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  • Pippo Russo: scusi, ma Lei è femmina? La Fifa e il suo Muro di Berlino

    Pippo Russo: scusi, ma Lei è femmina? La Fifa e il suo Muro di Berlino

    Questioni di gender. Un termine che nelle scorse ore è diventato di tendenza nel nostro paese, a causa della manifestazione condotta dai gruppi più conservatori della società italiana, e da essi etichettato come fosse il demonio. Ma “gender” è anche l’oggetto di un’attenzione morbosa da parte delle organizzazioni sportive internazionali, che nel tentativo di garantire equità e regolarità delle competizioni hanno mantenuto per lungo tempo uno strumento piuttosto curioso: il Test di Femminilità (clicca QUI per i dettagli). Una cosa che pareva appartenere al passato, e che invece abbiamo scoperto essere ancora attuale nel calcio. 

    L’occasione che ha consentito di constatare questa persistenza è venuta dai Mondiali Femminili di Calcio, in corso dal 6 giugno al 5 luglio in Canada. Alla vigilia della manifestazione le calciatrici delle nazionali partecipanti hanno saputo di doversi sottoporre al test, indistintamente. In pratica, la Fifa è ancora ferma all’epoca del Muro di Berlino. Ma andiamo con ordine. I test di femminilità vennero introdotti a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso. Per l’esattezza, come ricorda la storica dello sport Anaïs Bohuon nel corso di un’intervista concessa al mensile francese So Foot (clicca QUI), la prima manifestazione in cui l’esame venne somministrato furono i Mondiali di Atletica del 1966, a Budapest. Si era in piena Guerra Fredda, e nella sfida fra i modelli sociali dell’Occidente capitalista e del blocco sovietico comunista lo sport aveva una grande valenza propagandistica. 

    Ciò era vero soprattutto per i paesi del Patto di Varsavia, che nulla lasciavano d’intentato per conquistare delle medaglie. E il sospetto che gli sforzi andassero oltre il lecito sorgeva guardando le sembianze di alcune atlete, particolarmente accentuate in termini di mascolinità. L’idea che quelle atlete venissero sottoposte a massicce terapie ormonali era molto accreditata. Quell’ipotesi sarebbe stato confermata con la fine della Guerra Fredda, quando la rivelazione dei metodi adottati con le atlete dell’ex Germania Est fece emergere uno scenario da laboratorio degli orrori. Con la scomparsa del Patto di Varsavia, e il venir meno delle esigenze propagandistiche dei regimi politici dell’est Europa, il Test di Femminilità si trasformò progressivamente nell’eredità di un’epoca ormai messa in archivio. Tanto da indurre il Cio a abolirlo nel 2000, aprendo in questo modo una stagione progressista sul tema del gender con l’ammissione degli atleti transgender e ermafoditi a partire dalle Olimpiadi di Atene del 2004.

    Non altrettanto progressiste si sono dimostrate le singole federazioni sportive, purtroppo. La federazione internazionale dell’atletica (IAAF) ha continuato a utilizzare il test di femminilità per dirimere casi borderline come quello dell’ottocentista sudafricana Caster Semenya (QUI tutti i dettagli). E la Fifa si spinge addirittura oltre, rendendo obbligatorio il test per tutte le atlete che partecipano al mondiale canadese (clicca QUI). Con effetti grotteschi. Un articolo pubblicato a fine maggio dal Daily Mail (clicca QUI per leggere) ha descritto lo sconcerto delle nazionali inglesi quando hanno saputo di dover presentare un certificato medico in cui si attesta la loro femminilità. E se nel caso delle inglesi tutto si è risolto con la sensazione di avere affrontato una bizzarria, in altri casi il test di femminilità ha comportato un’umiliazione della calciatrice. 

    Lo ha raccontato Genoveva Anonma (clicca QUI), calciatrice della Guinea Equatoriale che ha giocato due anni in Germania e ora è approdata negli Usa. La sua intervista rilasciata lo scorso gennaio alla BBC (LEGGI QUI) è una dura testimonianza del fatto che il problema della Fifa non è solo Blatter. Il vero problema è che il calcio mondiale è fermo all’epoca del Muro di Berlino. Come se il gol di Jurgen Sparwasser fosse stato segnato domenica scorsa (clicca QUI).

    @pippoevai

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