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  • Palermomania: niente di strano
Palermomania: niente di strano

Palermomania: niente di strano

  • Daniele Valenti

Ci sono volute 18 giornate, quasi l’intero girone di andata, praticamente mezzo campionato, perché il Palermo conquistasse la vetta solitaria della classifica. In viale del Fante si intonano i peana, eppure guardare tutti dall’alto verso il basso era l’obiettivo minimo. È pur vero, comunque, che si usa fare un regalo allo studente che si mette in tasca la promozione, cioè fa il suo dovere. Oggi però non vogliamo soffermarci sul come la squadra di Iachini ha mangiato posizioni su posizioni, piuttosto sul contorno ambientale.

Col Cittadella si è giocato per il primato. Eppure il Barbera era così vuoto che sembrava una stanca partita tra scapoli e ammogliati o una bella festa tra ragazzi all’oratorio. Il manifesto progressivo di come l’entusiasmo dilagante - quello che appunto ti porta a gremire lo stadio - sia scemato dopo la retrocessione. Secondo noi è illogico fare il paragone con il primo Palermo di Guidolin, quello che quasi 10 anni fa tornò in A dopo ben 32 anni di assenza: era un’altra Serie B, ingentilita dal Cagliari di Suazo o dal Livorno di Protti e Lucarelli.

La A, peraltro, era una chimera, oggi la sua conquista viene data per scontata. Semmai scoppierebbe la rivoluzione se il Palermo fallisse la risalita. È come chiedere a un uomo di entusiasmarsi se dopo una decina d’anni in cui ha rubato il cuore a bellissime donne è costretto ad accontentarsi di quella ‘carina, ma niente di che’. Ieri il prato del ‘Barbera’ veniva cavacalto da Miccoli, Pastore, Cavani, Balzaretti, oggi i loro epigoni sono, con tutto il rispetto, Lafferty, Hernandez, Belotti e Daprelà. Quei tempi probabilmente non torneranno più, ma è ingiusto chiedere di dimenticare quell’entusiasmo che ancora oggi ne deriva e che resta il cimelio più prezioso dei nostalgici tifosi rosanero.

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