Calciomercato.com

  • Pirlo all'ONU: ma sarà una cosa seria?

    Pirlo all'ONU: ma sarà una cosa seria?

    ONU sta per Organizzazione della Nazioni Unite di tutto il mondo. Non a caso, nel Palazzo di Vetro a New York dove si trova la sede deputata, lavorano ufficialmente i rappresentanti di 193 Paesi più quelli   “Osservatori” la Palestina e la Città del Vaticano. Quello che dovrebbe essere l’organismo più importante di tutta la Terra sia da punto di vista programmatico e sia sotto l’aspetto sociale venne fondato nel 1946 immediatamente dopo la fine della seconda guerra mondiale. Il bisogno assoluto di pace e di pacificazione tra i popoli, dopo la carneficina provocata dal conflitto, rappresentava la vice principale nell’agenda di tutti coloro i quali avevano a cuore la ricostruzione. Le Nazioni Unite, insomma, avrebbero dovuto svolgere il delicato e importante ruolo di “controllori” e di “sentinelle” per garantire che l’umanità corresse nuovamente il rischio di cavalcare la tremenda macchina dell’autodistruzione.

    Uno strumento serio per scopi altrettanto seri, dunque. In effetti, fino alla soglia degli Anni Settanta l’ONU procedette a conferire una senso di grande dignità e di operatività ben mirata al proprio lavoro. Un’attività tutt’altro che semplice, visto che la predisposizione dell’animo umano, costantemente turbato da insani desideri di prevaricazione e di sconfinata avidità, non era quella di vivere la vita in maniera serena e non violenta. A ciascuna “crisi”, per minima o grande che potesse essere, corrispondevano riunioni più o meno febbrili dei rappresentanti planetari le cui risoluzioni di urgenza provvedevano quasi sempre a calmare gli animi inquieti dei contendenti. Non solo membri ufficiali incaricati dai rispettivi governi, ma anche capi di stato entravano nel Palazzo di Vetro per partecipare attivamente ai lavori del summit. Epocale fu, per esempio,  l’intervento del segretario del PCUS Nikita Kruscev il quale, per sottolineare con maggior veemenza il suo discorso di protesta, si tolse dal piede destro una scarpa e cominciò  sbatterla contro il leggio. Un evento che è possibile, ancora oggi, trovare nei filmati delle agenzie di stampa di tutto il mondo.

    Ma se il compito dell’ONU era e dovrebbe essere quello, in primis, di garantire pace sul nostro pianeta anche grazie all’esercito del “caschi blu” occorre, malauguratamente, prendere atto di come e di quanto il principio cardine di questo apparato nel tempo sia stato svilito e anche mortificato dall’atteggiamento sempre più formale e sempre meno sostanziale degli stessi addetti ai lavori. Del resto il trand che sta conducendo i cittadini di tutto il mondo verso una presa di posizione di indifferenza se non addirittura di fastidio nei confronti delle istituzioni lascia ben poco spazio alla fantasia e all’ottimismo. Un recentissimo sondaggio realizzato in Italia denuncia dati desolanti riguardo al rapporto tra popolo e potere. La fiducia nei partiti è al venti per cento, quella verso la magistratura al cinquanta per cento, quella rispetto ai politici sta arrivando a quota zero. In cosa credono e confidano gli italiani? In papa Francesco. Non nella Chiesa, beninteso, ma nell’umile che si rivolge agli umili. In buona sostanza l’uomo qualunque di casa nostra, stando ai sondaggi, ha sostituito il suo attaccamento ideologico per il simbolo di un partito con quello per la passione verso la bandiera di una squadra di calcio.

    Preso atto di questa situazione largamente disimpegnata da paese dei cittadini, rifletto con una certa malinconia su ciò che, da domani e per tre giorni, avverrà nella sede dell’ONU a New York. Millesettecento studenti dell’ultimo anno per il master di prossimi ambasciatori internazionali arriveranno da tutto il mondo per partecipare ad un seminario dal titolo e dai contenuti assai pretenziosi: “Uniti per il mondo di domani”. Tema centrale dei lavori “La comunicazione come elemento fondamentale per la crescita sociale e morale del pianeta”. Tra i vari oratori in scaletta per parlare, due li conosciamo molto bene.  Il primo è Marco Tardelli il quale fu già relatore per l’Italia nel Palazzo di Vetro l’anno passato. Il secondo è Andrea Pirlo il quale, pur non essendo stato mai un sopraffino oratore, esordirà in una veste per lui davvero inusuale per raccontare ai “custodi della pace” di domani come un giocatore e campione del pallone può contribuire alla tolleranza tra i popoli e alla crescita morale. Ora, se si tratta dell’ennesima “americanata” per promuovere il gioco del calcio negli Usa, una qualche giustificazione la si può anche inventare. In caso contrario, viene da chiedersi se sia mai una cosa seria.

    Marco Bernardini

    Altre Notizie