustata col sudore, è meglio di un'aragosta preparata ma mai mangiata. E, com'era affamato il giovane El Shaarawy quando è entrato. Il Milan in coro ha detto al Barcellona quello che l'avvocato Agnelli disse al partente Zidane: sei più bello che utile. Il calcio non sempre è un centro estetico, ogni tanto può essere più pugnace di uno sdentato soldato delle guerre puniche. Al ritorno, può succedere di tutto, però una cosa è certa: lo spirito che ha avuto ieri sera il Milan, è da esportare. L'unione fa la forza. Mai detto si può applicare ad una squadra come a questo Milan.

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