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  • Addio a Pannella, il nostro Gandhi

    Addio a Pannella, il nostro Gandhi

    • Marco Bernardini
    Una sola parola, libertà. Un unico strumento, la non violenza. Le due strade, imprescindibili, per rendere il nostro mondo certamente non perfetto ma almeno in pace con se stesso e in sintonia con la natura. Non un pazzo e neppure un ermetico filosofo. Non un santo e neppure un diavolo. Lui, diverso da tutti e identico all’idea di uomo nella funzione per la quale venne creato. Essere pensante e quindi tollerante. Ribelle ma non rivoltoso. Autorevole ma gentile. Logorroico ma timido e mai retorico. Onesto tra disonesti e malandrini vestiti da signori. Autoelesionista incancrenito da duecento sigarette al giorno e ascetico per scelta di lotta nei suoi digiuni al limite dell’estrema sopportazione. Centrato su se stesso mentre si offriva completamente agli altri: deboli, indifesi, emarginati, diversi, perseguitati, detenuti e prostitute. Testa alta e schiena ben dritta, senza nulla in mano per offendere fisicamente. L’arma della parola per il trionfo del bene sul male. Questo è tante altre cose è stato Marco Pannella. Un autentico gigante per l’umanità del quale il nostro Paese deve andare fiero come l’India per Gandhi.

    Sono orgoglioso di averlo conosciuto, incontrato, ascoltato e seguito lungo i suoi cinquant’anni di battaglie civili. Dai giorni di “Lotta Continua” di cui fu direttore fino a quando il Movimento non tracimò nella violenza e poi al tempo in cui con il mio amico Edoardo Agnelli andavamo a trovarlo nella sua mansarda in via della Panetteria a Roma per poter respirare un po’ di aria buona e ricaricarci di energie positive. Io scrivevo di calcio, materia a lui incomprensibile perché amava gli sportivi autentici e non il Circo con annessi e connessi. Nel ’92, a proposito di Maradona mi disse: ”Diego era un ragazzo e giocatore meraviglioso. Lo hanno drogato di pubblicità, di sfruttamento affaristico e anche politico per far dimenticare lo scandalo della camorra e lo sfascio di Napoli. Lo hanno messo in braccio a puttane, magnaccia e adulatori di ogni genere. Come meravigliarsi se il ragazzo non ha retto e se l’uomo è stato spezzato anche dalla droga che, grazie al proibizionismo, devasta milioni di persone e di ragazzi al mondo”.  Pensava questo, del calcio. Eppure un giorno, prima delle elezioni del 1985, lo convinsi a rilasciarmi un’intervista ufficiale per Tuttosport nella quale Marco per la prima e ultima volta parlava di che cosa fosse per lui lo sport. Calciomercato.com è felice di riproporla. E’ talmente viva e attuale che sembra scritta ieri. Grazie Marco.
     
    Il PR è finalmente pronto a vincere il suo primo scudetto della politica?
    In genere non concorriamo ai campionati normali. Giochiamo solamente per le grandi coppe e tornei. In totale abbiamo partecipato alle elezioni chiedendo di votarci, in trent'anni, non più di tre o quattro volte. Fra i nostri trofei: divorzio, aborto, obiezione di coscienza, cacciata del Presidente Leone, antinucleare, voto ai diciottenni, decriminalizzazione dei tossicodipendenti, riduzione della carcerazione preventiva da 12 a 6, ora primo aumento delle pensioni minime e sociali e progressi nella lotta contro lo sterminio per fame nel mondo... E' il trofeo della onestà e della speranza. Vorremmo, questa volta, che lo scudetto – moralmente parlando – fosse conquistato dai verdi, e dalla lista piemontese “civica e verde”.

    Pannella, da bomber di sfondamento a uomo di centrocampo e regista: come ti trovi?
    Bene, visto che la squadra è sensazionale. E' come se fosse, in proporzione, di 4 uomini al massimo in campo, contro squadre di ventidue. Pensate ai nostri tremila iscritti in tutta Italia contro i milioni di iscritti agli altri partiti. Vorrei adesso, per un po', riposarmi: stare in porta.

    La gente dedica sempre più spazio a discussioni sportive e sempre meno a problematiche politiche: giusto? sbagliato? Come si può rimediare?
    Comprensibilissimo. Se in un gioco la regola è nel barare, e gli arbitri sono venduti, alla fine di quel gioco non ci si occupa più. Finché - per recuperarlo – non ci si decida a buttar fuori i bari. E quest'ultima é la cura perché la politica torni a meritare di esser discussa, praticata, amata.

    Sarebbe possibile dar vita ad un grosso e credibile squadrone della politica. Una specie di nazionale in grado di soddisfare i “tifosi” e di vincere? E chi dovrebbe essere l'allenatore?
    C'è, ed è quello radicale, credetemi. I risultati sono chiari Solamente che televisione, giornali, non fanno nemmeno saper dove si gioca, quando e inventano poi cronache false. Fuori Italia ci se ne sta accorgendo, in Europa, negli USA, in Africa. Potrebbe essercene un altro, del tipo di quello cui alludete, ad una condizione: che si cambi sistema elettorale, si passi al sistema uninominale, si costringa così i partiti a divenire due o al massimo tre. Ma siamo i soli a volerlo, e la gente non lo sa nemmeno. In tal caso l'allenatore dovrebbe essere straniero: britannico, statunitense, canadese o australiano.

    Il PR ha un ``progetto'' sportivo per l'Italia?
    Da noi ciascuno ragiona con la propria testa. Io da una vita sostengo che occorra far leggi con cui si cominci con l'imporre che in ogni abitazione, in ogni palazzo ci sia lo spazio-palestra, tanto per cominciare.

    Mentre per ora, per la ginnastica e lo sport, c'è in casa solo la camera da letto, quando c'è: dove si pratica una cultura e uno sport nonviolenti, bellissimi, se se ne è capaci: l'amore. Insomma lo sport è quello che si pratica, si vive non tanto quel che si guarda mentre gli altri lo fanno.
    Se non viene il tifo, che qualche volta è una brutta malattia, se invece d'essere amore per il gioco diventa sfogo per i frustrati.

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