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  • Odio il mercato

    Odio il mercato

     

    di Roberto Beccantini, su http://www.beckisback.it/
     
    Odio il mercato e, dunque, mi porto avanti con gli alibi con i quali giustificherò tutte le analisi che vorreste e non avrete. Lo odio da quando, ragazzo a Bologna, mi ero invaghito di Amarildo, riserva di Pelè e protagonista del Mondiale brasiliano in Cile. Lessi che sarebbe andato alla Juventus. Ne ero felicissimo. Conservo le pagine, i titoli, con tanto di verbi al futuro e zero condizionali. Passò un anno e Amarildo finì al Milan. Probabilmente, avrei dovuto cominciare a detestare i giornalisti e continuare ad amare il mercato. Sbagliai strada. Meglio così: se avessi scelto quella giusta, non ci saremmo conosciuti.
     
    Ci sono cose peggiori, certo. Il mercato piace in quanto sogno, segno, oppio e adrenalina del popolo. Lo cucinano i giornalisti e i procuratori, tra molto fumo e qualche arrosto (prima poi, me la dovevo giocare…). Per carità: ogni tanto l’eresia e l’utopia diventano realtà – esempio: Zico all’Udinese – ma il rapporto resta molto basso, molto liquido.
     
    Non mancano gli svaghi: la scorsa estate, Gasperini chiese Palacio a Moratti e non lo ebbe; oggi, all’Inter, non c’è più Gasperini ma arriva Palacio. Questioni di bilancio (allora non si poteva, ora si può)? Ripensamenti? Moratti resta unico.
     
    Si chiude il 31 agosto, vi lascio immaginare la noia (Ranieri/Moravia) e la nausea (Mourinho/Sartre). Sempre che non ci «salvino» gli Europei o i botti di Scommessopoli. Ormai, non tira più nemmeno la conta delle stelle, e non è che De Laurentiis possa delirare una volta al giorno per assicurare titoli alternativi. O mercato o Barbara versus Galliani. Da Higuain a Destro il salto non è lieve e, temo, ce ne saranno di più spericolati.
     
    Passano gli anni e Giovinco è sempre a metà (o metà?). Corsi e ricorsi, Vico e Fico, Balotelli e il codice Prandelli. La frase del giorno è di Ibra: se vado, vado; se resto, resto. Però.
     

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