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  • Pippo Russo: Marquez-Materazzi e Vale-Zizou: l'istinto patrio e i giudizi strabici

    Pippo Russo: Marquez-Materazzi e Vale-Zizou: l'istinto patrio e i giudizi strabici

    La Patria chiama e il popolo risponde per riflesso condizionato. Succede ormai soltanto quando c’è di mezzo lo sport, e avviene in queste ore attorno alla vicenda che contrappone Valentino Rossi a Marc Marquez, col “terzo comodissimo” Jorge Lorenzo a godersi i frutti della lite. L’Italia intera si schiera col suo campione provocato e offeso, con una mobilitazione che parte dalla base dei tifosi per salire su fino al presidente del Coni e al Premier. Dal canto suo la Spagna si mobilita in difesa dei suoi idoli sportivi, puntando contro Valentino Rossi una potenza di fuoco mediatico che si riserverebbe ai grandi carnefici della Storia. Tutto molto tribale, se guardato col giusto distacco. E ci si prova a farlo, sapendo che non è facile. Non certo perché non si sappia tenere a bada le animosità, ma perché a esprimere un’opinione fuori dalla bolgia si rischia di passare come alieni. Per riuscire a farlo, e mettere in chiaro la condizione di “strabismo del giudizio” suscitate da circostanze come questa, bisogna dividere l’articolo in due parti.

    Parte prima: perché sto dalla parte di Valentino -  Faccio subito la mia dichiarazione di voto: nella vicenda di questi giorni mi schiero dalla parte di Valentino Rossi. Ma schierandomi lo faccio in modo ragionato, e non certo perché mi senta chiamato dalla patria. Dico di più: mi schiero dalla parte di Valentino Rossi nonostante non abbia mai provato simpatia per lui. Anzi, se devo dirla tutta il suo personaggio pubblico mi è sempre risultato negativo. Indiscutibile come campione, l’ho trovato più volte troppo costruito: quel suo essere un professionista della simpatia, il voler sembrare “ganzo” a tutti i costi, il cavarsela costantemente con l’atteggiamento cazzaro da “muretto & comitiva”. Soprattutto trovai del tutto fuori luogo, a suo tempo, il tormento dato – ai limiti dello stalking – a Max Biaggi. Il romano era già maturo e Valentino s’affacciava appena alle gare d’alto livello, e pareva che per il pesarese l’attività principale fosse perculare il collega anziano anziché preoccuparsi di vincere in pista (cosa che peraltro gli riusciva ugualmente). E magari all’inizio la cosa risultava anche spiritosa, ma poi prese a essere fastidiosa e stucchevole. Bisognerebbe sempre portare un minimo di rispetto, soprattutto verso i colleghi più anziani. E invece il “giovane e simpatico” Vale non perdeva occasione di sbertucciare l’esperto Max, scendendo persino sul piano personale. Per dirne una, nel 1997 al Mugello il diciottenne Vale compì il giro della vittoria portando a spasso una bambola gonfiabile con la scritta “Claudia Schiffer”. E interrogato sul motivo del gesto disse che era la sua risposta al flirt tra Max Biaggi e Naomi Campbell (CLICCA QUI). Tutti risero. Io invece trovai che il gesto fosse immensamente squallido, oltreché animato da un’ossessione personale. E inoltre in quell’ossessione di Valentino per Max c’era una voglia di stravincere che non si perdona a nessuno. Perché era chiaro che Rossi fosse più forte, e che in ragione dell’età nettamente più giovane s’avviasse a scalzare Max Biaggi dai podi di tutto il mondo e dal cuore degli sportivi italiani. E dunque che bisogno c’era di mettersi pure a infierire? Ripensando a quella saga dello sfottò, è un meraviglioso contrappasso che adesso Valentino Rossi si trovi a malpartito a causa del comportamento “da stalker” (oltreché “da stopper”) di un suo ex giovane fan, Marc Marquez. Prima o poi la ruota gira per tutti, e ci si vede restituire con gli interessi ciò che abbiamo saputo meritarci. Inoltre, merita ricordare quella volta in cui la tensione fra i due divi italiani della moto toccò il punto più elevato. Fu a aprile 2001 a Suzuka, quando Biaggi allargò un braccio per ostruire Rossi (che parlò di gomitata), e quest’ultimo reagì mostrando il dito medio. Rivisitando quell’episodio (CLICCA QUI) Valentino parlò addirittura di “quasi tentato omicidio” (sic!). Lo ridirebbe adesso, dopo il suo calcetto a Marquez?

    Ho richiamato questi precedenti per rendere chiaro che, prendendo le difese di Valentino Rossi nella vicenda che lo coinvolge in questi giorni, lo faccio né per spirito patriottico né per simpatia verso il personaggio. E premettendo che il pilota italiano ha sbagliato nel tirare il calcetto, dico che in quelle condizioni il calcetto l’avremmo tirato tutti. Perché siamo umani. Perché situazioni estreme chiamano reazioni estreme. E perché c’è un limite di sopportazione alle provocazioni. Aggiungo un altro paio di cose di cui bisogna tenere conto. La prima è che Marquez quel calcetto se l’è andato a cercare, e che se anche non fosse arrivato poteva arrivare la collisione, vista la vicinanza sempre più esasperata delle moto in quel marcamento asfissiante. La seconda è collegata alla prima: per come la vedo io, il calcetto di Valentino Rossi è più di difesa che d’offesa. Sembra dettato dall’istinto d’allontanare il pericolo, non dalla volontà d’arrecare danno. Chi non lo avrebbe mollato, dovendosi parare da un invasato che sfreccia a un dito da te a 200 all’ora? Per tutto questo sto parte di Valentino. Che ha sbagliato, ma ha diritto a parecchie attenuanti.

    Parte seconda: perché siete stati dalla parte di Marquez Materazzi? -  E però a questo punto bisogna occuparsi della seconda metà del discorso. Quella che riguarda il sentirsi dalla parte del Bene e del Giusto quando si prende campo in una disputa così. Sono convinti di stare dalla parte del Bene e del Giusto tutti gli italiani che si schierano con Valentino Rossi, così come sono convinti di stare dalla parte del Bene e del Giusto tutti gli spagnoli che si schierano con Marc Marquez e Jorge Lorenzo. E guardando soltanto al campo italiano, si ha la ferma convinzione d’essere dalla parte del Bene e del Giusto schierandosi col campione che ha “umanamente reagito” alla provocazione. E di conseguenza ci si schiera contro “l’infame provocatore” e contro colui che dall’infame provocazione potrebbe trarre vantaggio in termini di successo sportivo.
    Ok, prendo atto. E prendendo atto chiedo: da che parte vi siete schierati nella notte di Berlino, quando Zinedine Zidane rispose con una testata alla provocazione di Marco Materazzi? Chi era l’infame in quell’occasione? E il Bene e il Giusto stavano dalla parte della provocazione, o dalla parte della reazione alla provocazione? E scusate se vi ho messo in crisi, ma ogni tanto è bene riflettere sul fatto che tutti quanti si soffra di strabismo del giudizio, e che Bene e Male non sono principi assoluti ma oggetti malleabili. Non metri di giudizio, ma metri da sarto: da allungare, accorciare e piegare alla bisogna.

    Ricordo la domanda che mi rivolse anni fa una collega sociologa norvegese: “Ma come fate voi italiani a stare dalla parte di Marco Materazzi, quando tutto il resto del mondo sta dalla parte di Zinedine Zidane?”. Le risposi che, per quanto mi riguarda, non sto dalla parte di Marco Materazzi a prescindere. Testata o non testata. Adesso scopro che tutta l’Europa tranne la Spagna sta dalla parte di Valentino Rossi (CLICCA QUI). E ci sarà un motivo. Lo stesso che portò gran parte dei calciofili non italiani a stare dalla parte di Zidane. Perché a un eroe dello sport possono anche saltare i nervi, senza che la sua grandezza sportiva ne venga inficiata. E invece quale grandezza sportiva volete scorgere in un Marquez Materazzi?

    Pippo Russo
    @pippoevai

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