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  • Pippo Russo: il Chelsea non spende ma Mourinho è ancora il re della Premier

    Pippo Russo: il Chelsea non spende ma Mourinho è ancora il re della Premier

    Chi vuol capire come mai José Mourinho abbia una marcia in più rispetto ai suoi colleghi dovrebbe leggere l’intervista rilasciata al Guardian e pubblicata il 18 luglio (leggi QUI ). Ci trova dentro tutti i motivi per cui il portoghese è considerato da molti il migliore allenatore del mondo. Un giudizio per suffragare il quale, del resto, non basta la qualità del gioco espresso dalle sue squadre, che non è mai stata esaltante; né lo giustifica il numero di successi in carriera, che è sì rilevante ma non tanto più significativo che quello dei successi cumulati da colleghi a lui contemporanei come Pep Guardiola, Vicente Del Bosque, Carlo Ancelotti. 

    Ciò che ne fa un allenatore davvero Special, e che nemmeno i suoi detrattori più convinti si sognerebbero di contestargli, sono quelle doti dialettiche e retoriche fuori dal comune. Doti che gli permettono di dettare sempre gli argomenti in agenda, di volgere a proprio favore i momenti di tensione grazie a un guizzo verbale, e in ultima analisi di catalizzare su di sé l’attenzione e di dare il maggior lustro possibile a tutto ciò che rientri sotto il proprio operato. Soprattutto, quando ci si mette, Mourinho sa essere uno straordinario storyteller. Mostra cioè una grande capacità di inquadrare la quotidianità dentro una forma narrativa e di illustrarla come fosse una sceneggiatura.Così è stato nel caso dell’intervista rilasciata a Steve Brenner, di cui alcuni spezzoni sono già stati citati su calciomercato.com a proposito delle spese folli dei club portoghesi durante l’attuale sessione di calciomercato (clicca QUI). Il tema principale della chiacchierata riguardava proprio l’attuale campagna trasferimenti del Chelsea. Che rispetto a quanto stanno facendo gli altri grandi club della Premier sfiora l’immobilismo. Come dice lo stesso Mourinho: “È andato via un portiere, è arrivato un portiere. È andato via un attaccante, è arrivato un attaccante”. Il riferimento è alle partenze di Cech e Drogba, e agli arrivi di Begovic e Falcao. Dal che si ricaverebbe l’impressione di un bilancio magro, con un allenatore costretto a subire una scelta d’austerità da parte della società. 

    E invece Mourinho rovescia l’ordine del discorso facendo una sorta di Elogio della Conservazione. Un’operazione retorica che si basa su due argomenti forti. Il primo: quando si interviene sul mercato, lo si fa perché si va a coprire una o più debolezze del gruppo, e invece un gruppo forte non ha debolezze da coprire ma soltanto da sopperire alle partenze. Il secondo: quando un club opera in modo massiccio sul mercato, significa che non era stato capace di pianificare la stagione precedente, e dunque sconterà un ritardo rispetto a un gruppo già rodato e consolidato. Fra l’altro, il secondo argomento contiene un’accusa neanche tanto velata ai due Manchester e ai relativi allenatori, Louis Van Gaal e Manuel Pellegrini. I cui club non hanno lesinato denari nella campagna trasferimenti della scorsa stagione e continuano a non lesinarne in queste settimane. Ma questa potenza di fuoco sul mercato non è stata loro sufficiente per contendere al Chelsea il titolo della scorsa stagione, né – sottintende Mourinho – lo sarà quest’anno perché ancora una volta sarà loro necessario pagare dazio al lavoro d’assemblaggio.

    Ovvio che il discorso di Mourinho abbia dei punti di forza quanto di debolezza. Perché è vero che poter disporre di un gruppo rodato è un vantaggio competitivo forte, specie nella prima fase di un campionato; e spesso i campionati si vincono cumulando un vantaggio forte nel primo terzo o metà, e amministrandolo nella parte restante della stagione. Ma per un altro verso è anche vero che il rinnovamento di un gruppo è un passaggio indispensabile fra una stagione e un’altra. E non si tratta soltanto di colmare lacune della stagione precedente o di fare gli “interventi sostitutivi” cui l’uomo di Setubal ha fatto cenno. C’è soprattutto che l’inserimento di forze fresche in un gruppo – in qualsiasi gruppo, non soltanto in un team sportivo – è una risorsa fisiologicamente indispensabile per evitare che si manifesti l’altra faccia della consuetudine e dell’avvenuto rodaggio: l’usura. Che non è soltanto fisica, ma in primis mentale. Il passaggio da una stagione a un’altra è uno stacco netto che mette alla prova anche il gruppo più coeso e efficiente. E il rito del ripartire da capo, che negli sport di squadra rappresenta un appuntamento fisso, è pieno di insidie per ogni gruppo. Ma soprattutto lo è per quei gruppi che nella stagione precedente hanno raggiunto degli obiettivi, e che credono di poter cominciare la nuova stagione come se fosse soltanto la prosecuzione di quella appena conclusa. Quasi si trattasse di riportare l’interruttore sulla modalità ON. 

    A tutto questo c’è da aggiungere che le operazioni di calciomercato sono nutrimento per le aspettative dei tifosi. Aspettative irrazionali, e questo è ben chiaro a tutti. Ma il fatto che siano irrazionali non significa potersi permettere d’ignorarle. Ne consegue che un club poco attivo sul mercato generi diffidenza, indipendentemente dal fatto che quel poco attivismo possa essere il frutto di un’opzione per l’efficacia del gruppo rodato e di una politica degli innesti “pochi e mirati”. Il tifoso vuole i “colpi”, e tanti. Ci sarà tempo per vedere se quei tanti sono anche “buoni e sensati”. Tutte queste cose Mourinho le sa, non può non saperle. Ma sa anche che in questo momento il suo club ha fatto altre scelte. E magari da qui alla conclusione del calciomercato estivo ci sarà un’inversione di tendenza, ma al momento l’andazzo è quello dell’austerità. Dunque il tecnico dei Blues deve trovare il modo di estrarre il massimo dalla situazione in cui si trova. E lo fa inventandosi una narrazione che rovescia la percezione delle cose, trasformando una debolezza percepita in una forza morale e motivazionale. Parla alla sua comunità di tifosi, facendo passare il messaggio che quelli dalla parte della ragione sono loro, savi nel bel mezzo della follia collettiva. Soprattutto, parla ai suoi giocatori ponendo una sfida di tipo nuovo. Lo fa nel passaggio dell’intervista in cui dice: “È una grande sfida: essere migliori con gli stessi, i giocatori devono fare meglio individualmente di quanto hanno fatto l’anno scorso. Così quando pensano: ‘Oh, la scorsa stagione ho fatto grandi cose’, [devono anche pensare] che per questa stagione non è abbastanza”.

    Ecco qui la storia narrata, e la fonte della motivazione da cui la comunità del Chelsea deve trarre energia. Questa è la vera di José Mourinho. Ciò che lo fa davvero Special.

    @pippoevai

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